Redditi esteri e non residenti (Parte IV)

CONVENZIONI INTERNAZIONALI CONVENZIONI CONTRO LA DOPPIA IMPOSIZIONE DOPPIA IMPOSIZIONE INTERNAZIONALE L’ordinamento tributario italiano adotta il principio del “reddito mondiale” (c.d. Worldwide income taxation), in virtù del quale, ai fini dell’imposi …

CONVENZIONI INTERNAZIONALI

CONVENZIONI CONTRO LA DOPPIA IMPOSIZIONE

DOPPIA IMPOSIZIONE INTERNAZIONALE
L’ordinamento tributario italiano adotta il principio del “reddito mondiale” (c.d. Worldwide income taxation), in virtù del quale, ai fini dell’imposizione diretta, i soggetti residenti in Italiaai fini fiscali sono assoggettati ad imposizione nel nostro Paese per i redditi ovunque prodotti.Nei confronti dei non residenti viene, invece, applicato il principio della “fonte”, in virtù delquale vengono sottoposti ad imposizione in Italia i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato.
Come l’Italia, la maggior parte degli Stati prevede, nei propri ordinamenti tributari, criteri di collegamento sia reali che personali, applicando sia il principio della residenza per i redditi ovunque prodotti dai propri residenti, sia il principio della fonte, limitatamente ai redditi prodotti all’interno del proprio territorio da soggetti non residenti.
In caso di reddito transnazionale, derivante cioè da beni o attività localizzate in uno Stato da soggetti fiscalmente residenti in un altro Stato, si può verificare un concorso delle pretese impositive dello Stato di residenza e dello Stato della fonte.
In tali casi il reddito è soggetto a doppia imposizione giuridica internazionale.
Per risolvere il concorso delle pretese impositive, ogni Stato può concludere con altri Stati convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni.
Con tali convenzioni gli Stati concordano i criteri (della “residenza” o della “fonte”) per definire, in relazione alle singole categorie di reddito transnazionale (redditi fondiari, interessi, dividendi, canoni, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi diversi), quale sia lo Stato che ha la potestà impositiva.
La Convenzione può prevedere espressamente che la potestà impositiva sia attribuita in via esclusiva ad uno Stato. In tal caso le norme interne dell’altro Stato sono disapplicate ed il reddito non è ivi soggetto ad alcuna tassazione.
Oppure può prevedere che uno dei due Stati debba eliminare la doppia imposizione, riconoscendo al titolare del reddito un credito d’imposta per l’importo prelevato nell’altro Stato.
Le convenzioni stabiliscono quando gli Stati contraenti possono sottoporre ad imposizione, in via esclusiva o concorrente, i redditi stessi, ma non individuano le modalità di tassazione delle singole categorie reddituali, rinviando, per tale aspetto, alla normativa nazionale dello Stato cui è attribuito il potere impositivo.
In caso di doppia imposizione, quindi, per risolvere il conflitto di pretese impositive:
• se vi è una convenzione si applicano le norme convenzionali seppur interpretate, nella maggior parte dei casi, con riferimento alle leggi interne;
• se non vi è una convenzione si applicano esclusivamente le norme interne dello Stato (della fonte e della residenza).
Art. 75, D.P.R. n. 600/1973; art. 169 tuir

CONVENZIONI CONTRO LA DOPPIA IMPOSIZIONE
Le convenzioni fiscali bilaterali sono accordi stipulati dai singoli Stati, mediante i quali si concordano regole comuni che stabiliscono a quale dei due ordinamenti statali spetti il potere impositivo nelle singole situazioni.
Si tratta quindi di trattati recepiti dalle rispettive legislazioni domestiche, che derogano alle leggi interne prevalendo su di esse.

Ratifica
In Italia le convenzioni per evitare la doppia imposizione entrano a far parte dell’ordinamento giuridico dopo una procedura articolata, al termine della quale sono recepite nel nostro ordinamento attraverso la ratifica da parte del Parlamento, attuata con una legge ordinaria, che conferisce piena ed integrale esecuzione al trattato. L’effettiva applicazione della Convenzione avviene tramite lo scambio degli strumenti di ratifica tra i paesi contraenti, la cui esecuzione è affidata al Ministero degli Affari esteri.

Le convenzioni sulle doppie imposizioni riguardano le imposte sul reddito e su alcuni elementi del patrimonio e disciplinano la cooperazione tra le amministrazioni fiscali degli stati contraenti.
Inoltre prevengono l’evasione e l’elusione fiscale eliminando le doppie esenzioni.
Le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dal nostro paese adottano sostanzialmente il modello di convenzione predisposto dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).
Gli Stati con cui l’Italia ha un trattato in vigore sono: Albania, Algeria, Arabia Saudita, Argentina, Australia, Austria, Bangladesh, Belgio, Brasile, Bulgaria, Canada, Cecoslovacchia, Cina, Cipro, Corea del Sud, Costa d’Avorio, Croazia, Danimarca, Ecuador, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Giappone, Giordania, Grecia, India, Indonesia, Irlanda, Islanda, Israele, Jugoslavia, Kazakhistan, Kuwait, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malaysia, Malta, Marocco, Mauritius, Messico, Mozambico, Norvegia, Nuova Zelanda, Oman, Paesi Bassi, Pakistan, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Russia, Senegal, Singapore, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Tanzania, Thailandia, Trinidad e Tobago, Tunisia, Turchia, Ucraina, Uganda, Ungheria, Unione Sovietica, Uzbekistan, Venezuela, Vietnam, Zambia.
Art. 75, D.P.R. n. 600/1973; art. 169 tuir

DEFINIZIONI E AMBITO DI APPLICAZIONE
Le convenzioni aderenti allo schema dell’OCSE e la totalità dei trattati stipulati dall’Italia attualmente in vigore risultano applicabili a tutte le persone fisiche e giuridiche residenti in uno dei due Stati contraenti ed a tutte le imposte espressamente indicate nella convenzione o a quelle identiche o analoghe che si aggiungeranno o si sostituiranno ad esse in futuro.

IRAP
L’Italia, a seguito dell’introduzione dell’IRAP, equiparata all’ILOR ai fini dell’applicazione dei trattati internazionali, ha provveduto, ai sensi dell’articolo 44 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, a comunicare alle autorità competenti dei Paesi esteri con i quali è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni, l’introduzione della nuova imposta, illustrandone la similarità con l’ILOR e proponendo, quindi, all’altro Stato contraente la sostituzione dell’IRAP all’ILOR. Attualmente il Canada, la Francia, il Regno Unito, il Lussemburgo, la Danimarca, il Portogallo, la Spagna, i Paesi Bassi, la Germania, l’Austria, la Croazia, la Federazione Russa, la Thailandia, il Vietnam e gli Stati Uniti hanno già riconosciuto l’IRAP quale imposta cui si applicano le vigenti convenzioni.

Vi sono dei termini e dei concetti contenuti nelle convenzioni, la cui interpretazione ed il cui significato risulta di particolare importanza e che, in alcuni casi, viene espressamente stabilito dal modello di convenzione OCSE.
Persone – Sono tutti gli individui e le società, associazioni di persone e ogni altra entità che sono considerati soggetti passivi ai fini delle imposte, nel regime tributario nazionale.

Trust
Vi sono dei casi in cui sono ricomprese nel termine persona anche i trust, come nella Convenzione stipulata dall’Italia con il Canada.

Società – Qualsiasi entità avente personalità giuridica autonomamente tassabile.
Impresa – Comprende, nel senso più ampio possibile, lo svolgimento di qualsiasi tipo di attività economica.
Residenza – Si considera residente di uno stato contraente, ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata a imposta a motivo del suo domicilio, residenza, sede di direzione o di ogni altro criterio di natura analoga.
Tale concetto permette di individuare i soggetti nei confronti dei quali si applicano le convenzioni.
Infatti, solo se la persona che percepisce un reddito proveniente da uno Stato contraente è residente nell’altro Stato contraente può beneficiare del trattato vigente fra i due Stati.
Il modello di convenzione dell’OCSE fa riferimento al concetto di residenza adottato negli ordinamenti dei vari Stati contraenti, senza dettare specifici criteri, con l’unico limite che i criteri di definizione della residenza stabiliti dalle varie norme nazionali debbono comunque essere idonei ad esprimere un effettivo collegamento con lo Stato.
È indispensabile inoltre che nella legislazione interna in seguito alla qualificazione della persona come residente essa sia assoggettata ad imposta in modo completo.

Soggetti non residenti
Non vengono invece considerate residenti, ai fini convenzionali, le persone che, nonostante siano considerate residenti secondo la normativa interna, sono soggette ad imposizione nello Stato solo per i redditi ivi prodotti, come nel caso dei diplomatici stranieri.

È possibile che, in base alla norma interna dei due Stati contraenti, un soggetto sia considerato residente in entrambi gli Stati (c.d. doppia residenza fiscale). In tal caso, ai soli fini dell’applicazione della convenzione, quest’ultima stabilisce che il soggetto si considera residente, nell’ordine:
• nel luogo in cui il soggetto possiede un’abitazione permanente;
• nel luogo in cui è radicato il centro dei suoi interessi vitali;
• nel luogo di soggiorno abituale;
• nello Stato di cui ha la nazionalità.
Se il soggetto ha la nazionalità di entrambi gli Stati contraenti o di nessuno di essi si applica la procedura amichevole fra le autorità competenti degli Stati contraenti.

Clausola convenzionale
Ai fini della conferma o meno della residenza fiscale nazionale occorre considerare, oltre ai presupposti interni, anche quelli di cui alla apposita clausola convenzionale (“residente di uno Stato contraente”) allo scopo di evitare la possibile insorgenza di una doppia residenza fiscale (circ. 24.6.1999, n. 140/E).
REDDITI ESTERI E NON RESIDENTI
Stabile organizzazione – Uno Stato ha il diritto di tassare un’impresa straniera se la stessa possiede una stabile organizzazione nel suo territorio; in caso contrario lo Stato non può esercitare alcun diritto impositivo.
Per tale ragione la nozione di stabile organizzazione costituisce il criterio principale per stabilire se, in base al diritto tributario internazionale, uno stato abbia o meno poteri impositivi su un’impresa estera che svolge la propria attività economica all’interno del suo territorio.
La maggior parte dei paesi, tra cui l’Italia, utilizza nei trattati la nozione di stabile organizzazione presente nel modello OCSE.
Nozione interna di stabile organizzazione
La normativa interna italiana reca una una nozione di stabile organizzazione analoga a quella convenzionale ai fini delle imposte sui redditi.

In sintesi, i presupposti previsti dall’OCSE per definire una stabile organizzazione si possono così elencare: occorre la presenza di una sede di affari con locali, materiale e attrezzature, ubicata in una determinata area e per un certo periodo di tempo, e occorre che nello Stato della fonte del reddito sia presente un agente dipendente dell’impresa non residente, che eserciti un’attività abituale e possa sottoscrivere contratti per conto dell’impresa.

Individuabilità di una stabile organizzazione nell’e-commerce
– Un sito web non costituisce una stabile organizzazione non essendo un bene materiale;
– un web-hosting arrangement normalmente non configura una stabile organizzazione: i contratti di tali fattispecie non sono assimilabili a quelli di locazione di spazi, consistendo in una prestazione di servizi il cui corrispettivo può eventualmente essere rapportato allo spazio di disco fisso utilizzato. Quindi è da escludere che l’impresa abbia una presenza fisica nella località ossia una stabile organizzazione;
– un internet server provider normalmente non costituisce stabile organizzazione: generalmente infatti non è agente delle imprese proprietarie dei siti web e non ha il potere di concludere contratti a nome di queste, il che esclude che si possa configurare una stabile organizzazione personale;
– è stabile organizzazione un internet service provider che abbia il potere di concludere contratti per conto dell’impresa;
– è stabile organizzazione un server fisso in un luogo per un periodo di tempo sufficiente a ritenerlo sede fissa d’affari. Non è stabile organizzazione un server presente solo per un periodo di tempo molto limitato;
– non è una stabile organizzazione il server che si limita ad attività ausiliarie e preparatorie, come: consentire la comunicazione tra fornitori e consumatori, fare pubblicità a beni e servizi, raccogliere dati di mercato, fornire informazioni;
– è stabile organizzazione un server che fornisce alcune funzioni eccedenti quelli ausiliarie e preparatorie: conclusione di contratti, pagamento prodotti on line, spedizione di prodotti on line.
Artt. 1-5, Modello OCSE

IMMOBILI
In ambito convenzionale la definizione di beni immobili rinvia alla legislazione dello Stato contraente in cui i beni sono situati.
Sono considerati beni immobili o relativi agli immobili:
• gli accessori, le scorte vive o morte delle imprese agricole o forestali;
• i diritti ai quali si applicano le disposizioni del diritto privato riguardante la proprietà fondiaria;
• l’usufrutto su beni immobili e i diritti di sfruttamento o di concessione dello sfruttamento di giacimenti minerari, sorgenti e altre risorse naturali.
La gran parte delle convenzioni stipulate dall’Italia prevede che gli immobili siano tassati nello Stato in cui sono ubicati.
Pertanto il reddito degli immobili posseduti all’estero dai residenti è generalmente tassato sia nel Paese estero di ubicazione che in Italia.
Nel caso in cui il bene venga tassato sia in Italia che all’estero, solitamente le convenzioni prevedono che lo Stato italiano debba concedere un credito d’imposta sui redditi prodotti all’estero.
Il reddito immobiliare, qualora provenga da un stabile organizzazione, è trattato come reddito d’impresa.
Art. 6, Modello OCSE

IMPRESE
Nelle convenzioni internazionali fiscali, il reddito d’impresa è regolato dalle norme che disciplinano gli utili delle imprese.
Si considerano utili tutti i redditi derivanti dall’esercizio di un’impresa. Qualora gli utili comprendano elementi di reddito relativi a fattispecie considerate separatamente in altri articoli convenzionali (ad es. dividendi, interessi e canoni), devono essere applicati questi ultimi.
Gli utili conseguiti dall’impresa sono tassati soltanto nello Stato di residenza dell’impresa stessa, a meno che questa non svolga la propria attività nell’altro Stato per mezzo di una stabile organizzazione. In questo caso, gli utili sono imponibili anche nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione, ma soltanto nella misura in cui sono ad essa attribuibili.
Nelle convenzioni stipulate dall’Italia, la doppia imposizione che si verifica in tal caso è generalmente evitata con la concessione di un credito d’imposta nello Stato di residenza sui redditi prodotti nell’altro Stato mediante la stabile organizzazione.
I redditi prodotti nel territorio di uno Stato da un’impresa, che abbia in tale Stato una stabile organizzazione, ma che non sono attribuibili alla stabile organizzazione stessa, possono essere tassati in tale Stato solo secondo le regole proprie dei singolo tipo di reddito previste dai trattati.

Principio della “connessione effettiva” con la stabile organizzazione
In ambito convenzionale, relativamente al reddito d’impresa, vige il principio dell’effettiva connessione degli utili con la stabile organizzazione, in base al quale il diritto d’imposizione dello Stato in cui è situata la stabile organizzazione si riferisce soltanto alla parte di redditi effettivamente connessi, e quindi attribuibili, ad essa.
Detto diritto d’imposizione non si estende anche agli utili conseguiti dall’impresa al di fuori della stabile organizzazione.
Art. 7, Modello OCSE

DIVIDENDI
Nella gran parte delle convenzioni stipulate dall’Italia, conformemente al modello OCSE, si considerano dividendi:
• i redditi derivanti da azioni ordinarie, da azioni o buoni di godimento, da quote minerarie, da quote dei fondatori o da altri diritti di partecipazione agli utili, diversi dai crediti;
• i redditi di altre quote sociali assoggettabili allo stesso regime fiscale dei redditi delle azioni secondo la legislazione fiscale dello Stato di cui è residente la società distributrice.
Solitamente gli stati membri possono adattare tale definizione alle caratteristiche delle proprie legislazioni interne, data la notevole differenza esistente nelle varie legislazioni. Ciò può comportare un ampliamento della stessa definizione ad altre categorie di reddito non espressamente disciplinate dal modello convenzionale ma previste dagli ordinamenti degli stati contraenti.

Strumenti finanziari partecipativi
Fra gli altri diritti di partecipazione agli utili diversi dai crediti, possono rientrare gli utili derivanti dagli strumenti finanziari partecipativi, disciplinati dal codice civile italiano (art. 2346, c. 6; art. 2349, c. 2; art. 2447-ter, c. 1, lett. e), pur non rappresentando quote di partecipazioni agli utili (circ. Assonime 14.7.2004, n. 32).

Generalmente, nelle convenzioni, i dividendi sono imponibili nello Stato di residenza del percettore (in via definitiva) e subiscono una ritenuta d’imposta (in misura limitata) nello Stato in cui sono prodotti (in cui ha sede la società erogante).
È prevista solitamente la concessione di un credito d’imposta da parte dello Stato di residenza del beneficiario effettivo del dividendo stesso.
REDDITI ESTERI E NON RESIDENTI
Esenzione
Fra i trattati stipulati dall’Italia, alcuni non prevedono il credito d’imposta, bensì l’esenzione dei dividendi ricevuti da una società che detenga almeno il 25% del capitale della società erogante (trattati con Germania e Brasile).

La ritenuta nello stato in cui è residente l’ente che eroga il dividendo, è applicata con aliquote d’imposta che variano intorno ai seguenti livelli medi:
• il 5%, se l’effettivo beneficiario è una società (diversa da una società di persone) che detiene almeno il 25% del capitale della società che paga i dividendi;
• il 15% negli altri casi.
Le percentuali d’imposizione convenzionale si applicano solo nel caso in cui il soggetto che percepisce il dividendo sia l’effettivo beneficiario, e non quando tra il beneficiario ed il soggetto erogante è interposto un intermediario (ad es. un agente).
Le aliquote possono comunque essere fissate diversamente dagli Stati contraenti in sede di trattative bilaterali. Inoltre può essere anche stabilita dagli Stati la tassazione esclusiva nello Stato di residenza del beneficiario.
In merito al requisito della partecipazione del 25%, rileva la situazione esistente al momento in cui il dividendo entra nella sfera di disponibilità dell’azionista, non essendo richiesto un periodo minimo di possesso della partecipazione.

Clausole anti-abuso
Per prevenire abusi, le aliquote ridotte previste dalle norme convenzionali possono comunque non essere applicabili nei casi in cui la partecipazione venga acquisita poco prima dell’erogazione del dividendo, al solo scopo di usufruire del regime favorevole.
È infatti consentito solitamente agli Stati contraenti di introdurre limitazioni alla disciplina agevolativa, inserendo clausole specifiche anti-abuso all’interno delle singole Convenzioni (Commentario art. 10 modello di convenzione OCSE, par. 17).

Il regime convenzionale non si applica qualora:
• il beneficiario effettivo dei dividendi operi nello Stato della fonte tramite una stabile organizzazione ovvero svolga una libera professione mediante una base fissa;
• i titoli relativi al dividendo erogato sono collegati effettivamente alla stabile organizzazione o alla base fissa.
In tale caso i dividendi saranno imponibili nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione secondo la propria legislazione.

Forza attrattiva della stabile organizzazione
Alcune convenzioni prevedono che le aliquote agevolative non operino anche quando la stabile organizzazione non abbia alcuna connessione con la partecipazione, come nel caso dei trattati con la Svizzera e l’Irlanda.
Art. 10, Modello OCSE

INTERESSI
Nelle convenzioni internazionali, gli interessi sono:
• i redditi derivanti da crediti di ogni tipo garantiti o non garantiti da ipoteca, portanti o non portanti un diritto di partecipazione agli utili del debitore;
• i redditi derivanti da titoli di debito pubblici, da buoni ed obbligazioni, compresi i premi a questi annessi.

Redditi di somme date in prestito
Nella gran parte dei trattati stipulati dall’Italia rientra tra gli interessi anche ogni altro provento assimilabile ai redditi di somme date in prestito, in base ala legislazione fiscale dello Stato contraente da cui i redditi provengono.

Si è ritenuto che i compensi corrisposti da una società italiana ad una società con sede nella Confederazione elvetica per prestazioni di garanzia concesse da quest’ultima siano assimilabili agli interessi, disciplinati all’art. 11 della Convenzione italo elvetica volta ad evitare le doppie imposizioni, e siano pertanto soggetti alla ritenuta alla fonte del 15% (ris. 21.7.1979, n. 12/721).
È solitamente lasciata discrezionalità agli Stati contraenti di includere o meno determinate fattispecie reddituali nella tipologia degli interessi, al momento della stipula dei singoli trattati.
Gli interessi sono imponibili in via definitiva nello Stato di residenza del beneficiario e subiscono una ritenuta in misura limitata nello stato in cui maturano.
È prevista solitamente la concessione di un credito d’imposta da parte dello Stato di residenza del beneficiario effettivo dell’interesse stesso.
Solitamente lo Stato della fonte applica una ritenuta con un’aliquota d’imposta non superiore al 10%, ma è lasciata la possibilità di adottare aliquote più basse agli Stati contraenti in sede di trattato.
Le percentuali d’imposizione convenzionali si applicano solo nel caso in cui il soggetto che percepisce il dividendo sia l’effettivo beneficiario, e non quando tra il beneficiario ed il debitore è interposto un intermediario (ad esempio un agente).
Il regime convenzionale non si applica quando:
• il beneficiario effettivo degli interessi opera nello Stato della fonte tramite una stabile organizzazione ovvero svolge una libera professione mediante una base fissa;
• il credito che ha generato gli interessi è collegato effettivamente alla stabile organizzazione o alla base fissa.
In tale caso gli interessi sono imponibili nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione secondo la propria legislazione.
Art. 11, Modello OCSE

(per maggiori approfondimenti vedi Manuale fiscale, Novecento Media)

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