Si, bloggare

Anno 2006, anno del blog. In economia, politica, società.

Il senatore dei verdi, Fiorello Cortina, ha definito il candidato sindaco
al Comune di Milano per il centrodestra, Maria Letizia Brichetto Arnaboldi
Moratti, un “cybersquatter che ruba strade e vie”.
Cosa ha fatto
l’attuale Ministro dell’Istruzione, o meglio, cosa ha fatto il suo comitato
elettorale?
Ha registrato (o lo sta ancora facendo: il lavoro è lungo) i
domini Web della topografica milanese.
A Milano ci sono 3900 tra vie,
piazze, larghi e corsi. In sostanza, si tratterebbe di registrare 3900 domini.

Un lavoro infinito, ma soprattutto, che tipo di lavoro? L’idea del candidato
sindaco è di fare un blog per ogni luogo di Milano. Ovvero di mettere a
disposizione uno spazio Web in cui le persone possono esprimere le proprie idee
e discutere su topos della città. Al di là delle valutazioni sulla liceità
dell’operazione (lo stesso Cortiana ha già fatto un’interrogazione in merito al
Ministro delle Comunicazioni e all’Autorità garante delle Tlc), ne rimane il
senso, oltre al dubbio su chi dovrà leggersi, quotidianamente, 3900 blog.


Senso che è quello dell’evoluzione delle modalità di rapporto con la
gente.
Impensabile anche solo due anni fa, la prorompenza del blog come
mezzo di relazione pubblica è destinata a essere uno dei fattori di stamina dei
circuiti Internet nel 2006, che per la politica è anno d’elezioni.
Al di
sopra di tutto, comunque, aspettiamoci un’evoluzione del meccanismo, che come
tutti i passi in avanti è da accogliersi bene. Negli Usa i manager di società
importanti comunicano le loro decisioni tramite il proprio blog personale.

Ultimo in ordine di tempo, il delfino di Scott McNealy di Sun, Jonathan
Schwartz, ha usato il proprio blog per comunicare una tattica commerciale, poi
ripresa dal sito ufficiale della società. Il blog è uno strumento, non un fine.

E come tale va saputo utilizzare e, laddove necessario, normato. Ma non
scartiamo l’opportunità che rappresenta, per questioni di principio.

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