Standard in cerca di un accordo

La definizione degli standard in ambito RFID riguarda le norme di conformità per le emissioni in radiofrequenza e i criteri di architettura e di protocollo per lo scambio dati. Radiofrequenza La ricerca di normative comuni su scala globale risul …

La definizione degli standard in ambito RFID riguarda le norme di conformità per le emissioni in radiofrequenza e i criteri di architettura e di protocollo per lo scambio dati.

Radiofrequenza


La ricerca di normative comuni su scala globale risulta molto difficile, poiché a seconda delle zone geografiche, variano le istituzioni legiferatrici e, quindi, le frequenze disponibili, i limiti di potenza e i parametri operativi.


Quattro sono le bande attualmente definite a livello mondiale per le applicazioni RFID, ovvero LF (125-145 kHz), HF (13,56 MHz), UHF (865-930 MHz) e MicroOnde (2,4 e 5,8 GHz), ma soltanto le prime tre hanno trovato largo impiego nei progetti degli ultimi anni.


La normativa sulla banda LF non è stata unificata in tutto il globo, con limiti di potenza in Giappone ed Europa inferiori a quelli vigenti negli Stati Uniti. Queste frequenze, comunque, vengono usate solo per applicazioni a livello locale, quindi una loro standardizzazione risulterebbe superflua.


Per ciò che concerne la banda HF, invece, è stata universalmente accettata un’unica frequenza a partire dalla fine del 2000.


Più complessa la situazione per la tecnologia UHF, di recente introduzione e destinata a primeggiare nel comparto della logistica, grazie a un raggio d’azione decisamente più esteso (3 metri come standard, oltre ai 5 in alcuni casi) e un costo futuro dei tag nettamente inferiore.


La normativa che regola l’utilizzo di questa banda in ambito RFID non è omogenea e, in particolare, presenta forti differenze tra Europa e Stati Uniti.


Nel 2004, l’ETSI, l’istituto incaricato di standardizzare il settore delle telecomunicazioni all’interno della comunità europea, ha riservato su scala continentale le frequenze 865-868 per le applicazioni RFID in UHF e ha autorizzato su larga parte della banda una potenza di trasmissione di 2 W contro i 500 mW precedentemente consentiti.


In Italia, le frequenze interessate dalla direttiva (EN 302-208) sono ancor oggi sotto il controllo del ministero della Difesa, che, avvalendosi del diritto degli Stati comunitari di recepire, rifiutare o limitare la validità delle norme ETSI, impone emissioni inferiori ai 25 mW, insufficienti per qualsiasi operatività RFID.


Per questo, le sperimentazioni avviate in Italia non prevedono quasi mai l’utilizzo di tag UHF, diversamente da quanto avviene negli Usa, dove si riscontrano limiti di potenza decisamente superiori e una banda più larga, da 902 a 928 MHz.


Vari enti hanno richiesto al ministro italiano una deroga ed è auspicabile in tempi ragionevoli un’apertura alle direttive europee.

Architettura e protocollo dati


Gli standard di architettura e protocollo dati, invece, si sviluppano per garantire la compatibilità e l’interoperabilità dei dispositivi e delle infrastrutture e sono articolati in quattro livelli:


• standard tecnologici, che stabiliscono le basi tecniche di un sistema RFID (frequenza all’interno di una banda, velocità di trasmissione, tempistiche, codifiche, protocolli e sistemi di anticollisione);


• standard che prescrivono la struttura dei dati e ne permettono la codifica;


• standard applicativi, che definiscono l’architettura delle soluzioni tecniche all’interno di una specifica applicazione;


• standard di conformità, che garantiscono l’accettabilità del sistema RFID nei confronti di criteri operativi particolari o di salvaguardia della salute pubblica.


Tra le diverse istituzioni che promuovono standard specifici, si distinguono l’International standard organization (Iso) e il più recente EPC Global, che differiscono soprattutto in termini di architettura e numbering.


Se con gli standard Iso le informazioni risiedono fondamentalmente nei tag e nell’ambiente delle Lan aziendali, EPC punta allo sviluppo di un’infrastruttura basata su sistemi di database condivisibili online e una rete di portata globale per la tracciabilità dei prodotti lungo tutta la filiera.


In questa sorta di "Internet degli oggetti", ogni singolo item verrebbe associato a un tag a costo ridotto e con codice identificativo EPC univoco.

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