Passaggio generazionale in Zucchetti. Con continuità

Cristina Zucchetti ha sostituito il padre alla presidenza della società. Ecco la sua visione del business e del mercato

Un’azienda solida che conta molto sulla propria autonomia, anche tecnologica, su una crescita che (da ora) sarà soprattutto interna, sul presidio delle competenze storiche con la contemporanea estensione dell’offerta. Questa è l’attuale immagine della Zucchetti, che rappresenta bene il valore del made in Italy in un territorio dove di made in Italy si parla forse sempre meno: quello del software gestionale. Cristina Zucchetti, che da poco ha sostituito il padre al timone dell’azienda nel ruolo di presidente, ha spiegato a B2B24.it il presente e il futuro della società.

Un passaggio generazionale in una società può rappresentare un segnale importante. Presentando ufficialmente il suo nuovo incarico, lei ha parlato di continuità. Ci deve essere però qualcosa di nuovo
Il passaggio non è una sorpresa, mio padre da un po’ di tempo lo stava preparando e i 70 anni sono stati una scusa per farlo. Si voleva dare un’idea di continuità: il cambiamento fa sempre paura nelle aziende, se fatto in momenti di emergenza o di crisi può essere destabilizzante. Questo secondo noi era il momento migliore, dato che nel 2007 abbiamo avuto dati di vendita ottimi. I risultati e l’atmosfera, insomma, potevano confortare. Mio padre comunque resta nel Consiglio di amministrazione. Quindi c’è.
Inoltre, sono convinta che il cambio generazionale non si sentirà perché la gestione non è mai stata familiare ma manageriale, con un consiglio di amministrazione e amministratori delegati con competenze sulle linee di business. Alla presidenza spetta un ruolo di supervisione, oltre alla delega per la gestione delle politiche retributive del personale e le attività di marketing.
Per quanto riguarda il mio nuovo apporto, ci tengo particolarmente all’aspetto della formazione del personale. Noi ne abbiamo sempre fatta poca, anche perché siamo cresciuti per acquisizioni, quindi impegnati a rincorrere la quotidianità delle attività di riorganizzazione. A gennaio 2008 sono partiti progetti che porteremo avanti per i prossimi anni, dato che ora abbiamo più tempo essendo in fase di consolidamento.
Un altro aspetto di novità è la volontà di dare maggiore attenzione alle società partecipate, che spesso sono state coinvolte solo all’inizio. Questo vale soprattutto dove vi sono linee di prodotto che non sono state integrate totalmente con la nostra offerta.

Il 2007 ha portato 5.000 nuovi clienti, un fatturato arrivato a 195 milioni di euro (il 40% generato con le tre linee di prodotto dei software gestionali, il resto da professioniosti, risorse umane e Pa), con un aumento del 6% circa. Come avete contrastato in questi anni le difficoltà storiche del nostro mercato, dalla polverizzazione dell’offerta all’offensiva dei grandi nomi internazionali?
È stato il concorso di una serie di elementi. Innanzitutto c’è il fatto di appoggiarsi a una rete capillare di partner e crederci davvero. Il 90% del nostro fatturato viene fatto dal canale, che rappresenta una spinta commerciale fortissima.
Poi c’è l’attenzione all’innovazione tecnologica e alle esigenze del mercato. Non è un caso che le nostre soluzioni siano state riscritte per il Web con un lavoro partito qualche anno fa, anche se questo aspetto interessa ancora poco alla massa dei nostri clienti, fatta dalle piccole-medie aziende. Il fatto di contare comunque su una porzione di venditori diretti serve soprattutto per avere il polso immediato del mercato, per percepire le nuove esigenze che emergono da aziende innovative.
Un fattore fondamentale, seppure oneroso, è quello di avere il controllo della tecnologia, dei tool di sviluppo, quindi di non dipendere da altri per la realizzazione dei prodotti. Questo significa maggiore indipendenza e flessibilità e anche che per le personalizzazioni o verticalizzazioni i partner non devono rivolgersi a fornitori terzi.

Tutti i fornitori di gestionali, tra questi anche Zucchetti, sono orientati verso forme di erogazione diverse dalla licenza. Da un lato c’è il Software as a service, dall’altro l’outsourcing, specie per le Hr. Rispetto a questi due trend, quali prospettive vi sono per il mercato italiano?
Crediamo in entrambe le opportunità. Sull’outsourcing il mercato è sicuramente in crescita. Zucchetti fino ad ora non vi ha puntato tantissimo in modo diretto ma mediante una partecipata che fa specificamente quest’attività. Oltre che per la parte relativa alle paghe, l’interesse sta crescendo per l’aspetto della gestione presenze e in generale per tutta la parte che precede il cedolino. La gestione delle risorse umane, invece, le aziende preferiscono continuare a farla in casa.
Per quanto riguarda il Software as a service, vi sono stati alcuni ostacoli alla sua diffusione. Innanzitutto il modello Asp (Application service provider, ndr) si basava su soluzioni non realizzate per il Web, ma client-server reingegnerizzate. Inoltre, l’Italia era indietro dal punto di vista della banda larga e dei servizi di connettività, necessari per fruire delle soluzioni. Zucchetti possiede una server farm che consente di erogare direttamente il software, scelta che rafforza il modello della totale autonomia non solo nella realizzazione delle soluzioni ma anche nella fornitura del servizio. Se sbagliamo, almeno sappiamo che è la colpa nostra.
Nel mercato della pubblica amministrazione questa modalità di erogazione ha preso piede. L’avevamo proposta nel settore professionisti ma con scarsi risultati. Prima dell’estate rilasceremo un software in modalità Saas che si rivolge alle aziende di piccolissima dimensione, fino a 5 o 10 dipendenti.
Dai progetti pilota avviati notiamo che la richiesta di queste soluzioni proviene perlopiù da associazioni di categoria che in questo modo snelliscono i propri processi, facendo utilizzare i servizi alle aziende loro clienti, a chi magari non usa strumenti informatici nemmeno per imputare le fatture. L’interesse comincia ora a manifestarsi anche da parte dei singoli.

Un altro fronte di espansione per Zucchetti sarà quello dei gestionali per la medio-grande azienda, oltre i 250 dipendenti, dove ad oggi contate 800 dei 40.000 clienti totali. Qui dovrete vedervela son Sap, Oracle e , in maniera minore, Microsoft. La sfida sul fronte della tecnologia è durissima, in virtù di capacità di investimento non paragonabili. Con quali armi pensate di contrastare questi giganti?
Le imprese medio-grandi non sono il grosso del nostro business, ma sono importanti perché consentono di capire meglio le nuove tendenze del mercato. Puntiamo sul fatto che, da italiani, conosciamo bene le problematiche delle aziende e il mercato di riferimento. Le nostre soluzioni software sono state create per specifiche tipologie di aziende, mentre Oracle o Sap hanno realizzato il downsize di un prodotto studiato per una fascia più alta che spesso porta con sé complicazioni nei processi invece che maggiore efficienza.
Sul fronte tecnologico, il fatto che i grandi anticipino talmente tanto i tempi consente a noi in Italia, dove in genere passa un bel po’ di tempo prima che le esigenze del mercato si allineino con quelle americane o europee, di avere tutto il tempo per guardare quali sono le nuove tendenze che realmente hanno un seguito. Il possedere un proprio strumento di sviluppo flessibile consente di adeguare le soluzioni velocemente.
In ogni caso, tra aggiornamento e miglioramento del software, in sviluppo investiamo parecchio. Nel Gruppo circa 2/3 del personale, cioè 1.000 persone su 1.700, sono coinvolte.

La crescita di Zucchetti nei prossimi anni sarà solo interna o supportata da ulteriori acquisizioni?
Per il momento non ci saranno, anche se potranno capitare occasioni. Stiamo valutando, per esempio, soluzioni che possano completare la nostra offerta di Hr su particolari aspetti. Nel passato la crescita è stata esterna perché, provenendo dal mondo dei professionisti e dalle paghe, ci mancavano competenze su altri settori, non avevamo cultura sulle aziende. Ma ormai le competenze necessarie ci sono.
In generale ogni volta che notiamo qualcosa che può aprire un mercato allora investiamo, ma ora si tratterà principalmente di sviluppo interno. Come è successo, per esempio, quando ci siamo resi conto che la nostra offerta per la gestione delle risorse umane non soddisfaceva le aziende di produzione, che impiegano prevalentemente operai che non hanno a disposizione un pc. Abbiamo allora sviluppato un totem che permette anche a chi non ha una postazione di avere accesso a tutte le funzionalità.

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