Quel ramo del lago di Como

Quante parole a Cernobbio. Ma davvero è ancora il momento di parlare della tecnologia in funzione di volano?

10 luglio 2003 A Cernobbio si è tenuta la conferenza internazionale dell’e-government. Frequentatissima da autorità politiche, amministrative, economiche, disertata dai no-global. Pare, quindi, che la globalizzazione del byte sia gradita a tutti.
Eppure c’è qualcosa che non va.
A cominciare dalle parole espresse.
Vuote e al vento.
Nei contesti formali, oramai si va da un eccesso all’altro. Si va dagli epiteti sparati verso chi dissente dalle proprie posizioni alle soporifere dichiarazioni di intenti (ancora le dichiarazioni di intenti? Basta!).
Capita a Bruxelles di sentir pronunciare il titolo di un film di Gillo Pontecorvo, senza purtroppo che di quell’opera si debba parlare, così come capita, su un ramo del lago di Como, di udire circa “il ruolo strategico dell’innovazione e della tecnologia nei processi di gestione”, e che “la promozione e l’utilizzo di nuove tecnologie deve rappresentare per le istituzioni un impegno primario per diffondere una economia delle conoscenze, capace di potenziare lo scambio di nuove esperienze e la creazione di nuove progettualità”.
Con tutto il dovuto rispetto, non possiamo non rilevare che si va da un eccesso di scompostezza a un’ingessatura delle parole. Con il risultato che entrambe non producono nulla.
Il fatto che si debba ancora rimarcare la funzione di volano della tecnologia è rammaricante.
Lo stiamo dicendo e scrivendo da dieci anni. Tutti ne siamo consapevoli. Che bisogno c’è di farne una conferenza europea che si trasforma in un parolificio dalle cui sontuose stanze non esce nulla di concreto se non l’ennesima sottolineatura di una capacità, quella della tecnologia, di trasformazione unica al mondo?
Si, ci sono stati premi alla miglior implementazione, enunciazioni di progetti, confronti sui massimi sistemi di partecipazione democratica.
Ma ce ne fosse stato uno dei partecipanti, a quanto ci è stato riferito, che avesse spiegato come far, in tempi accettabili (non tre anni, il periodo annunciato dal Ministro Stanca, o dieci, quello più probabile) colloquiare via pc il cittadino 70enne di San Pio delle Camere, provincia dell’Aquila, con l’assessore ai servizi sociali. Perché questo è il punto.
E-government è e sarà quando l’ultimo cittadino il cui bagaglio tecnologico finora è stato quello del maniscalco, potrà, perché avrà capito che può e gli conviene farlo, innescare una relazione digitale con un amministratore della cosa pubblica. Punto.
Per capire l’e-gov si deve partire dal basso. E qui, invece, si rivestono di importanza sempre i soliti noti altolocati.
La colpa? Solo il ritardo. E la totale vacanza di “metalli umani”, come Beppe Viola descriveva gli attributi. Gli strumenti ci sono già, da anni. E si continua a parlare. Dovrebbe trattarsi di un preoccupato count-down, del tipo “contati 4 miliardi i cittadini da connettere, ne mancano 3 miliardi e rotti, ma ci stiamo impegnando”.
Invece si fa il contrario, gloriandosi della bellezza del portale di un tal Comune che dà gli indirizzi delle piscine aperte. E magari chiuse per guasto.

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