Pmi ed ebusiness: meglio il web marketing dell’ecommerce

Le rilevazione dell’osservatorio eBit. Soprattutto fra le Pmi conoscenza frammentata e poco approfondita della rete

E-business? Sì, ma, forse…Potrebbe essere questo il succo del primo Osservatorio sull’e-business nelle imprese italiane, indagine commissionata all’Istituto di ricerche Sinaptica da eBit Marketing and Retail Innovation, società di management milanese nata per iniziativa di Gianluca Borsotti, Paolo Santini e Andrea Agostini. Tutti e tre quarantenni o giù di lì, ciascuno proveniente da esperienze manageriali in aziende multinazionali.
La ricerca, effettuata su un campione di 120 tra top manager e imprenditori di primarie aziende italiane, rileva in modo lampante come le aziende italiane, soprattutto le medie e le piccole, abbiano una conoscenza molto frammentata e poco approfondita degli strumenti di ebusiness. Peccato, perché non conoscono i benefici che possono portare.

“Soprattutto per quel che riguarda la conquista di nuovi mercati, e l’adozione di nuove modalità di comunicazione coi propri clienti – precisa Gianluca Borsotti –. E la possibilità di ottimizzare la gestione e i costi connessi allo svolgimento delle attività”. Vecchio vizio delle Pmi italiane, quello di considerare il business su Internet principalmente “avere un sito aziendale”, come dichiara il 98% delle aziende intervistate.

Non manca però chi adotta qualcosa di tutto il resto che Borsotti inserisce nella categoria “strumenti per l’ebusiness”: intranet, extranet, Crm, newsletter, web marketing, e-commerce, acquisti online, web 2.0, ma anche altri media inclusi sms, siti mobili, radio digitale. Tra queste, la parte del leone la fanno il web marketing (51%) e l’invio di newsletter (59%) per comunicare prodotti e servizi. Meno della metà (45%) utilizza il Crm, comunque ritenuto molto importante, e poco più di un terzo l’extranet (38%), evidentemente utilizzati per la gestione dei rapporti coi clienti.

Male, ma non è una novità, ecommerce e acquisti on-line utilizzati rispettivamente dal 28% e dal 31%. A quanto pare, a tutti o quasi gli intervistati non è chiara l’esistenza in vita della gamma di strumenti elencati sopra e delle loro caratteristiche. Tra i carneadi più gettonati gli strumenti del web 2.0, adottati dal 27%. Il riferimento è a blog, forum, reti sociali, e altro ancora. Solo il 16% usa gli sms; un dato un po’ a sorpresa, visto l’uso intensivo che tutti se ne fa fuori dall’ambiente di lavoro.

Non ci si può meravigliare, dunque, se, come sottolinea Borsotti, tra le motivazioni che frenano gli investimenti in ebusiness da parte delle imprese, ci sia al primo posto la mancanza di competenze interne (30%), ma anche di interlocutori esterni adeguati (14%). Tutto questo si traduce in investimenti  molto bassi, pari a meno dell’1% del fatturato aziendale.

Un numero per tutti: l’investimento annuo si aggira in media sui 38 mila euro per le aziende con un fatturato di 50 milioni di euro: “Una cifra che non consente di fare molti voli pindarici, ci si paga a malapena lo sviluppo”. Già, ma chi li usa quali vantaggi pensa di ricavarne? In prima fila c’è la soddisfazione del cliente (21%), l’aumento del fatturato (16%) e la riduzione dei costi (12%), indi il contributo allo sviluppo di nuovi prodotti (9%), infine la possibilità di internazionalizzazione (5%). Come spesso succede in questi rilevamenti, la schiacciante maggioranza riconosce l’importanza dell’innovazione tecnologica, però quando si tratta di metter mano al portafoglio, solo il 25% pensa di aumentare la spesa per l’ebusiness (nei prossimi anni..) sicuro che questo comporterà un impatto positivo sui risultati aziendali (46%).

I budget in questione saranno investiti soprattutto in ecommerce (67%), e in Crm (56%). La ricerca aggiorna la vecchia dicotomia tra apocalittici e integrati, oggi più semplicemente obbligati e illuminati. I primi sono quelli che adottano la tecnologia senza molta convinzione (“bisogna esserci..”), i secondi adottano, apprezzano, e si dicono soddisfatti dei risultati.

Infine, l’Osservatorio rileva l’insoddisfazione per il servizi offerti dai fornitori di soluzioni di ebusiness : solo il 37% delle aziende si dichiara “molto o abbastanza soddisfatto” dei servizi prestati dalle web agency, il 26% per le società di consulenza, addirittura il 15% per le agenzie di pubblicità. I motivi? La mancanza di un contributo alla sviluppo della strategia aziendale, la scarsa capacità propositiva , l’insufficiente assistenza dopo il lancio, la poca creatività delle soluzioni. Dati che, a detta di Borsotti, confermerebbero l’obsolescenza dei modelli di consulenza classici, basati su molte chart e poca concretezza. Insomma, si ripropone la vecchia questione tra il dire e il fare.

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