Stuxnet, quale ruolo per Usa e Israele?

Un recentissimo articolo del New York Times aggiunge elementi essenziali alla storia del worm che ha ritardato il programma nucleare iraniano.

Nuove informazioni su Stuxnet sarebbero rimbalzate dopo che Meir Dagan, capo uscente del Mossad (l’agenzia di intelligence israeliana) e Hillary Clinton, segretario di Stato Usa, hanno separatamente annunciato di ritenere che il programma nucleare iraniano fosse stato ritardato di svariati anni, forse fino al 2015.
Secondo la Clinton la causa principale sarebbero le sanzioni Usa, che impediscono l’ingresso di materiali essenziali. Il maggior fattore di ritardo sembra però essere proprio Stuxnet, definito la cyberweapon più sofisticata mai realizzata. Il software si comporrebbe di due parti: una metterebbe fuori controllo le centrifughe di arricchimento dell’uranio, l’altra alterebbe i dati di controllo per lasciar credere che tutto stia andando bene. Il macchinario è denominato P-1, il controller sarebbe il Siemens Pcs-7.
Il Pcs-7 è molto noto nell’industria mondiale e all’inizio del 2008 la Siemens avrebbe collaborato con uno dei principali laboratori degli Stati Uniti, in Idaho, per individuare le vulnerabilità di controller industriali usati, tra l’altro, negli impianti di arricchimento in Iran. La riprova sarebbe un convegno effettivamente tenutosi alla presenza dei migliori esperti del Pcs-7 e del suo software Step 7. Ma non basta, perché il P-1 è un macchinario non ben articolato, difficile da controllare senza avere il dispositivo stesso.

Alla ricerca della P-1
Forse la parte più segreta della storia di Stuxnet riguarda proprio la centrifuga P-1. Nel 1970 gli olandesi progettarono un macchinario per l’arricchimento dell’uranio i cui progetti furono rubati nel 1976 dal pakistano Abdul Qadeer Khan. La macchina risultante, nota appunto come P-1, permise al Pakistan di ottenere la bomba atomica. Più tardi il macchinario fu venduto illegalmente a Iran, Libia e Corea del Nord.
Come e quando Israele ha ottenuto questo tipo di centrifuga di prima generazione non è chiaro, ma secondo il NYT gli esperti concordano sul fatto che a Dimona, in Israele, ci sono file e file di centrifughe. E anche gli Stati Uniti avrebbero dei P-1, ottenuti quando la Libia ha rinunciato al suo programma atomico, nel 2003.
Il complesso di Dimona nel deserto del Negev è un luogo superprotetto, dove si troverebbero i macchinari necessari al mai confermato programma nucleare israeliano. Negli ultimi due anni, Dimona avrebbe assunto un nuovo ruolo, altrettanto segreto: banco di prova fondamentale in uno sforzo comune americani e israeliani per minare la (ipotizzata, ndr) bomba nucleare iraniana.
Dietro il filo spinato di Dimona, dicono sempre gli esperti, Israele ha tessuto centrifughe nucleari praticamente identiche a quelle di Natanz, dove gli scienziati iraniani arricchiscono l’uranio. Lì sarebbe stata testata l’efficacia del worm Stuxnet, un programma distruttivo che sembra avere spazzato via circa un quinto delle centrifughe nucleari iraniane e ha contribuito a ritardare, se non distruggere, la capacità bellica nucleare di Teheran.
E non è finita. Non solo perché gli esperti iraniani sono supercontrollati in quanto costantemente a rischio di morte, ma anche perché il codice di Stuxnet potrebbe lanciare attacchi successivi a quelli già operati.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome