Secondo Sirmi la crisi e’ un ritorno alla realta’

Da Sirmi una lettura sull’effettivo andamento dei mercati It e Tlc mondiali. Nessun tracollo, nessun tramonto di un sogno, solo un ridimensionamento di aspettative forse troppo rosee.

Maurizio Cuzari, amministratore delegato della società di analisi e ricerche
Sirmi, guarda con relativa apprensione i dati che vedono l’ intero comparto Ict
in crisi e sostiene: «Sono in crisi Internet e le telecomunicazioni? Sicuramente non è un momento
facile, ma io tenderei a correlarlo all’overload di ottimismo registrato lo
scorso anno più che a una crisi reale. Tutte le aziende che sembrano oggi in
forte crisi in effetti non capitalizzano meno di due o tre anni fa. Il momento
che stiamo attraversando è semplicemente la dimostrazione che siamo di fronte a
un mercato “vero”, che, in quanto tale, non può essere soggetto a suggestioni e,
soprattutto, non è estensibile all’infinito».


Più o meno la stessa lettura Cuzari la dà se andiamo ad analizzare il
comparto dei servizi innovativi, dove viene fatto rientrare tutto quanto ha a
che vedere con Internet.


«Non siamo di fronte a una disillusione – sostiene infatti – ma a una
normalizzazione. È evidente che siamo di fronte a un rallentamento degli
ordinativi, ma per lo stesso fenomeno cui ho accennato prima: c’è un forte
ridimensionamento degli obiettivi, che oggi sono però molto più vicini al valore
del mercato reale. In altre parole, citando un altro analista, non credo che
siamo né all’inizio, né alla fine, ma alla fine dell’inizio. Abbiamo fatto tutti
un’abbuffata di fantasia, oggi si ritorna con i piedi per terra».


E per l’Italia che tempi si prospettano?


«Devo dire che il mercato italiano non sta attraversando in questo momento
una crisi drammatica, ma credo anche che qui giochi un ruolo anche la nostra
atavica prudenza. Chi si guardò, si salvò, si dice. Nel nostro caso, va detto
che il funding delle start up è arrivato quando negli Stati Uniti cominciavano a
sentirsi i primi contraccolpi e dunque la cautela ha avuto buon gioco. A parte
rari casi, non stiamo assistendo a grossi disastri annunciati, e questo consente
anche di evitare un pericoloso effetto domino».


Quanto alla new economy…


«Nessun effetto blocco, solo un effetto di rallentamento. Ma anche in questo
caso ci sono esperienze che meritano di essere valutate con attenzione. Pensiamo
ai marketplace. Non è assolutamente vero che nulla si muove: è vero invece che
ci sono casi, partiti magari in sordina, o meno roboanti di altri che stanno
guadagnando fiducia e posizioni sul mercato. Tre nomi? Presto detto: Fiat,
Mondus e Coralis. Tre esperienze diverse, tutte e tre da tenere d’occhio con
molta attenzione».


Ma l’Italia dovrà fare i conti con un effetto disoccupazione legato ai
tagli annunciati dalle grosse multinazionali?


«Francamente credo che anche in questo caso sia bene ridimensionare. Le
grandi nazionali o gli agglomerati nazionali stanno semplicemente contenendo gli
organici, che è misura diversa dal tagliare o ridurre. Quanto alle
multinazionali, mi sembra chiaro che qui ci sarà da fare i conti con la
necessità di allineamento alle politiche della corporation. In altre parole. È
inevitabile che ciascuna filiale nazionale debba pagare la propria “tassa”».

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