Ue vs. Intel: botta e risposta

La Commissione Europea ha reso pubblico un documento che riassume le prove raccolte nel procedimento avviato nei confronti di Intel e la società risponde.

La Commissione Europea ha reso pubblico un documento che riassume le prove raccolte nel procedimento avviato nei confronti di Intel e che ha portato – lo scorso maggio – a comminare alla società di Santa Clara, California, una sanzione pari a 1,06 miliardi di euro. La documentazione include anche una serie di e-mail scambiate tra i vertici di Intel ed alcuni produttori di personal computer.

In una nota pubblicata pressoché contemporaneamente da parte di Intel, l’azienda critica aspramente le modalità con cui il caso è stato gestito dalla Commissione Europea. “Intel ha dovuto concludere, con dispiacere, che la Commissione ha avviato le sue investigazioni con un disegno già predisposto di alterare lo scenario competitivo” scrive senza mezzi termini Intel in questo documento parlando di una manovra persecutoria nei suoi confronti. “Così facendo sono stati ignorate o sottovalutate prove importanti”, afferma Intel. Secondo la società guidata da Paul S. Otellini, la Commissione non avrebbe compreso il contesto competitivo nel quale si inquadrano i processori x86 e le modalità con cui Intel “rivaleggia” con il principale concorrente AMD.

La Commissione Europea aveva stabilito come gli accordi tra Intel e produttori come Dell, Hewlett-Packard e Lenovo mirassero ad escludere AMD dalla competizione. Nella documentazione (518 pagine) resa pubblica ieri dalla Commissione, le e-mail mostrano come Intel offrisse ai vendor di personal computer rimborsi illegali affinché venissero scoraggiati gli acquisti di processori a marchio AMD. La Commissione ha ritenuto che Intel abbia fatto ricorso a due specifiche forme di pratiche non consentite: in primo luogo l’azienda “ha dato sconti integralmente o parzialmente occulti a fabbricanti di computer a condizione che le acquistassero la totalità o la quasi totalità dei processori x86 di cui avevano bisogno” e poi ha effettuato “pagamenti diretti in favore di un grande distributore a condizione che questo vendesse esclusivamente computer dotati di processori x86”. Sconti e sovvenzioni di questo tipo avrebbero impedito ai clienti finali di orientarsi eventualmente su prodotti alternativi.

Intel, invece, ribadisce che la Commissione Europea avrebbe ignorato importanti evidenze tra le quali documentazioni, dichiarazioni scritte e testimonianze di coloro che hanno gestito in prima persona i vari accordi commerciali. La società nega di aver commesso violazioni delle normative comunitarie ed ha presentato appello con l’obiettivo di ottenere l’annullamento delle disposizioni sanzionatorie.

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