Rallenta la corsa di Sky Italia

Per la prima volta il numero degli abbonati è risultato in flessione. Pesa l’aumento dell’Iva e la concorrenza di Mediaset

L’ultimo bilancio di News Corp. parla chiaro. Al 31 dicembre 2009 il fatturato di Sky Italia è risultato in flessione del 2% su base annua perché alla fine del trimestre gli abbonati sono scesi a quota 4.740.000, in calo di 63.000 unità rispetto ai tre mesi precedenti. I costi sono rimasti stabili: alle maggiori spese sostenute per i diritti del calcio sono corrisposti risparmi su altre voci della programmazione. Dopo anni di crescita e sviluppo ininterrotto Sky si è dunque fermata e il numero degli abbonati è andato giù. Che 63mila abbonati in meno siano tanti o pochi dipende dal punto di vista. Sono tanti, se si considera che il gruppo di Rupert Murdoch ambiva a raggiungere rapidamente quota 5 milioni, per veleggiare poi verso i 6 milioni nei prossimi 24 mesi. Sono relativamente pochi se si considerano le difficoltà dell’attuale contesto economico e si mette nel conto che negli ultimi 12 mesi Sky ha dovuto fronteggiare tanti problemi, alcuni prevedibili e fisiologici, altri meno.

L’aumento dei prezzi
Non ha fatto bene a Sky, ad esempio, che la Rai abbia cominciato a criptare molti dei programmi ricevibili usando il telecomando satellitare e che i canali di RaiSat abbiano abbandonato la piattaforma. Non ha inciso profondamente, ma una qualche influenza negativa deve avere finito per averla, anche la nascita di TivùSat, con dentro tutta l’offerta in chiaro del digitale terrestre e altre opzioni tematiche. Ha fatto sicuramente male a Sky, invece, l’innalzamento dell’Iva dal 12 al 20%, che l’ha spinta ad alzare i prezzi proprio nel momento di massima virulenza della crisi dell’economia e dei consumi. Dulcis in fundo, ha sicuramente pesato l’aggressività commerciale di Mediaset Premium. Prima di Natale, con Sky che non trovava spazi per fare pubblicità su Canale 5, Italia 1 e Rete 4, il marketing del Biscione ha spinto a tutta forza sulla propria offerta a pagamento potendo anche contare sul processo di avanzamento del digitale terrestre nel nostro Paese.

Prove di rilancio
Comunque sia, che il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto, gli uomini di Tom Mockridge hanno deciso bene di far partire subito una grande campagna di comunicazione per sostenere il rilancio delle sottoscrizioni. Sky può contare sin da ora sulla disponibilità di eventi come Wimbledon e, soprattutto, sulla copertura integrale e in Alta Definizione dei prossimi Mondiali di calcio in Sudafrica, mentre Mediaset dovrà giocare necessariamente sulla difensiva. Se Sky non riuscirà ad avvantaggiarsi sul diretto rivale nemmeno in questa fase, il management dovrà probabilmente porsi qualche interrogativo in più su alcuni degli aspetti fondanti dell’offerta di prodotto. Va bene la scelta distintiva di puntare sull’Alta Definizione e sulla fruizione più personalizzata garantita da MySky; va bene anche il posizionamento sulla fascia di utenza più abbiente, ma se al prossimo luglio i conti non torneranno ancora potrebbe valere la pena porsi alcune domande.

I nodi di Sky
La prima: è sensato pagare così “caro” il Calcio (più del doppio di quello pagato da Mediaset) ora che il Campionato italiano ha perso molti dei propri protagonisti e gli ascolti delle partite su Mediaset Premium non sono così distanti da quelli di Sky? Perché molti degli abbonati considerano ridimensionata e ripetitiva l’offerta di cinema e fiction? È un problema di sostanza (diritti, titoli giusti) o un problema di confezione dei canali dedicati ai film? Non è che l’offerta tematica – specie quella affidata ai content provider italiani, cui sono stati ritoccati al ribasso i minimi garantiti – è diventata troppo “seriale”, realizzata in maniera inevitabilmente sparagnina (pochi soldi vuol dire pochi talenti e poche idee) e, alla fine, poco interessante e attraente? Altre domande, infine, molto più delicate, varrebbe poi la pena di farsele anche sul piano “politico”.

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