Prospettive cinesi in ambito in ambito Tlc (e software)

Potenzialmente il terreno c’è, ma le difficoltà non sono poche. Ce ne parla Giorgio Magistrelli, executive general manager della European Union Chamber of commerce

Gennaio 2006, A quattro anni di distanza dall’adesione di Pechino all’Organizzazione
mondiale del commercio (Omc), cresce l’interazione fra le ditte
europee del settore Telecomunicazioni e Information technology e le controparti
cinesi. In Cina attualmente si contano già 333 milioni di utenti
di linee di comunicazioni fisse, 358 milioni di utenti di reti mobili
e 100 milioni di abbonati Internet. Tutte cifre destinate a crescere sull’onda
del boom cinese. A prima vista si tratta di un mercato estremamente allettante
che riserva, però, ancora difficoltà. Benché l’adesione
all’Omc abbia consentito a operatori stranieri di formare joint
venture con partner cinesi e diverse restrizioni geografiche siano state
eliminate, di fatto le aziende europee faticano ancora a entrare nel mercato
e a confrontarsi con i concorrenti cinesi.
I problemi variano dalla difficoltà nel reperire un partner cinese
a procedure burocratiche ancora estremamente complesse e dalla frequente
interferenza di organi governativi. Di conseguenza, a oggi, non è
stata ancora costituita nessuna joint venture nei servizi delle telecomunicazioni
di base.

A livello di standard, permane il problema che gli operatori stranieri
sono autorizzati a partecipare agli organismi di standard cinesi solamente
in veste di osservatori, benché alle controparti cinesi sia riconosciuto
il diritto di voto negli organismi internazionali equivalenti. Questa
mancanza di reciprocità limita notevolmente il margine d’azione
e d’influenza che gli stranieri possono esercitare nei confronti
dei legislatori cinesi.
A questo si aggiunga che la Cina continua a imporre "standard con
caratteristiche cinesi", che di fatto rappresentano una barriera
non commerciale nei confronti degli operatori esteri.

Solo software "domestico"
Ostacoli simili sono posti in materia di software, dove la normativa recente
impone che le agenzie governative possano acquistare software esclusivamente
da produttori domestici. E perché un prodotto rientri nella categoria
"domestico", è necessario che più della metà
del costo di produzione, così come la registrazione e il copy-
right, abbiano avuto luogo in Cina. Requisiti, questi, che risultano particolarmente
difficili da acquisire per un attore economico straniero.
Per quanto vi siano alcune problematiche, le autorità cinesi sono
intenzionate a liberalizzare gradualmente il settore.

Indicativo il fatto che, in questo, abbiano più volte chiesto assistenza
ai Gruppi di lavoro della Camera di commercio europea
in Cina (www.euccc.com.cn)
e guardino con attenzione agli sviluppi del settore in Europa, assistenza
offerta grazie sia alla crescente propensione al dialogo delle autorità
cinesi quanto alla strategia della Camera europea in Cina, che cerca sempre
opportunità di confronto, piuttosto che ragioni di scontro.

Per quanto il mondo delle telecomunicazioni cinesi si stia aprendo alle
controparti straniere più a fatica di quanto non avvenga in altri
settori, sono le stesse autorità di Pechino a rendersi conto che,
nel medio periodo, una chiusura verso l’esterno risulterebbe nociva
per la crescita cinese stessa. La mancanza di concorrenza da un lato e
l’inevitabile limitazione negli investimenti stranieri, infatti,
comprometterebbero inevitabilmente uno sviluppo sano e maturo del settore,
limitandone notevolmente anche la crescita qualitativa.

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