St Microelectronics, buoni risultati. Ma l’Italia?

Il Ceo della società, Pasquale Pistorio, mette in evidenza la capacità di crescita e confida nella ripresa del mercato dei semiconduttori. Grazie, anche, a ristrutturazioni, che, però, coinvolgono il nostro Paese.

30 gennaio 2004

Il mercato dei semiconduttori tornerà a crescere e lo farà se sarà abile a cogliere le sfide del system-on-a-chip, quelle sottendenti la capacità di far convergere la tecnologia processore con il protocollo Ip, cioè di costruire sistemi integrati alla fonte, capaci di interiorizzare l’importanza delle funzioni di sicurezza, connettività, storage e multimedia.


Questo è l’augurio-missione che butta sul piatto Pasquale Pistorio, presidente e Ceo di St Microelectronics parlando a Ginevra dei risultati della propria azienda.


Nell’ultimo trimestre del 2003 St ha registrato entrate per 2,1 miliardi di dollari, equivalenti a una crescita del 17%.


Nel commento alla performance, Pistorio invita a riflettere sulla capacità della società a crescere più di quanto faccia il mercato.


Nonostante si sia messo di mezzo il dollaro a penalizzare la profittabilità della crescita e a fissare i margini lordi “solo” al 36%. Troppo poco, secondo il manager siciliano. Anzi, il minimo.


Già per il primo trimestre del 2004 vuole arrivare al 40%. Poi si vedrà.

Meglio, allora, concentarsi sulla flessibilità di St Microelectronics, sul suo “linguaggio del corpo”. Pur mantenendo da sempre (dal 1987) le stesse aree di business, cioè comunicazioni, digital consumer, automotive, smart card e computer peripheral, la società, osserva Pistorio, ha saputo adattare la propria capacittà produttiva.


Il manager, in sostanza, fa vanto delle recenti ristrutturazioni tese a recuperare competitività, anche con l’adozione nuovi processi produttivi (0,13 micron) a scapito di tecnologie vecchie (8 e 6 pollici).


Peccato, però, che nel contesto di queste decisioni ci sia andata di mezzo anche l’Italia. Anzi, proprio la terra di origine di Pistorio: la Sicilia.


Il piano di ristrutturazione della capacità produttiva, infatti, ha previsto lo spostamento delle competenze delle tecnologie prodotte anche nello stabilimento catanese, verso i plant di Rousset (in Francia) e di Singapore.


“Qualità della capacità”, la chiamano in St. Sessanta posti di lavoro a rischio la chiamano a Catania.


A tale proposito va registrata la presa di posizione del distretto tecnologico Etna Valley, che pur non potendo e non volendo sindacare in casa di StMicroelectronics, si rammarica della paventata decisione. I rappresentanti il distretto annotano che il ruolo della società diretta dal siciliano Pistorio, per Etna Valley, volenti o nolenti era ed è quello del faro.


Venendo meno questo appoggio, temono un ridimensionamento del distretto proprio nel momento in cui avrebbe avuto bisogno di una spinta per il lancio definitivo. E non solo da parte di St Microelectronics, ovviamente: infatti si augurano un maggiore impegno dalle imprese autoctone.

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