Non &egrave tutto oro quello che un pc pu&ograve gestire

Anche se il comparto risente di una crisi latente esistono interessanti spazi di manovra

Di orafi ce ne sono tanti, ognuno con un proprio laboratorio, con
una forte creatività e con una dotazione di strumenti per il proprio
lavoro molto classici (ovvero poco informatizzati). Ma l’aspetto positivo è
che, a parte la concentrazione di tale attività principalmente nei tre
importanti distretti industriali, quello di Arezzo, di Vicenza e di Valenza
(Al), l’economia del settore legato all’oro si spande a macchia d’olio un po’
per tutta la Penisola.
Ora va detto, e in queste pagine lo ribadiamo più volte, che il settore
è in crisi.
Ma è compito del consulente informatico trovare anche per queste realtà
uno spiraglio tecnologico che certo avrà il suo prezzo, ma che può
anche offrire nuove modalità e nuovi approcci alla vendita (pensiamo
per esempio al commercio elettronico) che possono essere in grado di superare
frontiere e concorrenza e arrivare a vendere i manufatti anche della più
piccola bottega orafa fino all’altro capo del mondo.
In fondo gli elementi ci sono tutti: il vostro cliente ci mette i prodotti creativi,
voi la consulenza e la tecnologia e di sicuro gli acquirenti non si faranno
attendere, anche se magari parleranno giapponese.

La crisi c’è perché «il gioiello non è più
un oggetto di status symbol – commenta Fabio Zanobbi, distributore milanese
di oro e gioielli – i giovani preferiscono regalarsi un cellulare. L’oro non
è affatto un bene indispensabile. E poi, credo che ormai in Italia siamo
in troppi a fare questo mestiere».
Ma la saturazione del mercato va d’accordo, paradossalmente, con l’adozione
delle nuove tecnologie informatiche, proprio perché queste offrono la
possibilità di ottimizzare le risorse. Tutto sta nel riuscire a spiegare
al cliente, gioielliere o orafo, che bisogna aprire la mente a nuove logiche
di lavoro.

E se qualcuno vi fa notare, come lo stesso Zanobbi avanza,
che il contatto diretto senza intermediazione è necessario per la scelta
dell’oggetto da acquistare e che, anche nel caso di un importatore-distributore
è fatto in prima persona, de visu e che quindi lo spazio per il commercio
elettronico o altre "mattanerie" via Internet è veramente ristretto,
voi potete rispondere con dei fatti.
Questi fatti si riferiscono al marketplace Up2gold (www.up2gold.com) che Ibm,
Etruria Informatica e Banca Etruria hanno ideato per il distretto dell’oro.
L’obiettivo di partenza era quello di migliorare l’efficienza operativa della
filiera attraverso l’utilizzo di strumenti informatici che aumentassero l’efficacia
e la sicurezza degli scambi. Come sta avvenendo in quasi tutti i settori merceologici,
l’aggregazione all’interno di marketplace permetterebbe non solo la diffusione
dell’informatizzazione nel settore delle piccole e medie imprese, ma anche un’organizzazione
più efficiente del settore stesso. Un settore che per l’Italia rappresenta
una bella fetta del prodotto interno lordo.

Soltanto a livello produttivo sono circa 4.000 le aziende
che fanno parte del distretto dell’oro, un triangolo isoscele che collega Arezzo,
Vicenza e Valenza (Al), anche se poi quasi tutte le regioni in Italia vantano
un certo numero di operatori e artigiani della materia prima.
E i dati in nostro possesso parlano di circa 10 miliardi di euro di fatturato
generato soprattutto dalle esportazione di prodotto. Poi, tanto per chiudere
il cerchio, diciamo che sono 30.000 le persone impegnate in questo settore.

«Si provi solo a pensare quanto tempo e denaro potranno essere risparmiati
attraverso l’accesso e la consultazione di questo portale – spiega un portavoce
del Up2Gold -. Perché nel nostro marketplace gli operatori hanno a disposizione,
a un indirizzo Web unico, informazioni, notizie del settore orafo, consulenze
fiscali e tributarie fornite in tempo reale (così dicono) e mirate».
Ma un marketplace è solo una parte dell’offerta innovativa (fondamentale
comunque per una categoria che ha forti contatti con i Paesi verso i quali si
esportano questi prodotti) che le tecnologie informatiche possono fornire a
questo comparto. Sempre che le esigenze espresse dagli addetti ai lavori del
settore siano chiare e realizzabili. Già, ma cosa chiedono i produttori,
i distributori e i negozianti di gioielli all’informatica?
Secondo Rodolfo Santero, presidente dell’Ador, una delle molte associazioni
italiane degli orafi e designer, spiega che «per la progettazione e prototipazione
per lo sviluppo delle "variabili" delle forme, o come archivio immagini,
l’Information Technology si è ormai resa indispensabile».
Ovviamente in ballo ci sono i programmi di computer aided design sviluppati
ad hoc. E sempre Santero fa menzione di un programma prodotto in Giappone di
nome JCad-3D.
Attraverso una vera e propria pagellina, poi, il gioielliere qui intervistato
promuove o boccia il grado di perfezionamento che il software ha raggiunto nei
settori produttivi e contabili. Il suo pensiero è: «Il grado di
informatizzazione nel settore contabile è buono, quello legato al magazzino
è discreto, mentre tutto ciò che è legato ai flussi di
sviluppo del lavoro è ancora scarso, ma in crescita».
A quanto pare la soddisfazione degli orafi nei confronti del software è
discreta, ma non arriva al fanatismo.

Ognuno se li fa personalizzare ma, come sostiene anche Antonio
Tarondo, presidente Nazionale Orologiai e del Confartigianato Cna, «il
nostro laboratorio possiede dei programmi personalizzati, ma non sono stati
mai sviluppati dei pacchetti specifici». Il che nasconde, o potrebbe nascondere,
il fatto che non molti operatori di questo settore, soprattutto per quanto riguarda
le piccole realtà, si sono specializzati.
Di tutt’altra opinione è Leonardo Ronco, responsabile della divisione
semilavorati della Ronco Spa, che si ritiene soddisfatto del grado di informatizzazione
che è stato raggiunto dalla sua azienda grazie al loro fornitore informatico
che «ha realizzato ad hoc un software completamente personalizzato in
base alle nostre necessità sia produttive, sia commerciali, data la complessità
della gestione dei vari reparti produttivi, la vasta gamma di prodotti e varianti
e le continue movimentazioni di materiali tra i vari centri di lavorazione».

Tarondo, ancora, per esempio, ha la fortuna di avere in famiglia un perito in
informatica che assolve alla programmazione degli applicativi, ma in genere
il settore informatico non ha mai proposto nulla di specifico per l’orologeria.

Così, come sembra che siano ancora scarsi o quanto meno non nazionalizzati
i contatti che i grandi vendor dell’Information Technology hanno preso nei confronti
delle varie confederazioni.
Ivano Micheletti, del Consorzio Produttori Orafi Aretini, alla domanda «la
vostra categoria ha preso accordi particolari per la diffusione dell’informatica?»
ci risponde: «La categoria è un termine un po’ troppo generalizzato
per dare una risposta univoca. Esistono aziende che hanno accordi particolari
con vendor come Ibm o Microsoft e altre no, giacché ogni azienda fa la
politica, giusta o sbagliata che sia, che ritiene migliore per la soluzione
dei propri problemi informatici».

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