Sconosciuti virtuali: l’epoca degli smartphoner

Qualsiasi tecnologia che sostituisca il vicino umano con una macchina è indistinguibile dalla follia. Esequie del “personal” computer e dell’automobile.

Non c’è dubbio che l’interfaccia dell’iPhone abbia spostato più in altro l’interazione uomo-macchina e altrove l’interazione uomo-uomo. Io ne sono molto spaventato e cercherò di spiegare il perché con un brano di “editorialistica intima”, se mi si passa il termine. L’altra sera sono andato ad un cabaret che a Roma sta avendo un certo successo, peraltro nutrito anche da Filippo e Mauro, personaggi ben noti alla blogosfera e vlogosfera italiana.
Come sempre accade in queste circostanza, l’inizio dello spettacolo è stato ritardato di qualche minuto, scatenando nel pubblico varie reazioni. Per lo più qualche chiacchiera con gli amici, qualche protesta, qualche stimolo tramite applausi, ma anche svariati smartphoner. Purtroppo.

Lo smartphoner è tra noi
Con questo neologismo indicherò gli utenti compulsivi di telefonino tecnologicamente avanzato, quelli che appena hanno qualche minuto di tempo controllano non solo chi li ha cercati, ma soprattutto quali percorsi di chat’n’link possono mai seguire articolando furiosamente le dita come fossero danzatrici del Bolshoi.
Solo in prima fila c’erano tre smartphoner, due uomini ed una donna, a privilegiare la tecnoprotesi sui loro amici. I due intorno a me, una giovane e un quarantenne, erano entrambi su Facebook: immersi nella gente, scambiavano amicizie con sconosciuti virtuali. E giungiamo al “purtroppo”: per me, qualsiasi tecnologia che sostituisca il vicino umano con una macchina è indistinguibile dalla follia.

Morte di tecnologia viaggiatrice
La tecnologia è bella ed utile nel mantenere attiva la ricerca umana di fare più cose, forse meglio, ma basta anche in un modo diverso. Qualcuno è ancora convinto che l’automobile sia stato un grande balzo in avanti per la società umana?
L’avvento dell’elaboratore elettronico per tutti è stato un incidente di percorso: un dispositivo primitivo come il PC degli anni 1982-2002 doveva restare confinato ai luoghi nei quali era davvero utile.
Il vero dispositivo personale è lo smartphone, ripensato ed interprete del rinnovamento, frenetico ma affascinante. Nuovi schermi, nuove alimentazioni, nuove features e quindi nuovi microprocessori, nuove funzionalità e via via risprendendo.
Anche la disponibilità dei classici “dati da desktop” su dispositivi mobili è una conseguenza della “deportalizzazione”, la tendenza che scioglie in tweet, post e feed tutti i dati classicamente raccolti attraverso siti pubblici ed intranet. Quando, nel Vlogcamp romano di oltre due anni fa, discussi con Filippo e Mauro, loro erano convinti che avrebbero fatto business portalizzando i video dei loro sapidi interventi. Il video cresce dappertutto, ma il suo business model è ancora un fenomeno di artigianato locale e non un’industria.

I like e i digg sono ideogrammi?
In quel mitico barcamp anch’io presentai una relazione, che incentrai sulla “Text television”, pensando che si andava verso schermi piccoli per i quali è fondamentale dare messaggi chiari in poche cifre, lettere o parole che siano. Mi affidavo all’ideogrammaticità, fermandomi a quella latente nei numeri. Invece avrei dovuto capire che si sarebbe sviluppata una nuova ideogrammaticità, quella dei like e dei digg.
In sintesi l’espressione “personal computer” è un ossimoro, la portalizzazione un’alternativa, lo smartphone l’emblema della tecnologia come espressione attuale delle sue metafore. Come l’automobile del XIX e XX secolo.

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