Tanti servizi per essere efficienti. È la ricetta di Achab

L’azienda abilita i piccoli dealer a una proposizione a valore. E li prepara al Saas

Con circa 3,4 milioni di fatturato nell’ultimo anno fiscale, Achab è una realtà relativamente piccola nel panorama della distribuzione, che opera su prodotti destinati alle piccole e medie imprese: la tipologia di clienti nel mirino dei vendor di Saas e di cloud computing.

Per Francesco Doveri, direttore marketing di Achab, non esistono oggi rischi di concorrenza e la società prevede di chiudere l’anno fiscale in crescita a 3,9 milioni di euro.

«Non operiamo nel campo delle applicazioni aziendali (che sono le più interessate dalla migrazione su Saas – ndr), ma del software infrastrutturale, con soluzioni per centralini VoIp, mail server, antivirus, backup, connettività, proxy, e via dicendo. Inoltre operiamo su circa 1.200 piccoli rivenditori e clienti altrettanto piccoli dove finora non hanno avuto un grande impatto le nuove modalità di fruizione del software».
Per Doveri, insomma, non c’è, oggi, un’offerta di servizi sostitutivi al software nella fascia più bassa del mercato professionale, ma comunque arriverà.

Per questo Achab deve investire su soluzioni capaci di creare valore per i partner. «Come nel caso di Kaseya, un tool per il network management e la gestione dei parchi sistemi centralizzato. Una soluzione che ha avuto molto successo negli Stati Uniti sui piccoli rivenditori perché è in grado di abilitarli a lavorare come operatori di servizi, migliorandone l’efficienza. Su Kaseya si innestano varie componenti “di servizio” fornite in affitto ed erogate via data center».

La soluzione è proiettare i piccoli dealer nel nuovo universo dei servizi, sia pure con i tutti i limiti della banda di rete che è disponibile nel Bel Paese.
Il modello di distribuzione software attuale sopravvivrà?
Prepararsi
a offrire valore

«Su di noi e sui rivenditori pende la spada di Damocle. Chi non eroga valore non avrà spazio in futuro», sentenzia Doveri, puntando l’indice sulle attuali lunghe “catene all’italiana” dove in tanti fanno margini sulla stessa fornitura e l’unico valore è “fare da banca” per compensare le lungaggini dei pagamenti.
«Serve elevare il valore, diventare unici e insostituibili per i dealer, e loro devono fare altrettanto con i clienti». Un modo concreto è per Achab diventare una sorta di service provider a tutto campo per i rivenditori.

La società ha realizzato un servizio che tiene traccia, per conto dei reseller, degli aggiornamenti dei prodotti venduti agli utenti finali.

«Sia pure con valore modesto, gli upgrade sono un’occasione di business per il reseller. La cosa ha senso se è gestita bene e in un processo efficiente. Ci offriamo di farlo noi per molte piccole realtà di tecnici che sono prive di un proprio Crm». Achab ha attivato, tramite Web, servizi che facilitano la gestione degli ordini, delle fatture, dei codici di licenza, dando accesso all’archivio storico e permettendo ricerche, per esempio, sui contratti in scadenza dei clienti finali.

Un altro servizio calcola la variazione dello sconto in base al venduto.
«L’obiettivo è consentire al dealer di pianificare e migliorare la sua efficienza e permettere anche a noi di non passare giornate al telefono». Achab ha da poco avviato servizi di comunicazione e marketing per i dealer, con una newsletter per fidelizzare l’utente finale. Ha organizzato corsi di formazione online sulle tecniche di vendita e sulle normative per la privacy.
Una ricetta complessa, ma che dovrebbe essere capace di dare senso all’attuale distribuzione a tre livelli, nel momento in cui molte software house d’Oltreoceano parteggiano per il go-to-market a due livelli.

Per Doveri la distribuzione ha davanti ancora 4-5 anni tranquilli, prima che si risolvano i nodi del modello Sass. A cominciare dai pagamenti: «Negli Usa le aziende pagano i piccoli canoni mensili in modo automatico, con la carta di credito. Da noi, i costi di transazione sono troppo alti ed è oneroso gestire il tutto con fatture, magari dovendone sollecitare il pagamento». C’è insomma un problema infrastrutturale da risolvere.

«L’errore più grande che potremmo fare è considerare con superficialità Saas e cloud, senza spiegare ai clienti vantaggi e svantaggi; quando servono oppure no. Non si possono raccontare panzane, serve essere preparati ed efficienti».

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