Spese di spedizione in garanzia per gli acquisti online

Molti siti online affermano che, qualora si volesse esercitare il diritto di garanza, le spese e il rischio di spedizione del bene verso il venditore devono essere a carico del cliente stesso. Questo è conforme alla legge o è una norma il …

Molti siti online affermano che, qualora si volesse
esercitare il diritto di garanza, le spese e il rischio di spedizione del bene
verso il venditore devono essere a carico del cliente stesso. Questo è conforme alla legge o è una norma illecita?

Se l’acquisto viene effettuato in un negozio fisico e
il bene difettoso viene portato fisicamente dal cliente al venditore perché sia
riparato, le spese di spedizione fra venditore e centro assistenza e viceversa
sono a carico del venditore. Su questo scenario “base” si esprimono
chiaramente e unanimemente associazioni di consumatori e di esperti di diritto
e anche la legge è molto chiara.

La situazione si complica se l’acquisto è stato fatto
per corrispondenza, magari da un venditore la cui ubicazione fisica è molto
distante da quella del cliente. In questo caso, specialmente per oggetti di
modesto valore, le spese di rispedizione al venditore del bene difettoso per
ottenerne la riparazione o sostituzione potrebbero incidere percentualmente in
misura inaccettabile rispetto al valore del bene stesso. Questo potrebbe di
fatto limitare la possibilità per il compratore di esercitare il suo diritto di
vedere applicata la garanzia di conformità, diritto che la direttiva europea si
propone di sancire in modo quasi solenne.

E’ quindi un aspetto di importanza non secondaria chi
debba pagare tali spese.

Un’interpretazione ufficiale al riguardo sembra
mancare. La prassi interpretativa più diffusa (salvo iniziative migliorative
offerte dai venditori online) è la seguente:

1- le spese di spedizione fra il venditore e il
riparatore sono a carico del venditore

2- le spese di spedizione dal cliente al venditore
siano a carico del cliente.

3- le spese di spedizione dal venditore al cliente
siano a carico del venditore

Riguardo al punto 2, si può fare un paragone con il
caso dell’acquisto presso un negozio fisico fatto durante un viaggio a grande
distanza dalla propria città di residenza. Se, tornati a casa, ci si dovesse
accorgere di un guasto, nessuno si aspetterebbe che il negoziante fisico di
Roma dovesse accollarsi le spese di spedizione perchè il pacco con il prodotto
da riparare gli venga spedito dal cliente di Milano. Apparirebbe logico che il
negoziante fisico sia tenuto a sobbarcarsi le spese di cui al punto 1, una
volta che il cliente gli abbia riportato il bene in negozio: se ciò debba
comportare spese di viaggio o di spedizione, è cosa che compete al cliente, il
quale ha “incautamente” acquistato in un negozio di un’altra città,
esponendosi al rischio di incorrere nelle spese 2 e 3.

Certo, nel caso di acquisti online, il fatto che
cliente e venditore si trovino in località diverse e spesso anche molto
distanti è invece la norma e non una “scelta incauta” del cliente, per cui,
essendo la relazione cliente-venditore per sua natura “a distanza”,
parrebbe logico che le spese per tale relazione venissero sostenute quantomeno
in compartecipazione da entrambe le parti. E’ probabile che da qui discenda
l’interpretazione più diffusa, secondo cui la spesa 2 è solitamente a carico
del cliente e la spesa 3 a carico del venditore.

Alcuni venditori online particolarmente ben
organizzati e attenti alla soddisfazione del cliente si spingono anche oltre,
offrendo modi agevolati per la spedizione di cui al punto 2. Per esempio,
possono indicare gli indirizzi di una rete di punti di raccolta fisici
capillarmente distribuiti sul territorio; al cliente basterà far pervenire il
pacco a uno di questi punti di raccolta perchè avvenga, senza ulteriori spese a
suo carico, l’inoltro verso il venditore. Per un cliente residente in
prossimità di uno di questi punti di raccolta, ciò equivale a tutti gli effetti
a un azzeramento della spesa 2.

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