Telecom-Telefonica: inevitabile

La fusione tra i due colossi delle Tlc sembra inevitabile, ma il problema resta la governance.

Dopo settimane di indiscrezioni, di voci di Borsa, di smentite e di negazioni, sembra che la fusione tra Telecom e Telefonica sia ormai cosa inevitabile.

Lo sostiene Repubblica, che questa mattina apre con la notizia del via libera governativo a una operazione finora invisa soprattutto per ragioni di mercato: approvare la fusione significa infatti abdicare a un principio di italianità valutato come imprescindibile in un settore vitale come quello delle telecomunicazioni.

Prevalgono dunque le compatibilità aziendali, con una serie di paletti per il momento ben fissati: il controllo sarà affidato a mani spagnole, ma la gestione della rete sarà responsabilità italiana.

E i nodi cruciali, destinati a finire sul tavolo delle trattative, saranno proprio legati alla gestione e allo sviluppo della rete, in particolare per tutto quello che attiene al suo ammodernamento e all’evoluzione in ottica Ngn.

Su questo punto, sostiene il quotidiano, in Italia azionisti e parti governative non sembrano disposti a scendere a compromessi, e c’è chi ipotizza non solo un coinvolgimento ai massimi livelli nella gestione, ma addirittura la costituzione di una società ad hoc che se ne faccia carico, controllata da telefonica ma gestita da management italiano.

In assenza di conferme, non mancano però le reazioni.
Prima tra tutte quella del responsabile delle comunicazioni del Pd, Paolo Gentiloni, che chiede in primo luogo che il Governo informi il Parlamento sull’operazione, e che evidenzia il ruolo cruciale e strategico dell’industria delle telecomunicazioni per il Paese. 
La vendita di Telecom a un socio straniero, sostiene Gentiloni, è sicuramente critica, ma ancora più critica, date le dimensioni economiche dei due gruppi, appare la possibilità che si garantiscano da un lato gli asset industriali e occupazionali, dall’altro gli investimenti per lo sviluppo delle reti di prossima generazione.

Gentiloni si dichiara favorevole all’ipotesi di “costruire attorno alla Rete e al piano industriale della sua modernizzazione una societa’ che mantenga una presenza di riferimento di Telecom ma veda l’ingresso degli altri operatori, di capitali pubblici veicolati dalla Cassa Depositi e prestiti, di altri capitali“.

Sul tema cominciano a proliferare anche i commenti degli osservatori.
Lapidario il titolo del post di Stefano Quintarelli: “Una fusione da 80 miliardi di euro di debiti, come una Alitalia al giorno, per due mesi“.

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