Oracle, la nuova “one stop company”

La prima volta dell’AppsWorld a Roma è servita alla società per rafforzare la propria immagine di fornitore capace di offrire tutto ciò che serve per gestire in modo efficiente e meno costoso un’azienda. Accordo con il ministero della Pubblica Istruzione per la distribuzione di Think.com.

26 giugno 2003 C’era molta attesa intorno all’AppsWorld di Roma. Intanto, perché era la prima volta che Oracle portava l’evento in Italia, nell’ambito di un progetto itinerante che ha toccato altre città europee. Poi, per la presenza sempre carismatica del numero uno della società, Larry Ellison e, infine, per il particolare momento che vive l’azienda, alle prese con il tentativo di acquisire PeopleSoft.
In occasioni di questo tipo si attendono, di solito, novità eclatanti. Che non ci sono state o, almeno, non nella forma canonica del clamoroso annuncio di prodotto o di svolta strategica. Dai discorsi del Ceo e del chief marketing officer Mark Jarvis, infatti, è emerso, o quantomeno si è chiarito, l’approccio con il quale Oracle oggi si propone agli utenti, che è poi quella dalla “one stop company” nel mondo del software, in contrapposizione con la moda dell’integrazione che anima l’operato di molte altre realtà del settore. «Il nostro è un approccio di tipo information-centric – ha spiegato Jarvis – e a questo si ispira anche la gamma di prodotti che offriamo».

Tutto parte dalla considerazione che oggi una fetta significativa delle spese informatiche di un’azienda sono destinate alla manutenzione di quanto installato, spesso in tempi e con logiche diversi. Ellison è partito; non a caso, dal core business della propria azienda, il database: «In molte realtà l’automazione è avvenuta per dipartimenti anziché per business e questo ha portato a una frammentazione eccessiva delle informazioni, spesso su differenti database». Jarvis ha rincarato la dose, citando gli altri campi d’azione della società, dall’application server all’Erp, fino agli applicativi desktop. In tutti questi casi, l’azienda vuol dimostrare che un approccio legato al best of breed o teso alla ricerca della soluzione magica per collegare quanto acquistato nel passato sia in realtà molto più costoso rispetto all’utilizzo di un singolo sistema. Eclatante è l’esempio della E-Business Suite, che ha di recente integrato addirittura la Business intelligence, battezzata “Daily”, per dare il senso di un applicativo che consente di visualizzare in un colpo solo i dati essenziali del business di un’azienda, sui quali impostare decisioni e comportamenti.

Più che il major upgrade o l’apertura di un nuovo segmento di business, dunque, conta in questa fase per Oracle diffondere l’immagine di un fornitore in grado di coprire tutte le esigenze di base per gestire in modo efficiente un’azienda. Una scommessa non da poco, visto che le varie Sap e persino Microsoft stanno perseguendo la via delle partnership per completare le proprie offerte.
Naturalmente, non sono mancati specifici annunci di novità. Quella di maggior risonanza per l’Italia è l’accordo siglato con il ministero della Pubblica Istruzione che metterà a disposizione gratuitamente per il sistema scolastico nazionale il portale Think.com, che consente di creare comunità di allievi e docenti, partendo da pagine Web personalizzate e caselle di e-mail, per scambiarsi informazioni, documenti o addirittura lezioni, utilizzando la Rete. L’Italia è il terzo paese europeo, dopo Regno Unito e Danimarca, a offrire Think.com alle scuole.

Altra area di aggiornamento è quella del Plm, per la quale Oracle ha proposto tre nuovi applicativi, denominati Project Management, Project Collaboration e Project Intelligence, che saranno integrati nella E-Business Suite.

Ultima, ma tutt’altro che ultima, c’è la questione tuttora aperta dell’offerta d’acquisto ostile lanciata nei confronti di PeopleSoft. Oracle aveva, poco prima dell’AppsWorld di Roma, alzato la proposta di prezzo per azione fino a 19,50 dollari, una quotazione che viene giudicata “giusta e conveniente” per gli azionisti della società. Ellison ha rimarcato che «non è l’attuale board di PeopleSoft a poter decidere di vendere o meno la società, poiché la gestisce, ma non la possiede. Quel che è certo è che se l’acquisizione andasse in porto, la nostra profittabilità aumenterebbe da subito».

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