Traffico, utenti, banda: l’Italia dell’online cresce

Partendo da pessime posizioni non può che essere così. Ma quella evidenziata da Akamai, con i dati del secondo trimestre 2011, è la fotografia di un Paese dove la velocità media di connessione, pari a 4,2 Mbps, è ben lontana da una qualità Dvd.

Lo scenario
Bisogna passare da un poco incoraggiante 27esimo posto assegnato, a livello mondiale, all’Italia dal Web Intensity Index pubblicato da McKinsey nel 2010 e da un altrettanto poco edificante 26esimo posto in cui ci colloca l’ultimo Broadband Quality Score di Cisco prima di arrivare ai dati diffusi nel Rapporto sullo stato di Internet di Akamai relativi al secondo trimestre di quest’anno.

Preso atto di un Paese – il nostro – che non brilla né in termini di qualità della banda larga a disposizione, né di utilizzo del Web né, tanto meno, di spesa in online marketing ed e-commerce da parte di imprese e cittadini, la prima evidenza portata dai numeri snocciolati da Luca Collacciani e Rodolfo D’Agostino, rispettivamente  sales manager e senior solutions engineer di Akamai Italia, parla di un traffico Internet che, da settembre 2010 a settembre di quest’anno, è aumentato del 34% «con i tipici picchi estivi legati alle ferie».

Un traffico che, per Collacciani e D’Agostino, non è connesso alla sola visita di semplici indirizzi http, «ma anche, e soprattutto, alla visione di Web Tv». Secondo i referenti della piattaforma intelligente che, a livello mondiale, oggi consta di circa 100mila server, gestisce 130mila domini nel mondo e ha in mano il 30% del traffico Web globale, a dirlo sarebbe anche il dato italiano relativo agli indirizzi Ip.

Aumentano gli utenti su Internet…
Stando a D’Agostino, in Italia, da aprile a giugno 2011, il numero di indirizzi Internet Protocol registrati avrebbe, infatti, superato quota 14 milioni, «con un aumento del 32% rispetto al medesimo periodo dell’esercizio precedente». Crescita effettiva del traffico e indirizzi Ip attivi confermerebbero, dunque, il medesimo trend positivo, anche se quelli resi noti sono numeri che afferiscono esclusivamente agli utenti che utilizzano la rete Akamai in Italia e nel mondo.

E se la presenza globale in 3mila location, 950 network e 650 città nel mondo non sono sufficienti a dare una visione abbastanza “local” dei numeri che ci interessano, sarà bene ricordare che, in Italia, tra i clienti di Akamai figurano, per bocca di un Collacciani ben attento a non citarle per nome, «7 delle prime 8 Web Tv italiane, 2 dei primi 3 siti di commercio elettronico, 3 dei primi 4 quotidiani italiani, 9 dei primi 10 siti social e, praticamente tutte, le case automobilistiche».

Ciò detto, considerato che nel periodo indagato sono stati oltre 604 milioni gli indirizzi Ip unici connessi alla Akamai Intelligent Platform provenienti da 238 Paesi nel mondo (per un aumento complessivo del 21% rispetto a un anno fa), l’Italia non si è solo piazzata al nono posto grazie ai numeri esposti prima, ma ha anche fatto registrare la crescita più alta del trimestre (pari al +5,4%) davanti a una Spagna che porta a casa un più dimesso aumento pari all’1,7%.

E se le stime di D’Agostino parlano «di un miliardo di persone connesse a livello mondiale alla nostra rete», in proporzione, nel periodo considerato, gli individui che, da noi, hanno visitato siti, streaming o applicazioni erogate da Akamai, avrebbero raggiunto circa 22 milioni «riportando un dato di crescita importante anche rispetto a Inghilterra, Francia e Germania, che sono davanti a noi nella classifica europea ma sono cresciute di meno nel periodo indagato».

… ma non la velocità media di connessione
Peccato che, in termini di connessioni medie europee, «nonostante le percentuali in crescita», i dati evidenziati da Collacciani, tornano a posizionare il nostro Paese al 18esimo posto (che diventa 34esimo a livello mondiale), con una velocità di connessione media «che – D’Agostino tiene a precisare – non è quella dichiarata dagli operatori ma è quella calcolata in base ai riscontri degli utenti che si collegano alla rete Akamai».

Da qui un dato, pari a 4,2 Mbps, «che – secondo Collacciani – non ci permette di usufruire di uno streaming online di qualità Dvd, ma solo televisiva, per la quale occorrono 2 Mbps», mentre i 40 Mbps necessari per raggiungere una qualità BluRay restano una chimera.

In tal senso, sempre in termini di connessioni medie, non consola che, in Europa, «l’Italia sia dietro a Inghilterra e Germania ma avanti rispetto a Francia e Spagna». A incoraggiare, semmai, dovrebbe essere la crescita quorter su quoter pari al 41% riportata dalle connessioni maggiori a 5 Mbps che, rispetto a un anno fa, sono addirittura schizzate del 166%, se non fosse che, nonostante questa tabella di marcia, l’Italia è al 42esimo posto in Europa.

Torino, Como e Bari battono Roma e Milano
Anche per questo non stupisce che, per scovare in termini di velocità media di connessione almeno una città italiana nella classifica stilata dal Rapporto, occorra scorrere la lista fino a quota 400 stupiti, e non poco, del fatto che Roma e Milano siano in 450esima posizione addirittura dietro Torino, Como e Bari che, se non l’onore, tentano almeno di tener alta la velocità di connessione del nostro Paese.

Ancora una volta, le città europee più veloci si confermano posizionate in Repubblica Ceca, Svizzera, Lituania, Olanda, Romania e così via, evidenziando uno strapotere dei Paesi dell’Est «avvantaggiati dall’essere partiti molto più tardi di noi e, di conseguenza, con infrastrutture molto più moderne delle nostre» conferma Collacciani. Lo stesso per il quale, l’adozione del 3G in Italia potrebbe essere la chiave di volta del nostro Paese.

La promessa del 3G
Con una penetrazione del 47% e una crescita anno su anno pari al 22%, per secondo il sales manager di Akamai Italia, «il nostro è un Paese al quale molte multinazionali guardano per sperimentare l’ambito mobile». Peccato che gli attacchi generati tramite rete mobile da utenti maliziosi continuino a coinvolgere il nostro Paese che, abbandonato il primo posto nella classifica mondiale, per gli ultimi tre mesi indagati da Akamai, lascia il passo agli Stati Uniti generando, comunque, un 14% di traffico malizioso sui vari operatori mobili.

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