Pensare la banca in un’economia interconnessa

Proponiamo un estratto dello speciale pubblicato su Linea Edp n°24, dedicato alle soluzioni tecnologiche per il mercato bancario. All’articolo introduttivo sono collegati alcuni interventi delle aziende maggiormente impegnate nel settore.







Se l’industria individua in competizione e produttività i passaggi non più rimandabili su cui agire (imponendo il turn over anche a quanti non possono o non sanno adeguare la propria mentalità ai nuovi strumenti), il settore bancario sembra frenare ogni entusiasmo, fa dei distinguo, non si tira indietro, non accelera. Paolo Mariola, vice presidente dei Financial Services Cap Gemini Ernst & Young, enumera le manchevolezze del settore e traccia un percorso possibile.


Un anno fa – ricorda – affermammo che il banking continuerà a esistere, ma non necessariamente le banche. E infatti abbiamo assistito alla convergenza tra le diverse “industries” e alla disaggregazione della catena del valore, mentre i piani di investimento sono stati sconvolti dall’euforia per la realizzazione di banche virtuali, sentite come entità separate piuttosto che come evoluzione o aggiunta al modello tradizionale“.


Le aspettative di maggiori ricavi sono state però disattese e i servizi finanziari online hanno risentito dell’eccessivo affollamento del mercato. Vi è stata anche una diminuzione dell’attività di trading e una tiepida accoglienza dell’innovazione, nonché il mancato raggiungimento dell’efficienza prevista, con un’offerta non orientata al cliente e un’eccessiva complessità di prodotti offerti.


Non solo l’uso di Internet come un canale addizionale incide sui costi, ma è anche difficile ridistribuire il personale di back office in eccesso. Infine, la competizione richiede grossi investimenti nel marketing. Per Mariola, l’esperienza dimostra che “le tecnologie non trasformano i valori in campo e il fallimento del concetto di banca virtuale pura deve indurre le banche a passare dalla generalità dei servizi, alla specializzazione, attraverso una strategia di investimenti mirati“.

L’ecosistema banca


Questi investimenti devono essere finalizzati allo sviluppo dell’economia interconnessa, basata su servizi che richiedono il raggiungimento di una massa critica per il sostentamento del business. Ma un’accelerazione così importante non può essere trainata solo da un settore o da grandi operatori. Il suggerimento di Mariola è di ragionare in termini di “ecosistema”, ossia su un modello che rifletta in modo aggregato le principali relazioni e i processi che legano singoli attori appartenenti allo stesso sistema come banche, assicurazioni, Pa locale e centrale, rappresentanti di categoria, aggregati settoriali o territoriali. Ma poiché non tutti hanno la stessa potenzialità e velocità di adesione attiva e di interazione (come le Pmi) e il disallineamento, culturale o tecnologico, impedisce il formarsi della massa critica, secondo il responsabile di Ernst & Young “si devono indirizzare i soggetti deboli dell’ecosistema in modo aggregato, per focalizzare i processi e le transazioni di scambio fra coloro che hanno carattere di obbligatorietà, e realizzare un modello economico vantaggioso che giustifichi la trasformazione tecnologica“.


Le banche devono quindi diventare società di servizi, puntando su un’infrastruttura tecnologica abilitante alle automazioni di scambio e che risponda a criteri di interoperabilità fra più attori, scalabilità, flessibilità dei processi estesi all’ecosistema, attivando nuovi modelli di gestione della complessità, come gli Asp. Tutto ciò richiede uno sforzo sia innovativo che di scelte ed esige una visione completa sui processi aziendali e interaziendali dei vari attori.


Ma, conclude Mariola, se “le banche devono recuperare il territorio tramite il virtuale dovranno anche supportare gli anelli deboli, rompendo i tradizionali schemi di integrazione verticale“.

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