Update: Privacy: se l’antiterrorismo la mette a rischio

Nota di aggiornamento: In mattinata il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha chiesto e ottenuto che il passaggio critico del decreto legge fosse stralciato dalla discussione odierna. Date la delicatezza e la criticità dell’argomento, la quesitone verrà analizzata più compiutamente nel quadro del provvedimento già all’esame della Commissione.

Privacy e antiterrorismo: quella di oggi potrebbe essere una giornata cruciale per i cittadini italiani.
In aula arriva infatti in discussione il decreto antiterrorismo.
Con la prima approvazione del 18 febbraio scorso, nel provvedimento si fa esplicito riferimento alla “agevolazione delle attività delle forze di polizia nella raccolta e nel trattamento dei dati personali al fine di prevenire fenomeni di terrorismo e reati contro la sicurezza pubblica”, agevolazione che, a colpi di emendamenti, ha finito per cambiare abbastanza significativamente il quadro di riferimento del decreto.
Così, in queste settimane, mano a mano che se ne definivano gli esatti confini, molti dubbi ed inquietudini sono sorti in primis nel Garante della Privacy Antonello Soro e successivamente in più di un parlamentare.

Antonello SoroIn particolare, Soro aveva già sottolineato nei giorni scorsi come il prolungamento a due anni dei termini di conservazione dei dati di traffico in rete e delle chiamate senza risposta non risponda a quanto indicato dalla Corte di giustizia europea, che punta al principio di stretta proporzionalità tra privacy e sicurezza: non può non esserci differenziazione in termini di tipologia di reato, tipologia di dato, tipologia di strumenti di comunicazione utilizzati.
Non solo.
Gli emendamenti introdotti arrivano ad ammettere le intercettazioni preventive nei confronti di sospettati di reati genericamente commessi on-line o utilizzando strumenti informatici, dunque non soltanto di matrice terroristica.
Nello specifico, l’articolo 266-bis, comma 1 del codice di procedura penale verrebbe modificato introducendo dunque la possibilità di spiare nei pc dei cittadini sospettai di qualunque reato.
Stefano QuintarelliUna possibilità che fa insorgere forte inquietudine in Stefano Quintarelli, deputato di Scelta Civica, che intervistato da Repubblica sottolinea che in base al decreto si autorizzerebbero le “remote computer searches” e “l’utilizzo di software occulti da parte dello Stato”, vale a dire Trojan o Sniffer, “per indagare tutti i reati commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche”, acquisendo di conseguenza “tutte le comunicazioni fatte in digitale dal proprio computer”.
Ed è in ragione di queste perplessità che lo stesso Quintarelli ha presentato due proposte di modifica che puntano da un lato all’abrogazione del comma dall’altro all’introduzione della specifica che ai soli reati di terrorismo debba limitarsi.

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