Timeo data et dona ferentes

Ci sarà mai un accordo sulle metriche del web? Chiedo tempo: son della razza mia, per quanto grande sia, il primo internettato.

Le conoscenze open abbassano i costi per la gran parte dell’attività, ma ad un certo punto s’incontra un diaframma con il core business, che è segreto. Anche se non credo più che la storia insegni la vita, provo lo stesso a confrontare idee vecchie e nuove e stavolta provo a confrontare internet con il lotto.
La segretezza del core business è esemplificata molto bene dal processo che ha portato all’open software, che a sua volta era stato preceduto da quindici anni di discussione sui sistemi aperti e su Unix, X/Open e tante altre simpatiche associazioni. Quando un paio d’anni fa incontrai Bruce Perens , guru dell’open source, disse tra l’altro che nessun business può resistere integralmente in open source perché il suo core business, ciò che lo differenzia dai concorrenti, è quel 5% di idea che quando diventa software deve restare proprietario e quindi segreto.

Le metriche sono segrete
Questo elemento di struttura aziendale mi era del resto ben noto, anche se non in questa formulazione. Quello che non ho mai capito, invece, è che anche le metriche di business fanno parte del segreto. Eppure avevo tutti gli elementi per capirlo: mi sono laureato tanti anni fa con una tesi sulla valutazione delle prestazioni di architetture risc sotto Unix 4.0, e per farlo ho sviluppato un software mio e una visualizzazione mia (detto così sembra una cosa favolosa, ma non lo era), tutta roba “proprietaria”.
Per sviluppare la metodologia avevo seguito tutte le diatribe sulle metriche dei microprocessori, finendo anche con una visita alla Spec di San José (qualcuno la ricorda? Esiste ancora [http://www.01net.it/01NET/HP/0,1254,0_ART_81129,00.html?lw=10000;CHL]). Tornando dal cenozoico al presente, negli ultimi tempi ho incontrato parecchie persone che parlano di metriche di business per i contenuti del Web, siano essi la IpTv, il Web o l’internet mobile .
In tutto ciò che passa per la Rete e su un dispositivo digitale si potrebbero stabilire metriche accattivanti, come il numero di minuti di fruizione integrati, volendo essere invasivi, con il numero di altri link cliccati durante la fruizione. D’altronde tutti ci siamo dimenticati che la gran parte dei dispositivi digitali inglobano svariati sistemi di protezione del Drm in hardware, un sistema che permetterebbe di sapere davvero tutto, volendo.
Ma noi continueremo a sentire la gente parlare di numero di contatti assommati ad occhio, di modelli di business basati sul Roi e sulla catena del valore di Porter e di internet-dalla-coda-lunga come pericoloso sovversivo.

Lotto ed Internet
Anche in questo campo il punto di non ritorno l’hanno segnato gli smartphone. Le loro Apps integrano contenuti, pubblicità e metriche di reale fruizione quali numero di aperture del file, minuti di fruizione, clic alle pubblicità proposte, acquisti di contenuti premium e via dicendo, ma la gente su che si fissa? Sul numero di applicazioni on-line e sui download complessivi, magari dividendo il secondo numero per il primo per ipotizzare un modello di business. Insomma, faccio il mea culpa. Non avevo capito che le metriche fanno parte del successo e che una vera azienda cerca di tenere per sé i dati veri e di convenire con gli altri su dati inutili. D’altronde se voi aveste una metrica per indovinare i numeri del superenalotto, andreste davvero a raccontarli agli altri?

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