Techno Startup, l’Italia cresce

Nonostante una forte cultura dell’exploit, nemica del lavoro serio, la cultura imprenditoriale moderna aumenta in Italia. Il percorso è lungo: fissiamo alcuni termini

“Quali startup dopo Instagram e Glancee?” è una domanda che in molti si saranno posti. L’ha fatta anche uno dei primi hang-out on air, videoconferenze a più voci con diretta su Youtube e Google Plus, organizzato da Donato Carriero, esperto di marketing digitale e tra i più noti blogger italiani con il nome Markingegno.
L’incontro virtuale ha fissato alcuni punti importanti sul fenomeno start-up, a nostro avviso come e meglio di convegni più blasonati. Erano collegati i rappresentanti di quattro esempi di nuova imprenditorialità: Cosimo Palmisano di Ecce Customer, Mirko Trasciatti di Fubles, Matteo Roversi di NeverGiveApp e Fabio Lalli di Followgram. A loro s’è unito Claudio Vaccaro, un digital marketer che ha aperto la propria attività, lo stesso Donato Carriero e anche i promoter del contest Cloud Seed.

Evitare il botto, lavorare seriamente
Parlando di Instagram e del suo miliardo di valutazione (prima dell’Ipo di Facebook), c’è da chiedersi cos’è giusto e cos’è meglio: perseguire un’idea di servizio o cercare di fare il botto? Questo è un punto essenziale, centrato da Carriero. Quasi nessuno ha successo con un exploit, ma solo di quei pochissimi si parla. L’exploit non è imitabile, non è un modello. Quante start-up hanno successo? Una su mille, forse meno, ma non di più. Quindi 999 non ce la fanno e con staff mediamente di 5 persone perseguire l’exploit vuol dire condannare all’insuccesso quasi 5.000 persone, che inseguendo quel modello staranno ferme due-tre anni.

Ventimila “startuppari”?
Innanzitutto va segnalato che il movimento dei nuovi imprenditori, nel suo complesso, ha fatto grossi passi in avanti. “Sempre più persone sono informate su questi argomenti e seguono i flussi d’informazione“, segnala Trasciatti. Ma quanti sono? A spanne, “quelli che hanno un business plan in mano e che hanno partecipato ad un contest negli ultimi anni sono circa 20 mila” ipotizza Palmisano, per cui, valutando lo staff tra 3 e 6 persone per iniziativa, il numero equivalente di proposte sarebbe tra 3 e 6 mila. Ma va valutato a spanne, perché ad esempio Indigeni Digitali, una community gestita anche da Lalli, tra i suoi 4.000 partecipanti ha censito appena 58 idee imprenditoriali.

Definizione di start-up
Per le banche è tale qualunque iniziativa che chieda un prestito, perché per la definizione classica “start-up”, ovvero l’avvio, è una fase dell’azienda. Il fatto che sia più o meno tecnologica, e che la tecnologia sia più o meno informatica, è irrilevante. In realtà mediaticamente il fenomeno si presenta in altro modo. “Molti italiani vanno ai contest a presentare idee che entro un anno devono trovare un investitore“, spiega Palmisano: “non esprimono il concetto ‘ho un’idea, cerco cento clienti’ e non sanno se i VC gli servono o non gli servono“.
Esistono molti tipi di start-up, quindi, e tra i fattori differenzianti troviamo tempi e modi di ricerca di business angel o venture capital, tempi e modi di arrivo sul mercato e fatturato, “perché il miglior investitore è sempre il cliente“.

Alla ricerca di seed e partner
L’hangout ha affrontato anche il call to action, anche se in senso più strategico che tattico. Quale può essere il punto di svolta per rinnovare l’ecosistema italiano? “Ecce Customer trovò un partner industriale il cui supporto è stato molto più importante di eventuali capitali di ventura che avremmo dovuto gestire in proprio“, spiega Cosimo, che avendo iniziato l’attività nel lontano 2009 ha molti dati e riflessioni da condividere. “Credo sia un momento storico: per come s’è sviluppata la cultura della startup e del business plan oggi in Italia c’è ancora necessità di seed investors, per elevare le loro proposte al livello richiesto da un venture capital di livello elevato. Dal punto di vista marcoeconomico, oggi per un VC non ci sono le condizioni per fare una exit strategy seria“.
Quando sarà il momento, probabilmente tra un paio d’anni, vedremo i VC stranieri aprire una sede in Italia e vedremo anche un certo numero di start-up italiane con round milionari. Per ora proviamo ad organizzare hang-out: questo è stato seguito da 20 persone su Youtube e da altri (non tracciabili) su G+, insomma quanto un piccolo evento in real life. A costo zero e con postproduzione video compresa.

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