Redditi esteri e non residenti (Parte V)

CONVENZIONI INTERNAZIONALI CONVENZIONI CONTRO LA DOPPIA IMPOSIZIONE   CANONI (ROYALTY) Nelle convenzioni internazionali si considerano canoni i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l’uso o la concessione in uso di: • un diritto d’autore su …

CONVENZIONI INTERNAZIONALI

CONVENZIONI CONTRO LA DOPPIA IMPOSIZIONE

 

CANONI (ROYALTY)
Nelle convenzioni internazionali si considerano canoni i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l’uso o la concessione in uso di:
• un diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche comprese le pellicole cinematografiche;
• brevetti, marchi di fabbrica o di commercio;
• disegni o modelli;
• progetti, formule o processi segreti;
• informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico.

Attrezzature commerciali, industriali o scientifiche
Dal 1992 il modello di Convenzione OCSE non menziona più fra i canoni i redditi derivanti dalla concessione in uso di attrezzature commerciali, industriali o scientifiche, che ora rientrano tra i redditi d’impresa.
L’Italia ha comunque continuato ad includere tali redditi nel concetto di royalty anche nelle convenzioni stipulate dal 1992 in poi.

Fra i canoni vanno ricompresi oltre ai compensi pagati per una licenza anche i risarcimenti dovuti in seguito alla violazione di diritti protetti.
Solitamente nelle convenzioni è previsto che i canoni siano assoggettati ad imposta solo nello stato di residenza del percipiente, purché ne sia l’effettivo beneficiario.

Società intermediaria nei contratti di licenza
Una società che concede in sub-licenza diritti di cui è licenziataria, riversando le royalty ai licenzianti al netto di un compenso di intermediazione, non è beneficiaria effettiva; pertanto soltanto i licenzianti originari possono chiedere l’applicazione delle eventuali convenzioni stipulate con gli Stati in cui risiedono (ris. 12.7.2006, n. 867E).

Alcune convenzioni stipulate dall’Italia prevedono una ritenuta alla fonte che non può eccedere una determinata percentuale dell’ammontare lordo dei canoni (ossia non diminuito dell’abbattimento del 25%, a titolo di deduzione forfetaria dai costi previsto nell’ordinamento italiano).
In tali convenzioni viene contestualmente prevista la concessione di un credito d’imposta da parte dello Stato di residenza del percipiente.
In determinate convenzioni può essere inoltre previsto che per la ritenuta massima vi siano delle aliquote d’imposta differenziate (o addirittura nulle), in base alla natura del canone corrisposto.
Se il beneficiario effettivo dei canoni esercita nello Stato della fonte dei canoni un’attività commerciale o industriale per mezzo di una stabile organizzazione alla quale sono riconducibili i beni o i diritti che generano i canoni, non si applica la disciplina agevolata convenzionale.
Solitamente le convenzioni stipulate dallo Stato italiano prevedono che i canoni connessi alla stabile organizzazione sono imponibili nello Stato della fonte secondo la legislazione interna di tale Stato.
Art. 12, Modello OCSE

LAVORO DIPENDENTE
Le convenzioni prevedono che gli stipendi, i salari e le altre remunerazioni percepite da soggetti residenti di uno stato contraente, come corrispettivo di attività di lavoro dipendente sono imponibili nel Paese in cui viene prestata l’attività lavorativa, in base alle norme interne di tale Stato.
Non viene fornita una definizione puntuale di tali redditi, per cui si intendono redditi di lavoro dipendente quelli che lo sono in base alle singole legislazioni interne.

TFR e capitalizzazione di pensione integrativa
Il TFR e l’indennità corrisposta in un’unica soluzione a titolo di capitalizzazione della pensione integrativa sono assimilabili ai redditi di lavoro dipendente in considerazione del particolare collegamento esistente con il datore di lavoro e con l’attività lavorativa svolta (ris. 17.2.2009, n. 40).

Se un residente di uno Stato presta la propria attività lavorativa nell’altro Stato, può essere tassato anche in quest’ultimo, tuttavia può essere tassato esclusivamente nello Stato di residenza, se:
• il percettore dei redditi soggiorni nell’altro stato in cui presta il lavoro per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato;
• le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non risiede nello Stato in cui si svolge l’attività lavorativa;
• l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nello Stato in cui è svolta l’attività lavorativa.

Giorni di presenza fisica
In merito al metodo di calcolo dei 183 giorni, è da ritenere accettabile il solo sistema denominato “metodo dei giorni di presenza fisica”, che include tutti i giorni di presenza, compresi quelli non lavorativi (paragrafo 5 del Commentario all’art. 15 del modello OCSE di Convenzione del 1992).
Verifica della permanenza
Nelle ipotesi in cui non sia agevole effettuare la verifica puntuale dei periodi di permanenza in Italia del lavoratore, è opportuno compiere adeguati accertamenti e riscontri presso le autorità fiscali del paese estero di residenza dell’ interessato, anche al fine di evitare possibili abusi (circ. 17.8.1996, n. 201/E).

Nel caso in cui il reddito è tassabile solo nello Stato di residenza, nello Stato in cui è prestata l’attività lavorativa non è dovuta alcuna imposta.
Nel caso in cui il reddito è tassabile anche nello Stato in cui è prestata l’attività lavorativa, lo Stato di residenza deve eliminare la doppia imposizione (in Italia, in genere, mediante credito d’imposta).
Art. 15, Modello OCSE

PENSIONI
Generalmente i redditi derivanti da pensioni o da analoghe remunerazioni (ad eccezione delle pensioni percepite in corrispettivo di servizi resi ad uno Stato o ad una suddivisione o autorità) provenienti da uno Stato e pagate ad un residente dell’altro Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili esclusivamente nello Stato di residenza.
Solitamente quindi lo Stato della fonte esenta i redditi da pensione che sarebbero imponibili secondo la propria legislazione, a meno che non sia previsto diversamente nelle singole convenzioni.
Nella gran parte degli ordinamenti vi sono delle norme disomogenee in merito al trattamento fiscale delle somme versate ad un dipendente per il cessato impiego. Sono quindi gli stati contraenti a stabilire mediante mutuo accordo l’esatta imposizione delle diverse fattispecie.
Art. 18, Modello OCSE

LAVORO AUTONOMO
I redditi di lavoro autonomo sono tassati nello Stato in cui risiede il lavoratore.
Nel caso in cui questo operi nello Stato della fonte attraverso una base fissa, i redditi sono tassati in tale Stato, secondo la legislazione interna, nella misura in cui sono imputabili ad essa.
Fra i redditi di lavoro autonomo, l’OCSE ha ricompreso, a titolo esemplificativo:
• le attività di carattere scientifico, letterario, artistico, educativo o pedagogico;
• tipiche attività indipendenti esercitate da medici, avvocati, ingegneri, architetti, dentisti, contabili.
Attualmente, i redditi di lavoro autonomo (precedentemente disciplinati dall’art. 14 del modello di Convenzione OCSE) sono invece assimilati agli utili delle imprese (e conseguentemente sono ora disciplinati dall’art. 7 del modello convenzionale).
Art. 14, Modello OCSE

CREDITO D’IMPOSTA E METODO DELL’ESENZIONE
Ogni trattato bilaterale prevede alcuni metodi, suggeriti dal modello OCSE, per neutralizzare la doppia imposizione internazionale.
Metodo dell’esenzione – Lo Stato di residenza del percettore non considera tassabili i redditi prodotti all’estero e contestualmente attribuisce allo Stato della fonte l’esercizio esclusivo della potestà impositiva.
In tal modo le norme tributarie interne considerano il reddito prodotto all’estero esente da imposizione.
L’esenzione può essere:
• piena, in base alla quale il reddito prodotto all’estero è interamente escluso da imposizione;
• progressiva, in base alla quale pur essendo concessa l’esclusione della tassazione del reddito estero, di questo si tiene conto nella determinazione complessiva ai soli fini del calcolo dell’aliquota progressiva da applicare sui restanti redditi.

Metodo dell’esenzione
Tale metodo è attualmente presente solo in alcune convenzioni stipulate dall’Italia e limitatamente a categorie di reddito marginali che sono esenti nello stato di residenza (generalmente redditi derivanti da funzioni pubbliche).
Nella convenzione stipulata dallo stato italiano con Brasile e Germania, è previsto che, a determinate condizioni, i dividendi siano totalmente esentati nel paese di residenza del percipiente.

Metodo del credito d’imposta estero – Lo Stato di residenza del percettore può tassare i redditi prodotti all’estero, concedendo un credito d’imposta di ammontare pari alle imposte pagate all’estero su tali redditi.
Il credito concesso non può comunque eccedere la quota di imposta applicata nello Stato di residenza del beneficiario, che viene attribuita ai redditi di fonte estera nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo.
Tale metodo è presente nella gran parte delle convezioni stipulate dall’Italia, che prevede anche all’interno del proprio ordinamento tributario un credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero.
REDDITI ESTERI E NON RESIDENTI
Credito d’imposta figurativo
Alcune convenzioni prevedono l’applicazione del c.d. “credito d’imposta figurativo” o matching
credit.
In particolare, spesso i Paesi in via di sviluppo concedono esenzioni per i redditi prodotti nel loro Stato, al fine di agevolare gli investimenti esteri. In base al principio di tassazione su base mondiale, lo Stato di residenza potrebbe così tassare integralmente (ossia senza detrazioni d’imposta estera) il suddetto reddito di fonte estera, vanificando l’agevolazione concessa dal Paese della fonte. Per impedire che ciò accada, diverse convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni prevedono espressamente che lo Stato di residenza del contribuente conceda il credito d’imposta estero in misura pari all’imposta estera che sarebbe in astratto applicabile sul reddito estero, anche se in concreto non applicata in virtù dell’esenzione territoriale. Con tale meccanismo del credito d’imposta “figurativo”, il contribuente viene a scontare soltanto l’eventuale maggiore imposta nazionale rispetto all’aliquota applicabile in astratto nello Stato estero. Ciò si risolve, in definitiva, in una mitigazione dell’imposizione che non frustra l’esenzione concessa nello Stato estero al fine di attrarre investimenti e promuovere lo sviluppo economico del paese.
Metodo della deduzione
Alcune convenzioni prevedono l’applicazione del c.d. metodo della deduzione, in base al quale lo Stato di residenza permette di dedurre i tributi assolti all’estero, ai fini della determinazione della base imponibile su cui applicare l’aliquota per determinare l’imposta dovuta. In tal modo, i tributi assolti all’estero vengono considerati come spese inerenti alla produzione del reddito, come gli altri elementi negativi per la determinazione del reddito d’impresa o oneri deducibili dalla base imponibile.
Art. 23, Modello OCSE

SCAMBIO DI INFORMAZIONI
Nel modello convenzionale predisposto dall’OCSE contro le doppie imposizioni è contenuta una disposizione che prevede lo scambio di informazioni fra le amministrazioni fiscali dei Paesi contraenti.
Lo scambio è finalizzato ad una corretta applicazione sia delle norme contenute nelle convenzioni, sia delle norme fiscali interne degli Stati, ed ha il duplice obiettivo di evitare la doppia imposizione economica e di controllare fenomeni di evasione ed elusione d’imposta.
Ogni volta in cui, nell’attività accertatrice esperita dagli uffici, si ha la necessità di acquisire dati informativi relativi a redditi prodotti all’estero da residenti ovvero relativi a fattispecie per le quali gli elementi conoscitivi sono rinvenibili fuori del territorio dello Stato, è possibile ricorrere a tale strumento di cooperazione.

Eccezioni
Tutti i Paesi che hanno stipulato con l’Italia una convenzione, consentono lo scambio d’informazioni per l’applicazione delle norme interne e di quelle previste dalle convenzioni stesse, ad eccezione di Svizzera, Cipro e Malaysia, per i quali l’assistenza è limitata al solo campo d’applicazione delle norme convenzionali.
L’elenco degli Stati con cui sono in vigore convenzioni che consentono lo scambio di informazioni ed i testi relativi sono attualmente rinvenibili nel sito internet del Ministero delle finanze (www.finanze.it) (circ. 18.4.2002, n. 33/E).

La base giuridica per lo scambio di informazioni per i Paesi facenti parte dell’Unione Europea in materia di imposte dirette, Iva ed accise è costituita dalla direttiva n. 77/799/CEE, modificata dalla direttiva 92/127CEE, la quale prevede anche la collaborazione dei funzionari degli Stati interessati ad ottenere le informazioni.
Essa, infatti, consente che lo Stato richiesto e richiedente si accordino per autorizzare la presenza nel primo Stato di funzionari dell’amministrazione fiscale dell’altro Stato membro, con modalità da concordare tra le due amministrazioni fiscali.
Lo scambio d’informazioni è limitato alle imposte nazionali specificate nelle convenzioni, ma riguarda anche le imposte di natura analoga o identica istituite dopo la firma della convenzione, in aggiunta o in sostituzione delle imposte precedentemente esistenti. Le autorità fiscali degli stati contraenti devono comunicare le modifiche apportate alle proprie legislazioni tributarie interne.
Inoltre, è prevista la collaborazione tra gli Stati membri nella riscossione dei tributi (D.Lgs. n. 69/2003, D.M. 22.7.2005, n. 179) e nelle notifiche (D.Lgs. n. 215/2005).
Art. 26, Modello OCSE

CONVENZIONE UE SUL TRANSFER PRICING

La Convenzione multilaterale del 23 luglio 1990, entrata in vigore il 1° gennaio 1995, è relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili delle imprese associate, in applicazione delle disposizioni anti-elusione sul transfer pricing. In Italia la convenzione è stata ratificata con la L. n. 99/1993.
La convenzione istituisce una procedura amichevole per la soluzione delle controversie tributarie relative alla determinazione dei prezzi di trasferimento di operazioni commerciali o finanziarie poste in essere tra imprese associate aventi sede in diversi Stati membri dell’Unione Europea.
Tale procedura consente di evitare le doppie imposizioni che si verificano a carico di gruppi di imprese che operano su scala internazionale quando, in conseguenza di un accertamento fondato sulla rettifica dei prezzi di trasferimento attuato in uno Stato, l’altro Stato non riconosce una corrispondente riduzione dell’imponibile dell’impresa associata controparte dell’operazione.
La convenzione impone, infatti, allo Stato che intende procedere alle rettifiche fiscali di cui sopra di informare entro un termine stabilito l’impresa in questione sull’azione prevista, consentendole di informare l’altra impresa, affinché quest’ultima possa informare a sua volta l’altro Stato contraente.
Se, dopo tali scambi reciproci, una delle imprese ritiene che non siano stati osservati i giusti criteri di determinazione, può attivare le procedure (obbligatorie) di definizione, amichevole (prima) ed arbitrale (poi) della controversia.
È prevista la facoltà dell’impresa interessata di sottoporre il proprio caso all’autorità competente dello Stato contraente di cui è residente o nel quale è situata la sua stabile organizzazione, indipendentemente dai ricorsi previsti dalla legislazione nazionale degli Stati contraenti interessati.
Il caso deve essere sottoposto entro i tre anni successivi alla prima notifica della misura che comporta (o potrebbe comportare) una doppia imposizione.
Se entro due anni dalla sottoposizione del caso le autorità competenti dei Paesi interessati non riescono a trovare un accordo che elimini la doppia imposizione, le stesse dovranno istituire un’apposita commissione consultiva, con il compito di fornire un parere sul modo di eliminare la duplice tassazione.
Ai fini dell’applicazione della Convenzione il Consiglio UE ha adottato un codice di condotta (U.E. 28.07.2006, n. 176/C).
Convenzione del 23 luglio 1990; L. n. 99/1993

 

(per maggiori approfondimenti vedi Manuale fiscale, Novecento Media)

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