Una associazione europea per l’ecommerce

Dall’azione comune contro la direttiva Consumer Rights a un piano di lavoro più strutturato: un’associazione internazionale che riunisca le diverse esperienza nazionali. Ne parliamo con Roberto Liscia, presidente di Netcomm.

Non tutto il male vien per nuocere, si dice.
E anche dall’osteggiata Consumer Rights, la direttiva comunitaria sugli acquisti online, sembra possa nascere qualcosa che va ben oltre la fiera opposizione a un progetto non condiviso.
Lo sostiene Roberto Liscia, presidente di Netcoom che spiega: ””Grazie alle collaborazioni che si sono messe in moto sull’onda della direttiva comunitaria, per la prima volta in Europa sta nascendo una associazione internazionale del commercio elettronico”.

L’iniziativa sarebbe sorta dopo l’incontro a Barcellona dei rappresentanti delle associazioni di Italia, Francia, Spagna, Olanda, Inghilterra e Germania, dal quale è nato l’appello presentato lo scorso 26 maggio.
”L’obiettivo è fare lobby, sia dal punto di vista dei consumatori, sia dal punto di vista delle imprese”.
Affrontando il tema della direttiva Consumer Rights, i rappresentanti delle associazioni nazionali si sono resi conto che manca, in realtà, una reale integrazione tra le diverse legislazioni.
”E’ anche una questione di prospettiva – sostiene convinto Liscia – . Per l’Unione Europea il consumatore è il centro di interesse da salvaguardare. C’è uno spostamento del baricentro, una deriva un po’ sbilanciata nei confronti del consumatore, che rischia di penalizzare però gli operatori che non sono in grado di ottemperare alle nuove regole. E soprattutto penalizza gli operatori più piccoli e meno strutturati”.

Questo punto in particolare sta a cuore a Liscia, che in Italia lo ha portato all’attenzione del Ministero per le Attività Produttive.
”Questa direttiva tende a ostacolare lo sviluppo dell’offerta italiana, in questa fase ancora più debole rispetto agli omologhi europei. Basti pensare che tra i primi 30 gruppi attivi nel comparto non c’è nemmeno una realtà italiana, tutte ancora piccole e dunque necessariamente selettive quando si parla di mercati indirizzabili. Senza contare il fatto che attualmente la bilancia tra import ed export segna un saldo negativo per l’ecommerce italiano. Basta una legge sbagliata per uccidere un settore”.

Se rischia di penalizzare gli italiani, la nuova norma tende invece a favorire l’ecommerce tedesco, fatto di grandi gruppi e soprattutto forte di un’esperienza senza pari nel settore delle vendite per corrispondenza.
”I player che vengono dalla vendita per corrispondenza sono abituati a calcolare, ad esempio, il prezzo del reso della merce nel prezzo finale del prodotto, cosa che chi opera in altri comparti non ha mai fatto. Per potersi adeguare al modello tedesco, i merchant dovrebbero a loro volta introdurre dei costi aggiuntivi che l’utente finale non troverebbe giustificati”.
Pur non essendoci ancora una decisione definitiva sulla Consumer Rights, l’Unione Europea sembrerebbe aver recepito per lo meno il messaggio arrivatole dalle associazioni: ”Del resto noi per primi eravamo impreparati. Credo vi sia un gran bisogno di creare dialogo sul tema”.

Il dialogo parte già su una serie di azioni concrete.
In primo luogo un indice europeo sulle vendite online.
Esiste già in Inghilterra, ma a breve vedrà la luce anche in Italia.
E poi, come accennato all’inizio, l’associazione europea.
Concretamente, tutte le associazioni entreranno a far parte di Emota, realtà con sede a Bruxelles finora focalizzata nella vendita per corrispondenza.
”Obiettivo è in primis costituirci come gruppo all’interno di Emota e poi riorientarne, in un’ottica di evoluzione del comparto, le attività verso il commercio elettronico”.

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