PCI Express, non chiamatelo bus – parte 2

La terza generazione PCI Express è il nuovo nome per una tecnologia sviluppata a partire dal 2001 e chiamata 3GIO (I/O di terza generazione). Quando il PCI-SIG (PCI Special Interest Group) prese in carico il 3GIO nel 2002, lo rinominò PCI Express e ne …

La terza generazione
PCI Express è il nuovo nome per una tecnologia sviluppata
a partire dal 2001 e chiamata 3GIO (I/O di terza generazione).
Quando il PCI-SIG (PCI Special Interest Group) prese in carico
il 3GIO nel 2002, lo rinominò PCI Express e ne pubblicò le specifiche
1.0.

Il primo miglioramento drastico sta nel fatto che il PCI-E non usa più
una topologia a bus condiviso bensì a connessioni punto a punto
che si diramano da uno switch (smistatore) e raggiungono i
vari dispositivi PCI-E.

Non c’è più arbitraggio per contendersi la banda passante
e ogni dispositivo ha accesso esclusivo allo switch attraverso un link (collegamento),
come avviene per uno switch o router in una rete.

La seconda innovazione fondamentale, in linea con i tempi, è il passaggio
dalla connessione parallela di PCI e PCI-X alla connessione seriale del PCI-E,

utilizzata anche da USB, FireWire, ATA seriale e SCSI seriale.

Il PCI-E trasferisce i dati ad alte frequenze di clock (2,5 GHz per cominciare)
su due coppie di conduttori, una per direzione.

Si tratta di coppie, e non di singoli conduttori, perché il segnale
è differenziale
, ovvero è dato dalla differenza dei valori
sui due conduttori, così da annullare il rumore comune rispetto alla
terra.

Il livello di tensione è 0,8 volt. Ogni paio di coppie differenziali
costituisce una corsia (lane) e trasporta 250 MB al secondo per ciascuna delle
due direzioni; il PCI-E è una connessione full duplex, ovvero trasmette
contemporaneamente nelle due direzioni.

Sono previste implementazioni di PCI-E a 1, 2, 4, 8, 16 e 32 corsie,
per una banda passante massima che oggi è di 8 GB al secondo per direzione.

Con 1 corsia, il PCI-E trasporta 250 MBps per direzione usando un piccolo connettore
da 36 pin, mentre una scheda PCI impiega 124 pin per trasferire una frazione
della banda totale teorica di 133 MBps.

Il PCI-E porta una riduzione di complessità, di costi di implementazione
e di area di motherboard occupata.

Sulle motherboard per desktop, a parte uno zoccolo 16X (a 16 corsie) per sostituire
lo slot AGP, gli altri sono generalmente dei piccoli slot 1X.

Oggi le prime motherboard con PCI-E conservano ancora alcuni slot PCI per favorire
la transizione, in attesa che ci siano schede PCI-E per ogni esigenza.

Il PCI-E è progettato per crescere ed eventualmente rimpiazzare diversi
dei bus e connessioni esistenti nel PC. Il potenziale di crescita prevede un
incremento del clock fino a 10 GHz, che è prossimo al limite della connessione
in rame; in tal caso la banda salirebbe fino a 32 GBps per direzione.Comunque
il PCI-E può utilizzare, oltre al rame, anche la fibra ottica e altri
media.

Il PCI-E non sostituirà l’HyperTransport, il
protocollo di interconnettività tra chip usato per esempio dai chipset
di AMD, Via e nVidia.

La specifica HyperTransport 2 prevede la mappatura con il PCI-E, ma resta il
fatto che HyperTransport è un bus parallelo multiconnessione utilizzato
per connettere tra loro la (o le) CPU e i chip del chipset.

Tra le altre caratteristiche salienti del PCI-E citiamo la compatibilità
con il sistema di enumerazione e i driver PCI, i bassi tempi di latenza che
permettono applicazioni isocrone come lo streaming video e il supporto per hot
plug e hot swap.

I benefici
In generale, i benefici del PCI-E sono: supporto per un ampio spettro di mercati
e di applicazioni (desktop, portatili, server, telecomunicazioni, sistemi embedded),
basso costo, compatibilità software con il PCI, prestazioni scalabili
e bassa latenza, connessioni tra chip o tra board o con docking station e una
serie di funzionalità avanzate.

Queste ultime includono gestione energetica, Quality of Service (livello garantito
di prestazioni per supportare comunicazioni, streaming audio/video e così
via), supporto hot plug e hot swap (inserimento o sostituzione di un dispositivo
con il sistema in funzione), controllo dell’integrità dei dati
e gestione degli errori e meccanismi orientati alle applicazioni embedded e
di comunicazioni.

In pratica, per l’utente di un desktop, oggi la nuova piattaforma con
PCI-E non fornisce benefici tangibili in prestazioni.

Così come il passaggio dall’AGP 4X all’8X non ha portato
reali vantaggi, per la grafica non c’è alcun beneficio effettivo
nel passare dall’AGP al PCI-E.

Oggi che i dischi ATA e SATA sono abbastanza veloci e costano poco,
i drive SCSI hanno un impiego limitato alle workstation di fascia alta e ai
server più veloci.

Per sfruttare i tempi di accesso estremamente brevi (meno della metà
rispetto ai dischi ATA), le altissime velocità di trasferimento (e di
rotazione) e la maggiore flessibilità e affidabilità dei dischi
SCSI, occorre utilizzare board con PCI a 64 bit/66 MHz o PCI-X, oppure attendere
i primi controller SCSI PCI-E; in ogni caso si tratta di una piccola frazione
del mercato.

Per la maggioranza di utenti che non ha bisogno di prestazioni al top, la
scelta della piattaforma PCI-E offre solo il beneficio di una maggiore
longevità
.

D’altra parte, se avete appena investito in schede grafiche AGP di fascia
alta (un mercato ancora vivo), vi conviene continuare a usare la piattaforma
PCI/AGP per un altro paio d’anni.

Intel preme per il cambio di piattaforma hardware anche per le necessità
meccaniche e termiche delle recenti CPU da 90 nm, che dissipano intorno ai 100
W; di fatto, il mercato offre soprattutto motherboard PCI-E per CPU Intel. AMD,
con il northbridge integrato e una minore dissipazione, non ha molta fretta,
comunque Abit ha sfornato la prima motherboard PCI-E per Athlon 64 (la AX8 con
chipset Via K8T890) e gli altri produttori seguiranno.

continua…

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