Prospettive nel mercato storage Tra San e Nas, diritto di scelta

Il futuro punta verso l’architettura di rete Fibre channel ma il presente sembra invitare alla cautela sia per i costi ancora elevati sia per le incertezze dovute all’interoperabilità e alla scarse competenze

Il volume delle informazioni immagazzinate nei database delle imprese è in costante e rapido aumento. Questo comporta colli di bottiglia che rallentano il traffico sulle reti locali aziendali e l’amministrazione dei volumi di dati sono più complessi e costosi.
La nuova architettura San (Storage Area Network), sta tentando di imporsi come soluzione a questa problematica. L’obiettivo è semplice: partendo dalla messa punto di una rete dedicata allo storage, una San separa il traffico dei dati da quello legato alle operazioni di salvaguardia. Questa modalità solleva la rete locale dal compito di effettuare trasferimenti tra i server di applicazioni e i server di dati.
Tecnicamente le San riuniscono risorse di storage primarie (bay dei dischi) e secondarie (vere e proprie librerie di nastri) e le collegano a una rete in fibra ottica (Fibre Channel), con una velocità di 100 Mb/s, che dovrebbe raggiungere 1 Gb nel giro di pochi anni.
Tutti i grandi attori del mercato storage (Ibm, Sun, Hewlett-Packard, Compaq, Emc e StorageTek) hanno moltiplicato gli annunci delle soluzioni legate alle San. Il mercato si annuncia promettente: secondo uno studio di McArthur Stroud International, il giro d’affari toccherà 82 milioni di euro nel 2004. Una certa prudenza, tuttavia, sembra ragionevole. Nonostante la tecnologia San sia molto in voga, non sempre è in grado di rispondere a determinate problematiche delle aziende.
La necessità di una San nasce nelle aziende che hanno il desiderio di consolidare le proprie risorse di storage su disco. Ogni architettura risponde a precisi bisogni e quindi le San non devono essere installate a qualsiasi costo. Si può così far coabitare San, Nas (Network attached storage), architetture di attacco diretto e così via. Da qui nasce l’importanza della fase decisionale nella messa in opera del progetto di storage delle reti. Concepito per le Lan, il Nas è un server di dati dedicati e può rappresentare un’alternativa a buon mercato per la salvaguardia e il ripristino.
Da un’inchiesta realizzata su 240 aziende europee, è emerso che solo il 20% di queste è soddisfatto della propria architettura storage. Questo dipende da problemi di performance, di disponibilità delle applicazioni e di riduzione delle finestre di backup.
Sebbene l’approccio San sia interessante, il numero di reti San implementate è ancora limitato. Un freno è rappresentato dalla messa in opera: da sei mesi per la semplice salvaguardia e ristrutturazione dei dati a più di un anno per un progetto di consolidamento dello storage. Le San, essendo una combinazione di più elementi tecnologici (legati al mondo delle reti, dello storage e dei sistemi di gestione), si basano su un’architettura complessa e la loro implementazione richiede competenze puntuali e multiple.
Occorre apprendere la topologia delle reti (Fibre Channel), le dotazioni di interconnessione di rete (commutatori e router), gli elementi di storage propriamente detti e, infine, la parte software di amministrazione della rete.
La messa in opera si basa sull’esperienza di un architetto di progetto storage all’interno di una società di servizi o di un integratore a valore aggiunto. Nella fasi iniziali, il suo ruolo è nell’indirizzare l’impresa verso la scelta dell’architettura più adatta: Nas, San o collegamento diretto.
Una Pmi, ad esempio, che intende ottimizzare una soluzione di backup e di recovery di piccoli database potrà contare sulla messa a punto di un Nas da parte di un integratore specializzato. Il mercato delle San, paradossalmente, sembra indirettamente rilanciare quello delle Nas.
Attirati dal successo della società Network Appliance, costruttori di forte tradizione hardware, come Compaq, allettano il mercato con nuove proposte, ma seppure queste architetture di storage siano state più volte promesse, esistono ancora ostacoli che ne rallentano la diffusione.
Le competenze sulle San, come accennato, sono ancora rare ed è difficile trovare Var o società di servizi realmente specializzati nella loro messa in opera. Inoltre, le promesse di interoperabilità che hanno fatto i costruttori non si sono ancora concretizzate e l’integrazione e l’implementazione di storage di rete dedicato ha un prezzo di entrata ancora elevato.
Il potenziale ritorno degli investimenti fatti sulle San potrà, tuttavia, rapidamente bilanciare la spesa. Grazie a una tecnologia di virtualizzazione dello storage e di allocazione dinamica delle risorse, l’architettura San potrà permettere alle imprese, più o meno a lungo termine, di ridurre i costi di amministrazione.
Quale conseguenza diretta dell’esplosione dei volumi di informazione nell’impresa, archiviazione e gestione dei dati sono sempre più legate a questioni di sopravvivenza. Invece di essere attribuite una volta per tutte a un server o a un’applicazione, il futuro delle risorse di storage è indubbiamente quello di essere condivise: può essere il caso di un server di storage in rete di tipo Nas, di una rete locale o, in presenza di una rete di storage San, di una struttura di trasporto in fibra ottica dedicata.
Al di là di questi punti comuni, Nas e San adempiono a compiti differenti. Il server Nas è connesso alla Lan e offre una buona interoperabilità hardware anche se non sempre scontata. Per la configurazione iniziale è necessario conoscere a fondo il Tcp/Ip al fine di regolare la modalità d’indirizzo, sia fisso che dinamico.
Grazie a queste caratteristiche i Nas soddisfano necessità di storage, con accessi frequenti a file di modeste dimensioni. Le San servono invece sia a salvaguardare i dati di applicazioni critiche sia a consolidare risorse multiple .
Le caratteristiche dell’una e dell’altra sono peraltro largamente evolute in funzione di questi due tipi d’impiego.
Il criterio di scelta non è più il volume di dati (Nas e San possono agevolmente superare il terabyte), ma i differenti metodi di uso dello storage che si vogliono adottare.
Un server di storage in rete offre uno spazio fisico dove depositare file. Il suo comportamento e la sua amministrazione, sono molto prossimi a quelli degli hard disk Scsi di un server di applicazioni.
La gestione di un server di storage, infatti, necessita di poche modifiche dell’infrastruttura esistente e tutti i server applicativi lo vedono come un volume di dati. La San invece è stata concepita per offrire una grande flessibilità nello storage di grossi volumi di dati in evoluzione constante. La sua rete dedicata Fibre Channel permette “transfer rate” di gran lunga più elevati di quelli possibili su Lan.
In secondo luogo, la San assicura la riallocazione dinamica dello spazio assegnato a un’applicazione in funzione del suo volume di dati, offrendo una visione logica delle risorse. Per un’azienda, la scelta tra Nas e San dipende dalle esigenze e dai mezzi disponibili. Però questa scelta non è rigida e i gateway tra Nas e San si stanno moltiplicando.
Gli esperti prevedono che l’evoluzione verso le San sarà lento, perché un significativo numero d’imprese non ha un volume di dati tale da giustificare il passaggio a una nuova architettura. La San è dunque una tecnologia molto interessante sulla carta, ma non sempre la scelta dello strumento più avanzato è il criterio più adatto a rispondere alle necessità di un’azienda.
Nelle San il numero di attori è proporzionale a quello degli elementi connessi, tutto ciò a scapito dell’interoperabilità. Consapevoli della posta in palio e desiderosi di rassicurare la clientela, i costruttori tentano di stabilire elenchi di compatibilità nei laboratori dove svolgono i loro test. Le frizioni nascono soprattutto quando si tratta di operare delle connessioni San: l’Hba (Hub Bus Adapter) sui server, i commutatori, i controller sulle bay o sui robot delle macchine e, a volte, perfino il Bios. I sistemi eterogenei non si adattano a tutte le piattaforme. Risultato: è impossibile sviluppare un’amministrazione globale.
Certi costruttori rifiutano tutte le informazioni che danno accesso ai loro bay. Ma se i dispositivi non possono comunicare, non c’è “San” che tenga. Il mercato sta già spingendo in questo senso e le iniziative si moltiplicano.
La Snia (Storage Networking Industry Association) finalizza l’Ndmp (Network Data Management Protocol), un protocollo che mira a stabilire un dialogo diretto (serverless) tra i database e le biblioteche di banda destinate al backup.
Tivoli ha creato il marchio “Tivoli Ready” per garantire la compatibilità degli equipaggiamenti con le sue utility di amministrazione. Sun ha dato vita a Jiro, una tecnologia aperta basata su Java. Allo stesso modo di Fibre Channel, Jiro propone di incapsulare i protocolli di amministrazione. Attori come Legato, StorageTek o Veritas danno sostegno a Jiro.
Compaq, Emc, Ibm e StorageTek, propongono soluzioni San, più o meno proprietarie, da due anni, ma le soluzioni aperte e integrate all’ambiente informatico eterogeneo sono molto più recenti. Questo gruppo di costruttori hanno fatto i maggiori sforzi, in termini di investimenti, in centri di interoperabilità. Lanciata nel 1998, l’architettura Ensa (Enterprise Network Storage Architetture) di Compaq permette la gestione di un sistema di storage eterogeneo all’interno dell’impresa. Questa si basa su un’interfaccia utente Web e su un hardware di input che fornisce un punto d’accesso centralizzato per la gestione e il controllo delle componenti San. L’hardware di supervisione si collega direttamente alla struttura della rete Fibre Channel ed effettua la supervisione senza utilizzare le risorse del computer host.
Pioniere dello storage in rete, Ibm ha debuttato negli anni 90 con una sua rete in fibra ottica, denominata Escon, che per molto tempo è rimasta limitata alla piattaforma S/390. Con la sua gamma SmartPaks, Big Blue propone delle soluzioni complete e aperte che integrano hardware, software, commutatori e servizi. La società ha inoltre stipulato un importante accordo Oem con Compaq. Risultato: Compaq sta arricchendo la sua offerta San con i server di storage Shark di Ibm e software di amministrazione di sistema Tivoli. Come contropartita, Ibm sta sviluppando l’offerta con il sistema Modular Array Storage Works di Compaq e con la tecnologia di virtualizzazione Versator.
Sun varcata la soglia del mercato Solaris si è agganciata agli ambienti Aix, Hp-Ux, Windows Nt e Linux. Questa strategia ha condotto il costruttore a rivedere la sua offerta Raid di fascia alta con le sue nuove bay di disco StorEdge T3 e prevede di ottimizzare la sua console d’amministrazione con Data Management Center, nuova directory centralizzata dello spazio storage capace di gestire le basi Raid di origine diversa.

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