Se il lavoro è intermittente

E’ il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa per periodi non continuativi

Il contratto di lavoro intermittente, introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 276/2003 (artt. 33-40) è stato successivamente abrogato con decorrenza dal 1° gennaio 2008 ad opera della L. 24 dicembre 2007, n. 247, che, nel contempo, aveva disposto una nuova disciplina per le prestazioni di carattere discontinuo nei settori del turismo e dello spettacolo (commi da 47 a 50 dell’art. 1).


Dal 25 giugno 2008 (data di entrata in vigore del D.L. n. 112/2008) il contratto di lavoro intermittente è stato ripristinato dall’art. 39, c. 11, D.L. n. 112/2008 conv. L. n. 133/2008. Il citato art. 39, c. 10, lett. m), ha contestualmente abrogato la regolamentazione delle prestazioni discontinue nel turismo e nello spettacolo di cui ai commi da 47 a 50, art. 1, L. n. 247/2007.


Pertanto, dalla predetta data del 25 giugno 2008 possono essere nuovamente stipulati contratti di lavoro intermittente secondo l’originaria disciplina contenuta negli artt. da 33 a 40 del D.Lgs.


n. 276/2003.



Nozione
Si definisce contratto di lavoro intermittente (c.d. “a chiamata”) quello mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa per periodi non continuativi, anche a tempo determinato.


Il contratto si presenta in una duplice versione, rispettivamente con o senza l’obbligo di corrispondere l’indennità di disponibilità a seconda che il lavoratore si vincoli o meno a rispondere alla chiamata del datore di lavoro.


L’indennità di disponibilità viene erogata a fronte dei periodi durante i quali il lavoratore rimane inoperoso in attesa di utilizzazione avendo garantito la sua disponibilità al datore di lavoro.


Per il singolo lavoratore il contratto di lavoro intermittente è cumulabile con altri contratti di lavoro intermittente o, anche, con altre tipologie contrattuali sempreché compatibili; nel caso di assunzione a termine non si applica la disciplina di cui al D.Lgs. n. 368/2001 (ML circ. n. 4/2005).


Area di applicazione
Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente in relazione alle esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale o territoriale.


In assenza di previsioni contrattuali in ordine alle esigenze di ricorso al contratto, provvede il Ministero del lavoro con proprio decreto.


Con D.M. 23 ottobre 2004 il Ministero ha stabilito che, nelle more di indicazioni da parte della contrattazione collettiva, la stipulazione di contratti di lavoro intermittente è ammessa per le tipologie di attività indicate nella tabella allegata al R.D. n. 2657/1923 (elenco delle attività discontinue ai fini della esclusione dalla disciplina limitativa dell’orario di lavoro). Il richiamo va inteso oggettivamente nel senso che i requisiti dimensionali e le altre limitazioni alle quali il regio decreto fa riferimento (ad esempio autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro) non rilevano ai fini dell’individuazione dell’attività lavorativa oggetto del lavoro intermittente (ML circ. n. 4/2005).


Il Ministero del lavoro ha chiarito che il ricorso al lavoro a chiamata è ammissibile per lavori relativi all’attività di pulizia in edifici destinati alla produzione industriale (ML nota n. 3252/2006); non lo è, invece, quando si tratti di lavoratori da occupare nell’ambito di attività socio-assistenziali per anziani (ML nota n. 1566/2006).


In sede di prima applicazione, a prescindere dall’intervento di disposizioni collettive o ministeriali, il contratto può essere concluso:


– per prestazioni rese da soggetti con meno di 25 anni di età;


– per prestazioni rese da lavoratori con più di 45 anni anche pensionati;


– per prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali.


Per “fine settimana”, secondo l’interpretazione del Ministero del lavoro, si intende il periodo che va dal venerdì pomeriggio dopo le 13 sino al lunedì mattina alle ore 6.00; per “ferie estive” il periodo che va dal 1° giugno al 30 settembre; per “vacanze natalizie” il periodo che va dal 1° dicembre al 10 gennaio; per “vacanze pasquali” il periodo che va dalla domenica delle Palme al martedì successivo al Lunedì dell’Angelo (M.L. circ. n. 4/2005).


Il Ministero del lavoro ha chiarito che i contratti collettivi sono chiamati ad individuare le condizioni in presenza delle quali risulta possibile utilizzare tale tipologia contrattuale mentre non possono avere efficacia eventuali clausole di esclusione dell’applicazione del contratto negli stessi contenute, essendo sempre possibile la stipulazione di contratti di lavoro intermittente sulla base dei decreti ministeriali e in ogni caso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età, anche pensionati; inoltre, con riferimento alle ipotesi di cui all’art. 37 (“prestazioni da rendersi il fine settimana ….”), alla contrattazione collettiva è demandata esclusivamente la possibilità di individuare “ulteriori periodi predeterminati” (ML risp. a interpello n. 37/2008).



Divieti
Il ricorso al lavoro intermittente è vietato (art. 34, c. 3, D.Lgs. n. 276/2003):


a) per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;


b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli artt. 4 e 24, L.


n. 223/1991, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;


c) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008.


Forma e contenuto del contratto


Il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta.


La forma è richiesta ai soli fini della prova dei seguenti elementi (art. 35, D.Lgs. n. 276/2003):


a) indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive che consentono la stipulazione del contratto;


b) luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata, che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo;


c) trattamento economico e normativo e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;


d) indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione. In particolare nel contratto devono essere specificate la forma della chiamata, della conferma da parte del datore di lavoro e del preavviso delle relative comunicazioni (M.L., circ. n. 4/2005);


il datore di lavoro è tenuto rispettare il preavviso formalizzato nel contratto di lavoro, che, in ogni caso, non può essere inferiore ad un giorno lavorativo (Inail circ. n. 22/2006);


e) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità;


f) eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.


Nell’indicare i suddetti elementi, le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi.


Per quanto riguarda l’assenza in concreto di una ipotesi giustificativa o la violazione di un divieto di legge non è prevista la conversione del contratto di lavoro intermittente in contratto a tempo pieno. In base ai principi generali (art. 1419, c. 1, cod. civ.) dovrà concludersi per la nullità dell’intero contratto ove si accerti che le parti non lo avrebbero voluto senza la clausola di intermittenza.


Fatte salve previsioni più favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro è tenuto a informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.


Trattamento economico-normativo


Per i periodi in cui il lavoratore svolge attività lavorativa ha diritto allo stesso trattamento spettante ad un lavoratore di pari livello assunto a tempo pieno con le stesse mansioni (art. 38, D.Lgs. n. 276/2003).


Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente è riproporzionato, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita rispetto a:


– importo della retribuzione globale e delle sue singole componenti;


– ferie;


– malattia;


– infortunio sul lavoro, malattia professionale;


– maternità, congedi parentali.


Per tutto il periodo durante il quale il lavoratore è impegnato a rispondere alla chiamata del datore di lavoro senza ricevere richieste non è titolare dei diritti riconosciuti ai lavoratori subordinati e non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l’indennità di disponibilità.


L’Inps tuttavia ha precisato che, per tutto il periodo di disponibilità, deve essere assicurata la tutela della malattia, della maternità e della Tbc in quanto le somme corrisposte a titolo di indennità di disponibilità sono soggette a contribuzione obbligatoria sia ai fini dell’I.v.s. che ai fini delle prestazioni di malattia e maternità (Inps circ. n. 17/2006, circ. n. 41/2006).


Indennità di disponibilità


Per i periodi nei quali il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro in attesa di utilizzazione spetta un’indennità specifica, detta di disponibilità (art. 36, D.Lgs. n. 276/2003), corrisposta a consuntivo alla fine del mese (ML circ. n. 4/2005).


La misura dell’indennità, che è divisibile in quote orarie, è stabilita dai contratti collettivi e in ogni caso non può essere inferiore alla misura minima stabilita con decreto ministeriale che, attualmente, è pari al 20% della retribuzione prevista dal c.c.n.l. applicato (minimo tabellare, indennità di contingenza, e.d.r. confederale, ratei mensilità aggiuntive).


Sull’indennità di disponibilità i contributi sono versati per il loro effettivo ammontare, anche in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo.


L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo, compresi il t.f.r., la tredicesima e la quattordicesima mensilità (ML circ. n. 4/2005).


In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento.


Durante tale periodo non matura il diritto all’indennità di disponibilità e il lavoratore che non ottemperi all’obbligo di comunicazione come sopra indicato, perde il diritto all’indennità per un periodo di 15 giorni, salva diversa previsione del contratto individuale.


Le tutele previste per la generalità dei lavoratori subordinati in caso di malattia e infortunio trovano applicazione se tali eventi si verificano in ragione del rapporto di lavoro; nessun diritto è invece riconosciuto se la malattia o l’infortunio si verificano in periodi di inattività o disponibilità (ML circ. n. 4/2005).


L’obbligo di rispondere alla chiamata del datore di lavoro deve essere pattuito espressamente e il rifiuto ingiustificato da parte del lavoratore che si era così impegnato costituisce un inadempimento che, per gravità, può comportare la risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto e il risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto individuale.


L’onere di provare la giustificatezza o la minore gravità del rifiuto incombe, secondo le regole generali, sul lavoratore.


Nel caso di lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il fine settimana, nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali l’indennità di disponibilità è corrisposta solo in caso di effettiva chiamata.



Esempio di calcolo dell’indennità di disponibilità


Si riporta un esempio di calcolo, sulla base del criterio stabilito dal D.M. 10.3.2004, per un lavoratore cui venga applicato, rispettivamente, il c.c.n.l. dell’industria metalmeccanica ovvero del terziario e servizi.

















































Voci retributive



Importi mensili (4° livello)



Industria metalmeccanica



Terziario e servizi



Minimo



1.400,56



847,46



Contingenza





524,22



E.d.r. confederale



10,33





Rateo tredicesima



117,57



114,30



Rateo quattordicesima





114,30



Totale



1.528,46



1.600,28



Indennità di disponibilità



305,69



320,05



Computo dei lavoratori intermittenti


I prestatori di lavoro intermittente sono computati nell’organico dell’impresa, ai fini della applicazione di normative di legge, in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre (art. 39, D.Lgs. n. 276/2003).


Fonti – D.Lgs. 276/2003, D.L. 112/2008 – ML circ. 4/2005


(per maggiori approfondimenti vedi Manuale lavoro, Novecento Media)

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