Turchia, il commercio in caduta chiama più investimenti

L’import-export potrebbe calare fino al 30% nel 2009, ma il momento è propizio per sbarcare a Istanbul, grazie anche alla svalutazione della Lira turca

Un calo previsto delle esportazioni pari al 25% nel 2009 e 160mila posti di lavoro a rischio nel tessile suona come un campanello d’allarme per l’economia turca, anche se gli imprenditori – locali e stranieri – potrebbero ascoltare una musica più rassicurante. A patto di considerare la Turchia una potenza industriale sempre più strategica in Europa, grazie al suo ruolo di ponte tra Est e Ovest e al suo ampio margine di sviluppo in molti settori. Investire in modo tempestivo e oculato potrebbe quindi fornire un asso nella manica a tante aziende, quando l’economia schiaccerà di nuovo sull’acceleratore.

I numeri del “Made in Turkey”
Le esportazioni “Made in Turkey”, purtroppo per il governo di Tayyip Erdogan, non stanno beneficiando appieno della continua svalutazione della Lira turca verso l’euro e soprattutto il dollaro. Una quota consistente di prodotti non riesce più a passare l’imbuto del commercio internazionale, sempre più stretto per il calo della domanda. Qui s’innesta il codice rosso evocato alcuni giorni fa dal ministro per il Commercio estero Kursad Tuzmen: previsioni da incubo sia per l’export 2009 (-25%) sia per l’import (fino al -30%).

Il settore tessile, secondo l’associazione di categoria, ha ridotto la sua capacità produttiva di oltre il 25% negli ultimi mesi. In base ai dati dell’Ufficio statistico turco (Turkstat), il tasso d’utilizzo degli impianti industriali è stato del 63,8% a gennaio, il valore più basso da quasi vent’anni, con un calo del 16,5% rispetto allo stesso mese del 2008. Sono in diminuzione pure gli investimenti esteri in Turchia: -14,6% da gennaio a novembre 2008 nel confronto con i primi 11 mesi dell’anno precedente. L’Italia, come segnalano le analisi dell’Ice (Istituto nazionale per il commercio estero), mostra tuttavia dei risultati in parziale contro tendenza.

Il nostro paese dovrebbe rimanere il terzo partner commerciale della Turchia nel 2009, con una riduzione degli scambi intorno al 10-15 per cento. L’export italiano verso Istanbul dovrebbe soffrire un po’ meno, perché riguarda soprattutto quei beni strumentali, come impianti e macchinari, indispensabili per un miglioramento dell’industria. Le aziende turche, difatti, stanno compiendo notevoli sforzi sul versante dell’innovazione e della competitività sui mercati esteri. Un esempio è il settore dei mobili: nei primi 11 mesi del 2008, le esportazioni sono balzate del 33% rispetto all’analogo periodo del 2007 a 1,2 miliardi di dollari.

Un mercato destinato a espandersi
L’associazione di categoria ritiene che le vendite di mobili raggiungeranno i 2,5 miliardi di dollari nel 2010. L’obiettivo è inserire Istanbul tra i primi dieci paesi esportatori di mobili a livello mondiale (la Turchia figura adesso al 21esimo posto). I report dell’Ice evidenziano la crescente attenzione delle aziende per il design e lo stile dei prodotti, ispirandosi anche al modello produttivo italiano. Inoltre, nonostante la frenata in coda al 2008 e le stime negative per il 2009, il settore edile si è talmente irrobustito da condurre la Turchia al terzo posto nella graduatoria internazionale delle società di contract, dopo Cina e Stati Uniti, aggiudicandosi commesse per oltre 22 miliardi di dollari. Il momento sembra quindi propizio per afferrare le briglie dell’economia turca e conquistare spazi di mercato.

Il peso economico di Istanbul è destinato a espandersi. Già lo scorso anno l’Italia ha investito in Turchia 197 milioni di dollari con un’impennata del 173% rispetto al 2007; è presente nel paese con quasi 700 imprese. Da segnalare anche che gli stati arabi, sempre nel 2008, hanno investito complessivamente 1,7 miliardi di dollari (+463% addirittura rispetto al 2007), confermando lo status di nazione ponte tra oriente e occidente per la Turchia. Secondo l’Ice, le aziende italiane dovrebbero approfittare della debolezza della Lira per compiere investimenti diretti, commerciali o produttivi. Il mercato turco – il 12esimo per l’Italia quanto a valore dell’export – diventerà sempre più strategico in diversi settori, in particolare per le costruzioni, infrastrutture, energie rinnovabili e industria manifatturiera.

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