Paolo Zocchi: “Una cura da cavallo per la governance”

Uno dei due autori del libro “L’Innovazione tradita” risponde alle domande di Smaunews. E spiega cosa farà il centrosinistra

Docente alla Sapienza di Roma di “Modelli e strategie di
e-government”
Paolo Zocchi è uno dei due autori dell’Innovazione tradita che analizza criticamente il lavoro
del governo Berlusconi e del ministero dell’Innovazione in particolare,
avanzando le proposte per un futuro programma del centrosinistra.


A pochi giorni di distanza dall’uscita del libro Stanca afferma che è stato raggiunto l’84% dei progetti della prima fase del Piano di e-gov e che quindi esiste la concreta possibilità che sia centrato l’obiettivo finale. Questo cambia qualcosa nella vostra analisi?

“Il fatto che sia stato raggiunto l’84% non significa che non siano state fatte azioni correttive da parte degli enti locali. L’84% comunque significa abbastanza poco. Il vero problema è capire l’effetto che c’è stato in termini di effettiva usabilità dei servizi.
Il problema infatti non è raggiungere il 100% ma ottenere i risultati in termini di usabilità. Risultati che secondo noi non sono stati raggiunti. In più si è accentuata la difficoltà di mettere in atto la concertazione fra i vari enti. Pensiamo per esempio al Sistema pubblico di connettività; dove è stata sviluppata una rete regionale nessuno ha intenzione di collegarsi a Spc”
.


In una intervista a Smaunews, il ministro Stanca ha però sostenuto che il precedente governo di centrosinistra aveva fatto ben poco.

“E’ persino troppo facile rispondere. E’ vero che nel 2001 il ministero dell’Innovazione non esisteva Però c’era il fisco telematico, la legge 445/2000, la firma digitale (siamo stati i primi a introdurla con la Finlandia) e i soldi della gara per l’Umts: mezzo miliardo di euro. Stanca si è trovato una palla alzata dal punto di vista legislativo e dei fondi”.

Oltre che sull’azione di Stanca la vostra critica parte proprio dall’organizzazione del sistema dell’innovazione. Un ministero così, secondo voi, non serve.
“Non abbiamo una valutazione negativa sulle persone.
Non pensiamo certo di essere più intelligenti degli altri. Il problema è la
grande aspettativa che si era creata e che non ha avuto risposta. Quella che è
mancata è stata la razionalizzazione dell’e-government. Il ministero infatti si
occupa solo di una parte dell’e-gov e in più non ha peso politico. Siamo
convinti che ci sia bisogno di una cura da cavallo in termini di governance
anche perché fino a oggi c’è stata una scarsa capacità di integrazione per
quanto riguarda la governance fra le varie forme di innovazione. Crediamo che
l’innovazione deve essere concepita come sistema”.

Chi potrebbe occuparsene nel centrosinistra?
“No, il nome non lo faccio. Al Big talk di
Milano Rutelli l’ha chiamato “Mister Lisbona”. Noi pensiamo alla figura del
vicepresidente del consiglio ma l’importante è che abbia competenza su tutti gli
organismi, soldi e peso politico. Il problema infatti non è il nome ma il
metodo. Oggi anche in politica si sta imponendo il sistema a rete. E questa
persona dovrà coinvolgere costantemente gli attori del sistema, gli stakeholder.
La condivisione deve essere il metodo di lavoro. L’importante è poi che si
finisca con la programmazione a pioggia e si definiscano al massimo dieci
progetti di legislatura”.

Il libro però ha anche qualche dimenticanza. Non si parla di Wi-fi, per esempio.

“Ha ragione. Non ci siamo occupati di tutto. Rispetto a
questo però pensiamo che nei primi cento giorni il centrosinistra dovrà avviare
una verifica a tappeto dei piani regolatori della rete. Prima di effettuare
delle scelte bisogna coinvolgere le amministrazioni locali e capire come fare
arrivare nelle diverse zone la banda larga”.

Pierfilippo Roggero, presidente di Assinform, si è spesso lamentato in questi anni della mancata attenzione del governo all’hi tech ma anche di non avere trovato grande sponda nell’opposizione.

“E’ una posizione che in
qualche modo condivido. Negli ultimi anni l’innovazione è stata vista come
elemento marginale. L’innovazione invece richiede un respiro di medio periodo e
la sfida è farla diventare un’opzione primaria dell’agenda politica in modo che
contribuisca a dare alla politica quella progettualità che spesso manca visto
che si è più concentrati sul day by day”..

Il discorso sull’innovazione non può prescindere dal ruolo di Telecom rispetto alla quale in Rete esiste una forte sensibilità.
“Telecom è un’azienda con grandi potenzialità
che agisce però con una cultura da monopolista che non fa bene né a lei né al
mercato. Telecom non compete dal punto di vista del mercato ma perché è
l’incumbent. L’azienda deve cambiare la cultura interna per arrivare a
competere sui servizi e per prima deve essere interessata a diventare un’azienda
tra le aziende. Di fatto è vero che la liberalizzazione delle infrastrutture ha
dato migliori risultati con Enel”.

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