Sepa, serve più Europa

A meno di 10 mesi dalla prima enddate, troppe interpretazioni locali alla direttiva sui servizi di pagamento remano contro una standardizzazione necessaria e opportuna per concretizzare un’unica area di pagamento comunitaria.

È un cammino europeo di migrazione verso l’unificazione dei sistemi di pagamento ancora distante dal divenire realtà quello tracciato da Fabio Stragiotto, group representative with Payments Authorities Global, Transaction Banking di UniCredit all’interno del Global Payment Startegies 2013 organizzato a Milano da Business International.
Chiamato insieme a Ugo Bechis, delegato Sepa di Ubi Banca e chairman del gruppo di lavoro sulle cards all’interno dell’European Payment Council, a fare il punto della situazione in merito a una tematica di stringente attualità, qual è l’Area Unica dei Pagamenti in Euro, meglio nota come Sepa, il quadro delineato appare, ai più, ancora pregno di incongruenze locali.

Questo a meno di 10 mesi dalla prima deadline fissata dal legislatore a febbraio 2014 a fronte di un progetto comunitario che, nato nel 2002, “di fatto, non si è ancora concretizzato”.
A ricordarlo è Roberto Garavaglia che, chiamato a spendere la propria professionalità in qualità di consulente su sistemi di pagamento elettronico e monetica, ha posto l’accento “sugli scenari che afferiscono al mondo dei pagamenti innovativi” di cui, sotto il cappello di eSepa, si parla già da un paio di anni.

Ancora una volta, nell’ambito di un processo che richiede integrazione, le problematiche da affrontare (opportunamente riassunte dalla Comunità europea in un Green Paper pubblicato l’11 gennaio 2012, ndr), si confermano accesso al mercato dei nuovi fornitori di servizio, standardizzazione, sicurezza, trasparenza ed efficacia delle politiche di pricing e interoperabilità.
La stessa che, in nazioni come la Svezia, grazie a un accordo tra gli istituti finanziari e la Pubblica amministrazione, permette ai cittadini svedesi di utilizzare il proprio home banking anche come canale di accesso riconosciuto e valido nei confronti delle amministrazioni pubbliche.

Autenticazione a prescindere dal canale
In tal senso, appurato che la vera rivoluzione prodotta da Sepa non riguarderà le modalità con le quali il denaro continuerà a muoversi, bensì le modalità di accesso alla banca, “sempre più multicanale”, la logica portata avanti dalla Bce, che sarà obbligatorio adottare, si concentra sui requisiti richiesti in merito a sicurezza e autenticazione.
Quest’ultima – come ricordato da Bechis – avverrà a prescindere dal canale e consentirà di utilizzare anche solo una singola credenziale per inizializzare qualsiasi tipo di pagamento”.

Il ché, a ben osservare, capovolge la logica attuale, obbligando in primis l’utente a identificarsi e, solo dopo, a scegliere il metodo di pagamento.

Peccato che, sotto certi aspetti, il cammino di migrazione alla Sepa osservato in country come la nostra “stenti” evidenziando la difficoltà, “anche da parte della politica”, di “fare Europa davvero”.
Non lo sottace Stragiotto, puntuale nel ricordare come l’impatto del provvedimento della Banca d’Italia recante istruzioni applicative del Regolamento 260/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro “non ha ricadute solo sulle banche che vendono servizi di pagamento, ma anche su chi li utilizza, privati cittadini compresi”.

Di buono c’è che, partita da un minimo comun denominatore per standardizzare, la regolamentazione ha saputo tener conto di una serie di Additional optional services, “vale a dire peculiarità generate da un cammino centenario che ogni comunità ha percorso in termini di pagamento”, aggiungendo e formalizzando le miglior practice locali.

Mancato obiettivo per l’European Payments Council
Ma la mancanza di una governance comune – ricorda ancora Stragiotto –, fa naufragare questa solidarietà di visione e di cammino se chi è chiamato a governare il cambiamento raggruppando in sé i diversi stakeholder non lavora all’unisono per implementare una pianificazione delle attività-guida da svolgere a livello di sistema”.
Segno, ancora una volta, “che continuiamo a vivere in un mondo complesso con interessi diversi e apparentemente distinti” a dispetto di una “solidarietà di visione e di cammino” persi per strada.

Psd2, tema “caldo” del quadro normativo comunitario
Ciò detto, a definizione di un quadro comunitario in fieri, i prossimi interventi del legislatore riguarderanno anche la nuova revisione della Direttiva sui Servizi di Pagamento che, sotto l’acronimo di Psd2, dovrebbe recepire i temi connessi alla Sepa governance, all’atteso intervento normativo complementare al già citato Regolamento 260 e alla realizzazione di un e-identity paneuropeo e interoperabile.

Intanto, per Bechis, gli aspetti importanti connessi alla Psd2 riguardano “l’allargamento dello scopo alle Telco, ai soggetti non con licenza di pagamento e agli intermediari non-bancari come anche una social community potrebbe rilevarsi nel ruolo di ultimo miglio tra il cliente e le banche”.
Ancora una volta, l’aspetto da considerare con attenzione nella migrazione ai nuovi sistemi di pagamento imposti dalla Sepa da parte della aziende, riguarderà “l’interfaccia tecnica dei sistemi interni utilizzati dai merchant per vendere in un processo che presuppone due fasi ben distinte tra loro concernenti, da una parte la transazione commerciale, dall’altra il suo contro-regolamento monetario”.

Armonizzare attraverso precisi standard la parte di pagamento nella tratta interbancaria con gli ambienti che gestiscono i pagamenti in azienda, ecommerce compresi, sarà la vera sfida.

A patto, è il commento all’unisono, che dalla competenza del Sepa Council venga tolta la discussione sulla specifica tecnica degli standard Unifi, come l’Xml Iso 20022 e 8583, “che non sono argomenti di natura politica in cui far rientrare interessi particolari in vere e proprie guerre di religione”.

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