Serve una infrastruttura per i laboratori dei maker

Un nuovo approccio alla produzione, passando per la prototipazione, è oggi disponibile nel mondo. Un colloquio con Neil Gershenfeld, inventore dei fablab, in attesa della Rome Maker Faire.

I fabLab sono laboratori nei quali il mondo del software e quello dell’hardware reale e non solo informatico s’incontrano, permettendo di avere in pochi metri quadri una piccola fabbrica di oggetti generati in modelli 3D e resi reali con tool sottrattivi (frese, laser) ed additivi (stampanti di oggetti) oggi alla portata di molte tasche e realtà.
A parlarne è stato Neil Gershenfeld, direttore del Center for bits and atoms del Mit di Boston, in Italia grazie alla collaborazione tra l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America e il Global Shapers Hub di Roma in collaborazione con World Wide Rome e la Rome Maker Faire – The European Edition. Quest’ultima avrà luogo dal 3 al 6 ottobre presso il Palacongressi dell’Eur, e non più al Campo Boario come inizialmente previsto.


Fabrication Laboratories

Neil è stato l’ideatore dei Fab, termine inteso non come “fabulous” ma come “fabrication”, e ne ha sviluppato versioni ridotte, con tool assemblati uno per uno, ma potenti che sono state installate in vari posti del mondo. Nessuno meglio di lui può rappresentare il passaggio epocale che stiamo vivendo.
Negli ultimi anni è diventato possibile sviluppare l’equivalente dei Fab con dispositivi commerciali o in kit di montaggio, quindi il numero di questi luoghi di fabbricazione digitale è aumentato velocemente. “Nel mondo ci sono 261 fablab e raddoppiano ogni anno, quindi a fine 2013 saranno circa 400”, ha detto Neil, che lo staff oggi di 01Net incontrò già nel 1997.
In Europa ci sono molti fablab. La città con il maggior numero è certamente Barcellona, che ne ha addirittura 11, ma l’area con l’approccio più infrastrutturale è senz’altro UK &I, Regno Unito ed Irlanda.


FabLab italiani

L’Italia porta grandi contributi al movimento Maker, dalle schede microcontroller Arduino al software di controllo Slic3r. Meno bene va nel finanziamento pubblico ai laboratori, anche se qualcosa si sta muovendo. A parte lo storico fablab di Torino ci sono strutture a Chieri, Novara, Reggio Emilia e Cava dei Tirreni, ed altre stanno partendo. In particolare a Trento, dov’è in fase di arrivo un progetto al quale collabora anche Massimo Menichinelli, italiano molto noto nell’ambiente e ideatore e gestore del Fab Lab della Aalto University in Finlandia, tra i veri riferimenti del movimento europeo.


Serve un’infrastruttura

Sul futuro Gershenfeld ha una visione evoluzionaria, più che rivoluzionaria. “L’industria classica non sparirà, ma dovrà fare i conti con questa nuova realtà” e quindi si ripenserà, probabilmente con nuovi attori. Ecco perché bisogna pensare all’arco di sviluppo: “Diffondere i fablab è importante, ma lo sarà ancora di più la nuova infrastruttura che si creerà intorno a loro”.

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