Home Digitale PTC, la convergenza fisico-digitale si realizza con un business model

PTC, la convergenza fisico-digitale si realizza con un business model

Per Jacopo Piccolo Brunelli, di Boston Consulting Group, oggi è facile parlare di digital transformation, più difficile farla, specie se non si ha un business model.
Prima di parlare di tecnologia, ha sostenuto Brunelli durante il PTC Executive Exchange tenutosi al Museo Alfa Romeo di Arese, l’azienda deve capire perché vuole (o deve) passare al digitale: fare processi migliori, essere rapida, creare nuovi spazi di valore (da fisico a servizio), avere un migliore rapporto con il cliente. Queste sono le cose che determinano il business model.

E cinque sono gli elementi critici per predisporre la digital foundation: strutture e processi, persone, sistemi e dati, ecosistema di partner, change management.

A testimoniarlo ci sono tre aziende italiane (Celli Group, Dallara Automobili e Mandelli Sistemi) che con PTC sono parte attiva nella trasformazione digitale, e testimoni di un processo di convergenza fra i mondi fisico e digitale, stimolate a farlo dal direttore editoriale della divisione Manufacturing di Tecniche Nuove, Alessandro Garnero.

Il sistema dei sistemi

Daniele Ceccarini è il direttore tecnico di Celli Group, azienda che si è internazionalizzata, ma che ha mantenuto la testa pensante in Italia. Ha inseguito e raggiunto la velocità operativa affrontando la digitalizzazione del suo intero mercato, lavorando sul valore dei dati di tutto il settore.
«Avevamo un vantaggio, l’oggetto fisico, sul campo, su cui costruire servizi e valore. Abbiamo generato report e Kpi per i nostri clienti – ha detto Ceccarini -. Abbiamo usato il software di PTC Thingworx per fare errori, farli velocemente, in ambiente protetto, e intraprendere così la strada giusta. Abbiamo creato il sistema dei sistemi, collegando altri sistemi come Erp e varie fonti di dati. In modo analitico, per predire eventi. Abbiamo imparato a trovare formazioni per garantire la qualità del prodotto» (la bevanda, ndr.). Che è un passo verso la fornitura della macchina as a Service: il nuovo business model.
Thingworx è stato il motore di tutta questa gestione dati, che provengono anche dai consumatori finali (informazioni di sentiment).

Fail fast, fail cheap, find your way

Per Andrea Pontremoli, CEO di Dallara Automobili, nel Made in Italy è in atto la trasformazione del concetto di azienda.
Non è più sufficiente essere competitivi come azienda singola. Bisogna esserlo come territorio, distretto. Il vero Made in Italy lo si fa se si riesce a lavorare insieme.

La trasformazione digitale che apre un nuovo modello di business in Dallara è esemplificata dalla Dallara Stradale, «un sogno dell’ingegner Dallara, da sempre, sin dai tempi della Lamborghini Miura. Il progetto è partito in Dallara sette volte, ma per sei volte è stato scavalcato da altre produzioni. Allora abbiamo fatto una startup in casa, con un altro capannone, venti ingegneri, cinque meccanici, che compravamo servizi dalla casa madre e hanno realizzato la vettura, da corsa e messa su strada».

«Questo è lo show case di quello che sappiamo fare – ha proseguito Pontremoli -. Abbiamo usato la fibra di carbonio, con tutte le tecnologie afferenti, come l’additive».
Anche in Dallara l’Innovazione nasce dall’errore: «se non puoi sbagliare sei conservativo», ha detto Pontremoli.

Il digitale consente di sbagliare a basso costo.
«Il simulatore virtuale che abbiamo creato fa guidare una macchina che non esiste, in digitale. E usa anche i modelli matematici dei partner. Pirelli, per esempio ci ha dato i dati della gomma con una chiavetta Usb. E ha sviluppato una gomma solo per noi, con mescola e rigidezze, che esalta le performance della nostra macchina. Questa è la customizzazione del prodotto.
Ma se non si lavora insieme questo non è possibile. I modelli matematici della nuova macchina indicar sono gli stessi dei videogiochi. Praticamente io vendo modelli matematici a motorsport e gaming». Ecco il nuovo modello di business.

Voglia di competenze

Dallara usa CAD e PLM di PTC da sempre. «Partner storici, ma ora sono a un livello superiore. Per ecosistema anche i nostri fornitori devono usare il CAD. E servono competenze Abbiamo creato una scuola, un sistema formativo: 20 persone formate con corsi Cad otto anni fa. Oggi ne formiamo 300 anno, che vanno da tutti, non solo da noi».

E con il Progetto Muner, il produttore automotive ha creato sei corsi di laurea approvati dal Miur, con le università di Emilia Romagna.
Non ci guadagnano, ma è il paradigma di come si lavora assieme nel mondo digitale».

«La tecnologia per fare quello che vogliamo c’è sicuramente – ha chiosato Pontremoli – questo è il salto mentale da fare. Lasciamo ai tecnologi trovarla, intanto portiamo avanti il modello di business su cui crediamo».

Saverio Gellini, CEO di Mandelli Sistemi punta su capacità sartoriale, durata, anticipatività, e anche fattore wow, se vogliamo una novità per il settore delle macchine utensili.

Mandelli innanzitutto ha creato uno strumento predittivo per il monitoraggio delle macchine, per la gestione integrale della produzione, flessibile. E poi è passata alla augmented reality.
«Mettere la realtà aumentata in progettazione è stato come passare dal 2D a 3D. La macchina come servizio è il futuro: connessione remota per capire e anticipare cosa succede e intervenire con la manutenzione preventivamente dove serve. Come i jet che sono venduti a ore di volo.

L’innovazione nella macchina utensile passa per l’additive manufacturing e per ottimizzazione di tutto quello che è già disponibile».

A fronte di queste testimonianze, Stefano Rinaldi, senior vp di PTC si è detto «orgoglioso nel supportare le aziende italiane a innovare. Il 2017 ha segnato una crescita importante per noi, che abbiamo iniziato una nostra trasformazione interna. Abbiamo acquisitotecnologie, ampliata presenza nell’industrial IoT, facciamo convergere digitale, da cui veniamo, con il mondo fisico. E sviluppiamo così il digital twin».

Per Rinaldi la capacità sensoriale visiva oggi è un fattore vincente: ecco perchè la realtà aumentata (quella di TC si chiama Vuforia e dispone di 53 milioni di app), fa ricavare casi d’uso con maggiore semplicità.

In sintesi, Rinaldi ha sottoolineato che per trasformarsi digitalmente non bisogna pensare a un business plan, ma a un business model.

«Noi abbiamo Iniziato 25 anni fa entrando nell’ufficio tecnico con una tecnologia disruptive. Oggi la apriamo con i nostri partner, simuliamo la fabbrica. Le aziende italiane ne stanno approfittando, ma chiedono di capire. Noi hli spieghiamo come, assieme ai nostri partner».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome

Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato sulle novità tecnologiche
css.php