Tra incertezza e ripresa segnali discordanti per l’Internet economy

Il mercato delle transazioni online attraversa un periodo particolarmente incerto, in cui si sovrappongono gli effetti dovuti all’onda lunga della crisi della Web economy, quelli degli attentati dell’11 settembre e le prime verifiche dei nuovi modelli di business.

Mai come in questo periodo si è percepito un senso di incertezza in relazione all’evoluzione dell’Internet economy. La situazione attuale vede la sovrapposizione di molteplici elementi che hanno contribuito a scuotere il mercato e di cui è, effettivamente, difficile separare l’influenza. Una pluralità di nuovi fattori hanno caratterizzato lo scenario internazionale degli ultimi due anni: il crash del mercato azionario Internet (marzo 2000), la flessione dell’economia Usa (fine del 2000), la saturazione della capacità Telecom alla fine del 2001 e l’attacco terroristico alle torri gemelle.


Si tratta di eventi che hanno avuto ripercussioni su diverse scale di tempo e che hanno indotto gli analisti a rivedere le previsioni sull’andamento del business online e, più in generale, del mercato It. Soprattutto l’attentato di settembre ha indotto a reinterpretare alcuni dati storici: si dovrà attendere la conclusione di quest’anno per riuscire a estrapolare un’interpretazione convincente degli effetti di questo evento.


Chi segue il mercato It sa però che, nella maggior parte dei casi, a livello di tecnologie spesso non si tratta più di stabilire se queste avranno o no una diffusione, ma piuttosto i tempi in cui si affermeranno. Un errore sulla valutazione dei tempi non perdona quasi mai, perché il destino di una società può decidersi anche solo sull’aderenza alle previsioni di crescita annunciate, per l’innesco di una serie di meccanismi che sono in grado di trascinare al tracollo le sorti dell’azienda in breve tempo. Al contrario, a volte, l’eccessiva aspettativa tecnologica innesca entusiasmi e spese che non sempre, col senno di poi, appaiono giustificate.

Il ridimensionamento dell’e-commerce


Un esempio a tale riguardo è rappresentato dall’e-commerce. Sono anni che si prevedono crescite strepitose, ma di fatto per ora è stata una promessa non mantenuta. L’e-commerce è certamente destinato a durare, nonostante il declino della new economy, ma i clienti non sono migrati in massa verso canali Web come si prevedeva inizialmente. Sono, invece, aumentate le transazioni, le vendite e i nuovi conti correnti presso filiali e agenzie bancarie.


Le troppo ottimistiche proiezioni del passato sul numero di utenti Web hanno indotto le società finanziarie a investire nella costruzione di siti di e-commerce, ma molti clienti non sono passati stabilmente a Internet perché non hanno ricavato alcun valore aggiunto da questo mezzo. A concorrere a ciò hanno contribuito diversi elementi. Per molto tempo i siti sono stati difficili da utilizzare e offrivano le stesse informazioni di una brochure. Inoltre, la comunicazione connessa all’e-commerce è ancora troppo lenta e la maggioranza delle società (il 38% secondo Cap Gemini Ernst & Young) impiega ancora dalle 8 alle 24 ore per inviare una risposta ai clienti.


Sembra confermarsi una visione dell’e-commerce come canale distributivo e non come strumento primario di riduzione dei costi. In termini di ritorno economico si stima che il risparmio effettivo di costi grazie all’e-commerce si aggiri attorno al 2%: meno della metà dei risparmi previsti negli ultimi tre anni.


A questo si aggiunge che la maggioranza delle società oggi non ha ancora un modello per misurare la redditività dell’investimento (il fantomatico Roi) in iniziative di e-commerce e in Crm (in termini di aumento della redditività del cliente).


In questo scenario l’e-commerce italiano non sta poi così male. Nonostante la tanto ventilata crisi alcuni segnali positivi vanno comunque colti: la maturazione delle condizioni critiche, l’avvento di un’infrastruttura adeguata a sostegno della connettività e la diffusione di Internet tra le piccole e medie aziende.

I nuovi modelli finanziari


Un recente studio basato su interviste con oltre 120 operatori fra istituti di credito, assicurazioni e società di asset management, in 13 Paesi (tra cui l’Italia) pubblicato da Cap Gemini Ernst & Young ha evidenziato, accanto a un lento decollo del banking online una sorta di rinascita delle filiali, che detengono ancora il 40% delle transazioni e presso le quali viene ancora aperto l’80% dei nuovi conti correnti.


Le possibilità offerte dalle nuove tecnologie e da Internet hanno contribuito a promuovere l’affermazione definitiva di un nuovo modello di business in cui il cliente ha una posizione centrale, ma sembra che Internet non sia più considerata il solo strumento deputato a questo compito.


I nuovi modelli di business finanziario offrono due opzioni fondamentali: offrire nuovi prodotti e servizi e creare una customer experience di alto livello ovvero gestire e soddisfare le aspettative dei clienti e, al tempo stesso, affinare e migliorare costantemente i prodotti e i servizi. Nel lungo termine, solo poche società saranno in grado di assumere entrambi i ruoli. Molte non sono ancora disposte a offrire prodotti e servizi in concorrenza tra loro, in un’ottica di open finance che viene invece sposata senza problemi dalle istituzioni non specificamente finanziarie, affacciatesi sul mercato grazie alle nuove tecnologie e alla deregolamentazione del settore.


Per avere successo le società finanziarie tradizionali devono adottare questi modelli aperti e trasparenti, offrendo, per esempio, informazioni sui prodotti della concorrenza oppure vendendo oltre ai propri prodotti e servizi, anche quelli di società concorrenti.

La crisi dell’11 settembre


Gli eventi dell’11 settembre hanno poi alterato la percezione di alcuni aspetti fondamentali relativi al business. I principali sono legati al problema della disponibilità dei sistemi e della rete e alla percezione della sicurezza. L’effetto Usa ha avuto forti ripercussioni anche sul nostro Continente.


Idc, società sempre attenta a cogliere i cambiamenti del mercato, propone alcuni possibili scenari che nel migliore dei casi prevedono comunque una diminuzione del 2% del Pil europeo durante il 2002 e una riequilibrazione della percentuale di spesa prevista per l’It con le previsioni precedenti all’attentato solo nel 2004. Da una parte ci si deve aspettare da parte delle aziende maggiore delocalizzazione delle risorse con aumento di filiali e uffici distaccati. Dall’altra, tuttavia, un rallentamento della tendenza di globalizzazione per la presenza di emergenze interne. Questo aspetto potrebbe avere forti ripercussioni soprattutto a livello delle banche europee e, di conseguenza, del relativo indotto online. A livello di spesa It nell’ambito delle banche europee Idc prospetta per i prossimi anni una crescita del front end e un consistente sviluppo del back-office. Inoltre maggiore capacità elaborativa al centro e alla periferia al’insegna di una richiesta di una strategia It consistente e completa.

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