Tu chiamale se vuoi relazioni

Ieri c’è stata quella del Garante della Privacy. Se diventasse trimestrale?

Una relazione per definizione è un sunto. E anche quella del Garante della Privacy di ieri lo è stata.
Per questo dentro, diciamolo chiaramente, non c’è niente di nuovo, di sconosciuto, almeno per chi è uso frequentare tematiche come quelle di questo portale.

Arriva già vecchia e confessiamo una certa impertinente delusione, perché a volte in questo genere di relazioni ci si aspetterebbe di trovare uno spiraglio, un’apertura, uno sguardo in avanti.
Ma sbagliamo.

Quella del Garante è una lista, corretta, di cose note. Eccola sintetizzata.
I dati sono costantemente a rischio.
Il social networking richiede autodisciplina, che va infusa ai giovani.
Gli smartphone lasciano tracce dappertutto (lo facevano anche i cellulari, solo che ora ci sono di mezzo più dati, mail, foto, altro; e poi lo fanno anche i tablet).
Il telemarketing è una scocciatura e la pratica di iscriversi al registro delle opposizioni non è che sia così diffusa.
E poi c’è il cloud. Che oltre porre il problema di sapere come funziona la catena di detenzione dei dati, vuol dire pericolo, se lo si associa al caso Sony, o anche a quello più drammatico di Fukushima.

Un elenco di un anno di tecnologia, affrontato con lo spirito dichiarato di proteggere più che vietare, formare invece che coercire.

Serve una relazione così?
Tutto fa e repetita iuvant.

Ma se deve essere di indirizzo, ossia di consulenza, in campi che hanno a che fare con la tecnologia è limitativo farla una volta all’anno, per raccontare cosa è successo.
Arriva già vecchia. L’It, qui siamo noi a dire delle ovvietà ma pare necessario, cambia con una velocità che da un anno con l’altro quello che è stato può finire comodamente nei libri di storia.

Se davvero il Garante vuol essere di aiuto a cittadini, imprese e istituzioni nel far maneggiare loro un tema così mutevole, e non lo dubitiamo, ci permettiamo di avanzare una modesta proposta.
Che ne dice di una relazione trimestrale?

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