Silicon Valley, regno della produttività

Le ristrutturazioni in atto nell’hi tech nascondono un settore in gran parte in salute

Migliaia di licenziamenti sono un segnale positivo o negativo? Vista con
l’ottica di chi ragiona in termini di andamento dei settori economici e non
sulle storie personali dei lavoratori la domanda non è peregrina. Tanto che al
di là dell’Atlantico sono in molti a sostenere che dietro i tagli di Hp ci siano
segnali di vigore da parte del mondo high tech. L’indicatore dei posti di
lavoro, suggerisce un articolo del San Francisco Chronicle può essere
fuorviante.


Le imprese della Silicon Valley, infatti, stanno crescendo in fatturato,
produttività e profitti. Questo però non si traduce automaticamente in un
aumento del numero degli occupati almeno nell’area visto che l’ultimo dato di
giugno dava in calo negli Stati Uniti il numero dei sussidi di disoccupazione.
Nella Silicon Valley dove l’utilizzo spinto delle tecnologie è la regola la
produttività per addetto è superiore a qualunque altra zona degli Stati Uniti.
Lì dove talenti e capitali svengono attratti in maniera irresistibile il valore
aggiunto prodotto da ogni lavoratore è 224.000 dollari l’anno contro una media
degli Stati Uniti di 85.000 dollari.


I profitti dell’industria tecnologica a stelle e strisce, sottolinea
l’articolo del quotidiano americano, sono in crescita dal 2001 mentre il numero
degli occupati è in continua discesa. Senza contare, come sostiene Perry Wong,
senior economist al Milken Institute di Santa Monica, che le imprese
tecnologiche hanno trasferito la produzione oltremare da molti anni, e
continuano a ridurre la forza lavoro sia nelle congiunture negative che in
quelle favorevoli. La Hp trent’anni fa assemblava i personal computer a San Jose
nella Silicon Valley. Già nel 1992 tutte le fabbriche erano sparite in Malaysia,
Thailandia, Taiwan.

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