Pirateria, l’Italia rischia grosso

Il fenomeno, ancora ampiamente diffuso in casa nostra, potrebbe costarci l’inclusione nell’Elenco Speciale 301, la lista stilata dal Governo Usa che raccoglie tutti i Paesi che non proteggono adeguatamente la proprietà intellettuale

L’Italia non tutela la proprietà intellettuale,
almeno non abbastanza. È il giudizio ricorrente di numerose associazioni di
difesa del copyright – raggruppate dall’International Intellectual Property
Alliance – che, non a caso, hanno suggerito l’inserimento del nostro Paese
nell’Elenco Speciale 301, la lista stilata dal Governo statunitense che
raccoglie tutti i Paesi che non proteggono adeguatamente la proprietà
intellettuale. Il problema è che tale inserimento potrebbe comportare l’adozione
di tutte quelle misure – comprese gravi sanzioni commerciali – necessarie a
costringere i Paesi ‘pirata’ ad adeguarsi agli standard internazionali.
A
quanto pare, all’Italia non è bastato il promulgamento della legge antipirateria
n°248 del 2000 per arginare i fenomeni di pirateria e adeguarsi agli standard
previsti dagli accordi TRIPs (Trade-Related Intellectual Property Rights) decisi
dal Wto, l’organizzazione mondiale del commercio. Come in Cina, Costa Rica,
Taiwan, Uruguay e Corea, anche nel nostro Paese stenta ad affermarsi una cultura
che garantisca adeguata protezione alla proprietà intellettuale, e ora, anche al
commercio digitale, che come obiettivo principale ha quello di combattere lo
scambio illegale di software attraverso Internet.

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