Occupazione, Bruxelles e governi corrono ai ripari per ridurre licenziamenti

a cura di Euroreporter.eu

Prima si è tentato di salvare le aziende, adesso che la partita da giocare contro la crisi si prospetta più lunga del previsto, Europa e governi nazionali stanno cercando di tamponare l’emorragia di posti lavoro con politiche per l’occupazione.

La Commissione, davanti ad una disoccupazione che rischia di fare da zavorra al rilancio dell’economia, ha annunciato un Piano di emergenza per accelerare lo stanziamento di fondi a sostegno dei cittadini europei disoccupati. Il governo italiano ha instaurato un premio di occupazione per le aziende, ma le associazioni chiedono una detassazione dei costi del lavoro.

La crisi picchia duro sull’occupazione
I lavoratori sono tra le prime vittime della crisi economica. Secondo le ultime stime dell’Ocse nel 2010 il tasso di disoccupazione medio si avvicinerà al 10%, contro il 7,8% di aprile. Oltre 57 milioni di persone nei Paesi che fanno parte dell’organizzazione saranno disoccupati entro la fine del 2010 con un rialzo che toccherà il suo massimo livello fin dagli anni settanta.

Stessa storia per Eurolandia con la Banca centrale europea che rileva come la disoccupazione sia aumentata dal 7,3% nei primi tre mesi del 2008 al 9,2% dell’aprile di quest’anno.

A frenare i numeri è l’aumento dei contratti a termine che tendono a far calcolare al rialzo le cifre sull’occupazione. Guardando ai diversi settori produttivi i maggiori cali dell’occupazione si registrano nel manifatturiero (-6,4%) e nelle costruzioni (-1,3%), mentre tengono i servizi con una crescita dello 0,8%. Preoccupata anche la Commissione europea che, sebbene abbia tranquillizzato le imprese con un rapporto trimestrale che presenta segnali di miglioramento, sottolinea che la disoccupazione potrebbe continuare a crescere tanto da “pesare sulla ripresa” economica.

Bruxelles corre ai ripari
La Commissione europea ha annunciato lo stanziamento di 19 miliardi di euro dei finanziamenti pianificati per sostenere i cittadini colpiti dalla disoccupazione, creare un nuovo sistema di microcredito per gli imprenditori e garantire l’accesso all’apprendistato a 5 milioni di giovani.

La strategia messa a punto da Bruxelles con il nome di ‘Piano di ripresa sociale per l’emergenza occupazione’ punta ad accelerare l’erogazione dei finanziamenti del Fondo sociale europeo destinati ad aiutare i cittadini a mantenere il proprio posto di lavoro o a trovare una nuova occupazione tramite programmi di riqualificazione professionale. Bruxelles anticiperà gli stanziamenti per i progetto a sostegno dell’occupazione per il periodo 2009-2010 così da rimborsare agli Stati membri il 100% delle spese dichiarate.

Un’iniziativa salutata con un “ben venga” da parte del Segretario generale di Confimpresa Diego Giovinazzo, per un settore quello del lavoro che è da sempre il più colpito dalla crisi economiche.

L’Unione europea punta a garantire la formazione giovanile e a fornire un “aiuto immediato ai disoccupati” per evitare che la lontananza dalle officine e dagli uffici comprometta in qualche modo le abilità professionali acquisite nel tempo. La formazione sarà garantita entro 1 mese per i giovani di età inferiore a 20 anni, entro 2 mesi per i giovani di età inferiore ai 25 anni ed entro 3 mesi per le persone di età superiore a 25 anni, il tutto finanziato attraverso i fondi del Fse.

Cosa chiedono le associazioni e cosa il governo concede
Le parole lavoro e occupazione hanno trovato spazio anche nella retorica delle associazioni delle piccole e medie imprese. “Crediamo”, ha riferito il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, aprendo l’assemblea annuale della confederazione il 25 giugno scorso a Roma “nei valori di responsabilità di una società attiva, in cui la sicurezza sociale è saldamente fondata sul lavoro, su più lavoro: cioè tanto su un maggior numero di occupati, quanto su più lunghe carriere lavorative. E su un lavoro più sicuro, perché fondato su una cultura sostanziale e non burocratica della sicurezza sul lavoro”.

La Confederazione chiede il varo di misure quali il ‘premio di occupazione’ per le imprese che assumpno lavoratori in cassa integrazione o che rinuncino a procedere a licenziamenti o a far ricorso alla cassa integrazione, e gli incentivi all’auto-impiego, ossia la capitalizzazione dei sussidi per lavoratori che usufruiscono di ammortizzatori sociali e decidano di avviare un’attività autonoma.

Un modello che rientra nel circuito della flessicurezza, ma che garantisce una serie di ammortizzatori sociali fortemente orientati al reinserimento occupazionale. Una richiesta che è stata inserita nel pacchetto di misure varate dal governo per stimolare la ripresa economica. L’impresa può impiegare i lavoratori in cassa integrazione in progetti di formazione o riqualificazione anche per attività produttive connessa all’apprendimento. L’inserimento del lavoratore nel progetto avviene in base a un accordo specifico tra le parti sociali stipulato presso il ministero del Lavoro.

Ai lavoratori spetta, oltre al trattamento di cassa integrazione (vale a dire l’80% dello stipendio), anche la differenza tra trattamento di sostegno al reddito e retribuzione carico. Il Premio per l’occupazione costerà 20 milioni di euro nel 2009 e ben 150 milioni nel 2010 finanziati attraverso Fondo sociale per l’occupazione e la formazione.

Per Confimpresa più che parlare di aiuto alle Pmi per incentivare l’occupazione preferisce pensare ad una defiscalizzazione del lavoro attraverso la riduzione dell’Irpef e Irap.

Le imprese italiane dopo che hanno coperto le esigenze previdenziali dei lavoratori, comunque “intoccabili e sacre”, sottolinea Diego Giovinazzo, segretario generale del’associazione, al lavoratore spetta pagare l’Irpef. Un sovraccarico che pesa contemporaneamente sui lavoratori e imprese disincentivando le assunzioni e favorendo i licenziamenti davanti alle prime difficoltà. In Italia si è parlato molto di riduzione dell’Irap nel corso della campagna elettorale, ma le organizzazioni stesse sanno che sarà difficile l’eliminazione di una tassa che “da un gettito sicuro” anche se “aggrava il costo del lavoro”.

Politiche del lavoro non sono materia Ue, ma il Consiglio europeo interviene
Anche il Consiglio europeo, riunito il 18 e 19 giugno a Bruxelles ha chiesto sforzi supplementari in tema di occupazione, sottolineando che la lotta contro la disoccupazione è una priorità.

Nonostante le politiche del lavoro siano di competenza degli Stati membri, “l’Unione europea”, si legge nelle conclusioni adottate dai capi di stato e di governo del Vecchio continente “ha un ruolo importante da svolgere nel fornire e perfezionare il quadro comune richiesto per assicurare che le misure adottate siano coordinate, sinergiche e conformi alle norme del mercato unico”.

I Ventisette chiedono di “salvaguardare e rafforzare ulteriormente la protezione sociale, la coesione sociale e i diritti dei lavoratori”. L’impegno è concentrato nel conservare i posti di lavoro e nel ricorrere il meno possibile alla cassa integrazione in uno sforzo che prevede, comunque, il sostegno alle imprese.

Tuttavia i leader europei non hanno ancora deciso sul Piano proposto dalla commissione europea per accelerare i pagamenti del Fse in attesa della trasposizione. “Non ci sono stato accordi completi su questo punto”, ha indicato il primo ministro belga Herman Van Rompuy “ma attendiamo la trasposizione del testo della Commissione” sottolineando che “le politiche esistono e saranno tradotte in azioni concrete”.

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