Ogni anno 694 appuntamenti con il fisco. E non sempre giustificati

Lo afferma Confesercenti, secondo cui le scadenze interessano 103 giorni. Ogni mese se ne contano mediamente una sessantina ma il top si raggiunge il 16 luglio, quando ce ne sono addirittura 45.

Secondo un’analisi di Confesercenti,
l’Italia non è solo il paese con una pressione fiscale fra le più alte (43,5%
nel 2009; al terzo posto, dietro Danimarca e Svezia, fra i 33 paesi dell’area
Ocse), ma è anche la patria degli adempimenti fiscali, che sembrano non finire
mai.

Scorrendo le diverse scadenze, è possibile scoprire che
sono ben 694 nell’arco dell’anno e interessano 103 giorni.
Ogni mese se ne contano mediamente quasi 60 (57,8), con
una frequenza pari a 2,75 per ciascuno dei 252 giorni lavorativi del 2011.

Il mese più convulso è luglio (con 74 scadenze) mentre
quello più tranquillo è maggio (con “appena” 49). Il giorno in cui si addensa il maggior numero di scadenze
(una sorta di apice della complessità fiscale) è il 16 luglio: se ne
contano ben 45.

Per Confesercenti, molti degli appuntamenti con il fisco
sono frutto di una ripetitività che non sempre appare giustificata dalla volontà
di agevolare il contribuente (rateizzando i pagamenti) o l’Erario (accelerando
i tempi di riscossione).

Così, ad esempio, adempimenti come il versamento
dell’imposta sugli intrattenimenti o della recente imposta sostitutiva sui
premi di produttività potevano (e potrebbero) essere concentrati in un numero
ridotto di scadenze.

Allo stesso modo, incombenze come quelle legate alla
scheda carburanti (rilevazione chilometri) o alla recente comunicazione dei
dati degli operatori di paesi black list potrebbero agevolmente prevedere una
frequenza più scaglionata.

Gli oneri amministrativi che fanno da corollario al
pagamento delle imposte rappresentano dunque un significativo onere aggiuntivo per gli
operatori economici e soprattutto per le Pmi. E secondo quanto è emerso da una
recente analisi condotta da Agenzia delle entrate e Dipartimento per la
funzione pubblica, secondo cui la burocrazia fiscale costa alle piccole e medie
imprese italiane 2,7 miliardi l’anno (fra i 1.900 e i 2.300 euro, in media).

Semplificare vorrebbe dire anche ridurre i costi di
gestione finora fin troppo pesanti. E secondo Confesercenti una semplificazione
consentirebbe di conseguire contemporaneamente due risultati. Da un lato, si
libererebbero ingenti risorse da destinare all’attività produttiva: per le sole
Pmi si tratterebbe di almeno 650 milioni l’anno (ossia oltre 500 euro per
operatore economico). Dall’altro ne guadagnerebbe l’efficienza della pubblica
amministrazione, con una riduzione dei costi di gestione del sistema tributario.

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