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Microsoft Windows Mobile, Apple iPhone e Google Android sono davvero le piattaforme sulle quali ci sarà lo scontro finale? Parafrasando Dick: Do androids dream of electric applets?

La piattaforma che più promette battaglia all’iPhone è senz’altro Android, lanciata da Google. Questa affermazione può sembrare affrettata in un mondo che ha molti più utenti di altri sistemi operativi, principalmente Microsoft e Rim, ma la crescita di Android si annuncia imperiosa e meno legata a specifici fattori. Nella stessa posizione ma su cifre minori si dovrebbe posizionare l’iniziativa di Intel, che ha appena annunciato un framework per appstore Atom da mettere a disposizione degli hardware vendor.
Parlando di Android, s’è vociferato di modelli in numero largamente maggiore di quelli effettivamente annunciati, ma comunque i dispositivi stanno arrivando e a giudicare dai commenti in rete gli utenti ne sono davvero entusiasti. Ancora migliori le prospettive future: Gartner prevede che entro il 2012 Android sorpasserà Apple, anche grazie alla strategia di Verizon.
Rispetto ai precedenti articoli su Windows Mobile 6.5 e su iPhone, l’analisi dedicata alla piattaforma di Google è piuttosto tecnica. La scelta è assolutamente motivata: il modello di Google per il suo Os è open source e va spiegato bene come questo possa portare vantaggi generali ai produttori e agli sviluppatori.

Faccia da WebKit
In senso tecnico, Android è un sistema operativo open source sviluppato per piattaforme mobili, quindi teoricamente per tutto ciò che va dallo smartphone al netbook. Il codice è disponibile a chiunque voglia personalizzarlo, modificarlo in Java (funzione supportata da Google) o addirittura in C (funzione non supportata da Google). La struttura è a 4 livelli: core Linux (servizi e driver), librerie e runtime, servizi applicativi ed applicazioni.
Tra i tipi di rete supportata nativamente c’è anche l’EV-DO , la scelta di Verizon per restare sempre connessi (a velocità simili all’Adsl) che darà un vantaggio al carrier sul territorio servito da questa tecnologia.
In luogo del file system, classico per i preistorici opsys desktop, Android usa un database relazionale piccolo ed efficiente, SQlite, messo in open source dal suo creatore, Richard Hipp.
La visualizzazione delle pagine è affidata alla libreria Webkit, un motore di renderizzazione che fornisce le funzioni di base: con queste si realizza l’interfaccia utente, a proprio gusto o emulando -per quanto possibile- qualche altro browser. Inizialmente sviluppato per Safari su Mac e su iPhone, è disponibile in parte su licenza GNU Lesser General e in parte su licenza BSD.

La macchina virtuale dell’androide
La componente più bella, quella che realmente abilita Android, ha -come Linux, Ruby e molte altre parti del software d’oggi- un riferimento scandinavo: è la Dalvik Virtual Machine. Nella definizione del suo stesso autore Dan Bornstein, DVM è una macchina virtuale pensata per eseguire applicazioni su Cpu lente e con poca Ram (ma anche senza swap area del sistema operativo, aggiunge Dan.
Non ha due caratteristiche a suo tempo rivoluzionarie della VM, ovvero non esegue codice al volo (non ha esecuzione just in time, nella terminologia dell’epoca) ed ha una esecuzione per registri (e non basata sullo stack, come Java e .NET). Complessivamente secondo Bornstein il vantaggio è elevatissimo, pari a circa un terzo delle risorse. C’è chi ha comparato questo risultato con il passaggio da Cisc a Risc nei microprocessori.
Si tratta di un una macchina virtuale che consente di usare la parte esterna di Java (la sintassi e la classe SE) senza usare la Java Virtual Machine in senso stretto . Infatti proprio questa componente è la parte più a rischio di cause legali, come a suo tempo mostrarono Sun e Microsoft con lotte ed accordi miliardari, la cui versione mobile sostanzialmente non è open source sotto nessun tipo di licenza.
Ma il brillante Dan Bornstein, programmatore Google lontanamente originario di una impronunciabile località dell’Islanda (colonia danese ove si parla ancora la lingua dei vikinghi), ha sviluppato una sua macchina virtuale che risolve il problema. A me risulta che la Dalvik machine NON sia open source! Intanto c’è chi ne sta sviluppando una implementazione in java puro .

Pocket Google
Ovviamente poiché Google è il principale fornitore mondiale di software di ogni tipo, dalla produttività personale a quella aziendale, dal web-based al Saas, oltre che del motore di ricerca stesso, in futuro è lecito attendersi che un elevato numero di dispositivi alloggi un “Google Home & Office” già alla vendita, con scenari particolarmente stimolanti che vedremo nei prossimi mesi ed anni.
Ad oggi sembra questo il punto d’arrivo della strategia pensata dal leader della ricerca, il cui pensiero non è certo rivolto a tenere le posizioni bensì a creare nuovi mondi nei quali insediarsi.

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