Positivo al nandrolone

Gli Usa dovrebbero riprendere in mano il ritmo dell’innovazione tecnologica, dice Sam Palmisano. Ma con una competitività reale, che faccia dimenticare il doping amministrativo di un paio di anni fa e consenta di rispondere alla competizione in arrivo dall’Asia

6 novembre 2003 Saadi Al Gheddafi è uno dei tanti figli del
conosciuto leader libico in auge ormai da un trentennio.
Grande patrimonio
dietro alle spalle, grande cultura da conducador in famiglia (si parla di pane e
affari di stato), grande passione per il calcio. La scorsa estate,
un’illuminazione, un flash: vuole giocare a calcio nel campionato più bello del
mondo.
Fatto.
Nel senso che trova chi dà soddisfazione ai propri
desiderata.
Una persona che, per tratti comportamentali, ricorda un po’
anche papa’: Luciano Gaucci, presidente del Perugia. Di posto in squadra non se
ne parla, ma di usi e (cattivi) costumi del calcio moderno si. Fatto sta che lo
trovano positivo al nandrolone.
Doping. “Ma come – si chiede l’ignaro- se
nemmeno gioca?”
Il fatto è che vige un po’ dappertutto una strisciante
mancanza di controllo, che è il paradosso dei paradossi della moderna società,
nella quale dovrebbe vigere l’informazione, nel senso di fare la differenza con
una realtà meno sviluppata.
Eppure, spesso, ci si accorge che la destra non
sa che cosa fa la sinistra.
La barca, insomma, sembra andare avanti da sé.

Prendete Samuel Palmisano, per i tycoon americani, Sam. E’ a capo di Ibm da
qualche annetto, avendo rilevato sedia e scrivania da Louis Gerstner, per gli
stessi tycoon, Lou.
Sam e Lou, stesso destino? Il secondo arrivò ad Armonk,
sede della società It che è sempre stata la luce guida dell’innovazione
statunitense, con lo spirito del rifondatore.
E rifondò.
Mise mano a
bilanci e strategie e disse “questo si, questo no, e possibile che non ve ne
siate accorti prima?”.
Sam, recentemente, se ne è uscito dicendo che così
non va e che gli Usa dovrebbero riprendere in mano il ritmo dell’innovazione
tecnologica.
“Ma come – dice sempre l’ignaro di prima – non ce l’hanno già
in mano?”
No, sostiene Sam, o quantomeno non come dovrebbe.
Le
informazioni in suo possesso dicono che nei prossimi due anni, nel mondo, si
creeranno 13 milioni di posti di lavoro nell’alta tecnologia, buona parte dei
quali in paesi come la Cina e la Corea del Sud.
Dice anche che se l’economia
Usa non si affretta a riprendere in mano il pallino del gioco, saranno dolori,
giacché gli investitori, una volta capito il vento dell’innovazione, porteranno
i loro soldi là dove questa c’è, perché pecunia non olet.
Gli altri Paesi,
secondo Sam, stanno diventando competitivi sotto tutti i profili: salari,
education, ruoli lavorativi e infrastrutture. Gli americani no. Palmisano,
insomma, mette in guardia. Anche perché un paio di casi di “doping
amministrativo” (Enron e Worldcom) gli Usa ce li hanno già avuti.
E, nel
caso si accorgessero di non riuscire a recuperare il divario della competitività
con gli emergenti, potrebbero cadere nella spirale del nandrolone. E allora
scatterebbe la squalifica, che puzza di definitiva. O di guerra.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome