Home Mercato Perdita dati: in Italia costa quasi 2 milioni di dollari ad azienda

Perdita dati: in Italia costa quasi 2 milioni di dollari ad azienda

Nel quadro della moderna protezione dati, tre sono le sfide che le aziende sono chiamate ad affrontare: la perdita dati o l’interruzione non pianificata dei sistemi, sia per cause esterne che interne; la protezione di ambienti It in cloud pubblici; la richiesta in continua evoluzione in termini di capacità e performance.

È quanto emerge nell’EMC Global Data Protection Index 2016, aggiornamento commissionato da EMC a Vanson Bourne per offrire alle aziende uno strumento utile per affrontare lo scenario in rapida evoluzione relativo alle minacce che riguardano i dati aziendali.

Condotto intervistato 2.200 decision maker It operanti in aziende di medie e grandi dimensioni in 18 Paesi nel mondo, ne è emerso un quadro secondo cui, pur riducendo i rischi nelle aree più tradizionali legate alla perdita dati, vale a dire guasto hardware, guasto software, interruzione di corrente e dati corrotti, le organizzazioni risultano del tutto impreparate ad affrontare le nuove minacce emergenti.

Rispetto alla precedente edizione dell’EMC Global Data Protection Index, realizzata nel 2014, sono, infatti, il 13 per cento in più le aziende che dichiarano di aver subito una perdita dati o una interruzione del business nell’ultimo anno di attività.

Circa un quarto delle aziende intervistate ha sperimentato la perdita dati o l’interruzione non pianificata dei propri sistemi a causa di una violazione della sicurezza proveniente dall’esterno, un dato che sale addirittura a quota 36 per cento se si prendono in esame le violazioni che provengono dall’interno, mentre altri rischi riguardano backup e protezione dati.

Come se non bastasse, in un quadro in cui più del 50 per cento degli intervistati dichiara di avere in cloud pubblici la propria soluzione di posta elettronica e una media del 30 per cento il proprio ambiente It in cloud di questo tipo, oltre l’80 per cento del campione ha dichiarato che nei prossimi due anni una buona parte delle otto principali applicazioni ritenute critiche risiederanno in cloud pubblici.
Il riferimento è a email, Crm, Erp, data warehousing, customer support systems, Cms, Bi, applicazioni di produttività e archiviazione anche se, meno della metà degli intervistati dichiara di proteggere questi dati contro il deterioramento e meno della metà contro la loro cancellazione accidentale.

In aggiunta a tutto ciò, secondo quanto emerso dall’EMC Global Data Protection Index 2016, oltre il 70 per cento dei rispondenti non si mostra fiduciosa rispetto alla possibilità di recuperare completamente i propri dati in caso di attacchi o improvvisi downtime.
La sfiducia, come se non bastasse, riguarda anche i datacenter, con il 73 per cento del campione in dubbio se i propri siano in grado di tenere il passo con la richiesta continua di maggiori performance e di nuove funzionalità di memoria flash.

Protezione dei dati: i risultati in Italia

La ricerca, condotta tra marzo e aprile 2016 intervistando i responsabili It di organizzazioni pubbliche e private con almeno 250 dipendenti, ha coinvolto anche cento rispondenti dall’Italia evidenziando un trend peggiore rispetto altrove.

Da noi, infatti, negli ultimi dodici mesi, ogni azienda ha subito un ammanco medio di quasi due milioni di dollari a causa della perdita di dati sensibili, una cifra che supera quota 2,5 milioni di dollari, se si sommano anche le perdite derivanti dalle interruzioni inattese dei sistemi informatici, sensibilmente superiore alla media globale pari a 914 mila dollari.

Inoltre, sempre in Italia, nel corso dell’ultimo anno, il 46 per cento delle delle aziende ha subito interruzioni dei propri sistemi informatici, mentre il 21 per cento, contro il 36 per cento a livello globale, ha dovuto affrontare situazioni di perdita dei propri dati sensibili.

Condotto con l’intento di analizzare l’impatto economico sulle aziende derivante da una strategia poco efficace di protezione dati, lo studio di EMC ha, inoltre, rivelato che l’84 per cento dei decisori It intervistati da noi, non è fiducioso in un recupero completo in caso di attacchi o improvvisi blocchi di sistema, contro il 70 per cento di chi ha espresso il medesimo convincimento a livello mondiale.

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