Home Big Data Case History Sap: i big data aiutano la digital transformation della cura sanitaria

Sap: i big data aiutano la digital transformation della cura sanitaria

Come per la maggior parte dei big player del mondo Ict, anche per Sap la digital transformation è il leit motiv di questi anni. Una digital transformation pervasiva, una digital transformation, soprattutto, non solo immaginata, ma ormai reale e concreta in molte aziende e mercati.
Di digital transformation l’azienda inevitabilmente parlerà tra pochi giorni a Monza, in occasione di Sap Business One Forum, evento dedicato all’ecosistema di partner e clienti del mondo SMB, di digital transformation ha parlato poche settimane fa nei due giorni dell’Executive Summit al quale hanno preso parte 130 top manager delle principali aziende clienti, accolti oltre che dall’amministratore delegato della filiale italiana Luisa Arienti, anche dal numero uno Bill McDermott.

C’è una metodologia nell’innovazione

In quell’occasione, abbiamo avuto modo di incontrare Timo Eliott, innovation evangelist della società.
Il 90 per cento dei Cio crede che la digital transformation abbia un impatto sulle loro aziende, ma alla resa dei conti solo una percentuale irrisoria ha già intrapreso il percorso di trasformazione. Il punto è che la maggior parte di loro non sa cosa deve fare esattamente. Non sa quale è la trasformazione. La confonde con i social media, con l’ecommerce. C’è una grande confusione e anche la grande scelta disponibile non fa che aumentarla”.
Per Timo Eliott il percorso possibile c’è e consiste nell’individuare i primi progetti e cominciare a implementarli con metodo.
Non si tratta semplicemente di introdurre le persone alle tecnologie, – del resto la stessa Luisa Arienti il giorno prima aveva ironizzato sul fatto che l’innovazione non consista nel dotare un c-level di un tablet – quanto di “avviare piccoli progetti innovativi, trovando le giuste competenze e razionalizzando la metodologia”.

I big data per il mondo medico

Un esempio concreto della digital transformation possibile e necessaria, Timo Eliott lo trova nel mondo della sanità e parla dell’applicazione delle soluzioni big data di Sap alla cura di malattie come il cancro.
“Si parte dal principio che ogni caso è differente e ogni paziente è differente. Con tutta la documentazione ancora in gran parte cartacea, i medici hanno bisogno di settimane prima di individuare la cura giusta. E lo sappiamo che il tempo è determinante nel trattamento di questa malattia”.

Alla ricerca genomica un fondo da 5  milioni di euro all’anno per tre anni.
Ecco il testo approvato dal Senato:
Le norme, introdotte nel corso dell’esame al Senato, istituiscono presso il Ministero della salute un fondo denominato “Progetto genomi Italia”, al quale è assegnata la somma di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Le risorse del Fondo sono destinate alla realizzazione di un piano nazionale di implementazione medico sanitaria delle conoscenze e tecnologie genomiche.La progettazione e la gestione del Progetto genomi Italia è affidata ad una Commissione nazionale genomi italiani appositamente istituita con decreto del Ministero della salute. La Commissione, di durata triennale, ha altresì il compito di individuare i soggetti pubblici o privati che si impegnano a cofinanziare il progetto.

Non solo.
il 97 per cento dei pazienti si trova oggi intrappolato in dati e file isolati: “La collaborazione, il coworking, un approccio olistico ai trattamenti non solo consentirebbero di eliminare questi silos, ma soprattutto consentirebbero un utilizzo migliore del tempo e delle competenze dei medici”.
Semplificando, Eliott suggerisce di avere con le cure mediche lo stesso approccio che Amazon ha nelle vendite di libri: “Il sistema suggerisce le scelte di altri lettori che hanno acquistato lo stesso libro, creando un percorso possibile. E lo stesso potrebbe accadere con la letterature e i dati medici”.
E in fondo è quello che si propone di fare la Sap Foundation for Health: una piattaforma per l’analisi in tempo reale dei big dati sanitari, al fine di rendere più efficaci gli interventi sui pazienti.
Non si tratta semplicemente di rendere più accessibile l’intervento sanitario a un numero più ampio di pazienti, ma soprattutto di individuare i problemi prima che si traducano in crisi sanitarie”.

La ricerca genomica

E non è certo un caso che speaker d’eccezione nella stessa sessione cui ha preso parte Timo Eliott sia stato Massimo Delledonne, Professore ordinario di genetica all’Università degli Studi di Verona, che ha raccontato dei suoi studi sulle mutazioni e sulle variazioni del Dna.
La ricerca sul genoma – ha raccontato – ci aiuta a studiare le malattie genetiche più impattanti sulla società, e a dare contributi sulle malattie rare. Con la medicina di precisione e la farmacogenomica riusciamo a migliorare la precisone nei trattamenti. Ma abbiamo bisogno di dati e di correlazione tra i dati e le cartelle cliniche e di nuovi strumenti per analizzare i dati”.
Per questo Delledonne sostiene progetti come Progetto Genomi Italia, promosso da Elena Cattaneo, che aumentano il numero di mappature genomiche nella popolazione: “Per le malattie ignote, indispensabile è la fase di discovery. Aumentando il numero di mappature aumenta anche la possibilità di scoperta”.

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