Play 2.0 racconta il mondo dei giochi online

Un libro analizza la realtà dei giochi sul Web. Che hanno tracciato la strada al Web 2.0

Si scrive Play 2.0 ma si può leggere anche Web 2.0. Perché “Play 2.0” il libro di Jaime D’Alessandro (Bur, 237 pagg., 13 euro), giornalista di Repubblica e profondo conoscitore del mondo dei videogame, ha il pregio di assegnare a quelli che in molti chiamano ancora con un po’ di disprezzo “giochini” un ruolo di
avanguardia per quanto riguarda la concezione del Web. Molto prima che si
iniziasse a parlare della seconda versione di Internet il gioco on line aveva
già decretato la centralità del Web e la collaborazione e fra gli utenti come
momento fondamentale dell’esperienza in rete. Così, mentre l’industria si
concentrava sui software per la produttività personale dimenticando la parte
collaborativa, milioni di persone intrecciavano relazioni in
rete
costruendo mondi alternativi che utilizzavano tecnologie
probabilmente utili anche nelle aziende. Mondi dove tutti partono allo stesso
livello, senza parentele o eredità che assegnano posizioni privilegiate di
partenza, e che, azzardando un legame con la filosofia, potrebbero fare la
felicità di quanti hanno visto nel Contratto sociale di Rousseau e nelle
successive analisi dei neocontrattualisti un ideale modello di
società
.




Per questo non è necessario essere
appassionati giocatori di World of Warcraft
per leggere il libro di D’Alessandro che ha le sue pagine migliori proprio nella descrizione delle ore (millequattrocento ore in due anni solo per Dark age of Camelot) che l’autore ha speso davanti al monitor nei videogame on line sparsi per la rete.

Ore in cui ha combattuto con il suo
clan, organizzato un piccolo business commerciando in metalli
, assistito a una cerimonia nuziale in e chiacchierato per due ore “sulle tagliatelle fatte in casa e i modi migliori per fare sciogliere la cipolla nel sugo di pomodoro con una cuoca di Varese di cinquant’anni. Seduti sul prato, io con il mio elfo arciere, lei con la sua druida”.



Tutto questo D’Alessandro lo racconta con tono distaccato, senza l’enfasi classica che accompagna il racconto di ciò che succede in rete che è sempre “rivoluzionario”. E’
vero, il gioco on line per quanto riguarda il business
non ha ancora sfondato
ma all’autore questo aspetto non interessa più di tanto. A lui piace fare parte di questa minoranza anche se a volte si trova un po’ a disagio. Succede quando “dimentico il voto del silenzio sulla mia vita digitale”. Per un quarto d’ora gli altri lo
ascoltano e lo guardano con stupore. “Le discussioni accese attorno al
tavolo si placano e tutti mi guardano e fanno domande”
. Però passa in
fretta. Con il vantaggio che se la serata si fa noiosa c’è qualche altro mondo
dove cercare un po’ di svago.

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