Sono le imprese artigiane le più colpite dalla crisi economica

Secondo il Centro Studi Cna, nel 2013 potrebbero chiudere 130 mila imprese. Edilizia, nautica, tessile e abbigliamento i settori più a rischio.

Nel 2012 il
numero delle imprese artigiane iscritte
negli albi delle Camere di Commercio si è ridotto in termini assoluti mentre quello delle imprese non artigiane ha sostanzialmente tenuto. E’ quanto emerge
dall’analisi effettuata dal
Centro Studi Cna sui dati Unioncamere
relativi alla demografia delle
imprese.

L’artigianato, che
rappresenta
il
25%
del sistema
produttivo
italiano, ha accusato il 30,4%
delle cessazioni
registrate
complessivamente lo
scorso
anno (122.899
chiusure su
un totale
di 403.923)

Le chiusure delle imprese artigiane non sono state compensate dalle
nascita di nuove imprese:
a fine 2012
lo stock di imprese artigiane si è
infatti ridotto dell’1,5% rispetto al 2011. Una
situazione del tutto diversa
riguarda le imprese non
artigiane per le quali, a fine 2012, si registra una
sostanziale tenuta rispetto all’anno precedente (tasso di crescita pari a +0,1%).

Le più a rischio sono le imprese edili per le quali la crisi dura ormai ininterrottamente
dal
2008. Nei comparti del manifatturiero,
risultano particolarmente colpite le imprese tessile e dell’abbigliamento, degli altri mezzi di trasporto (come
ad esempio la nautica, settore fondamentale per l’artigianato),
strette tra il crollo della
domanda e la concorrenza a basso costo delle economie emergenti.

Infine, tra i servizi, risulta fortemente
ridimensionato il
comparto della
Pubblicità
e delle Ricerche di Mercato
che sembra risentire del taglio delle attività esternalizzate dalle imprese di produzione poste di fronte
alla necessità di fare quadrare bilanci sempre meno positivi.

Settori in crisi ma con la speranza di agganciare la ripresa
sono quelli che sono stati investiti fortemente dall’ondata recessiva dell’ultimo anno, come viene testimoniato dall’alto tasso di cessazioni, ma per i quali la base produttiva (numero di imprese registrate) tende comunque ad aumentare grazie all’elevato
numero di nuove nascite.

In questo aggregato rientrano soprattutto le imprese artigiane che operano nei settori dei servizi che, al pari delle imprese in piena crisi, sono state investite pienamente dalla ondata recessiva
e hanno sperimentato
tassi di
chiusura non dissimili
e
comunque sopra
alla media (intorno al 10%). In
questi settori, però, lo stock di imprese, anziché ridursi, è aumentato per effetto delle nuove aperture. Si tratta
dunque di un
aggregato nel quale vi è un
forte avvicendamento tra
imprese in entrata e in uscita.

È chiaro che le imprese in entrata sono probabilmente meno strutturate di quelle che hanno chiuso. Tuttavia il fatto che vi siano tassi di
apertura
superiori a quelli di cessazione sta
a significare per questi settori vi è la previsione di un ritorno alla profittabilità
in tempi non troppo lunghi.
Appartengono a questo aggregato i servizi di logistica e di supporto ai trasporti, le attività
artigianali
di ristorazione
(gelaterie,
pizzerie
al taglio, panificatori) e i servizi di consulenza informatica.

Ci
sono poi settori nei
quali il tasso di cessazione non ha raggiunto valori esorbitanti (al di sotto della media complessiva) e che tuttavia subiscono una lieve erosione della base
produttiva (inferiore
al 2% su base annua) a causa del basso numero di
iscrizioni. Diversamente dai settori in
crisi ma con la speranza di agganciare la ripresa (e quindi caratterizzati da turnover molto elevati e con le iscrizioni che superano le cessazioni), sono probabilmente settori nei quali le opportunità di business sono state colte pienamente negli anni passati e per i quali la recessione del 2012 ha solo accentuato un
declino iniziato
negli anni precedenti.

Purtroppo, rientrano in questo profilo molti settori manifatturieri tipici del Made in Italy (vi è quindi una contiguità con le imprese dei settori più a rischio). Tra questi i mobilifici, l’oreficeria, la meccanica, la produzione di
ceramiche e piastrelle.

Settori
apparentemente in buona
salute sono quelli della chimica
(produzione di
materie plastiche, di fertilizzanti, profumi cosmetici e saponi) e l’alimentare che
è notoriamente una settore anti-ciclico.

Nei terziario, invece, appaiono tenere i servizi per la persona, quali i centri estetici, gli acconciatori e le tinto-lavanderie.

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