NetApp: applicazioni a silos, il vero scoglio da superare

Ci si prova con Flexpod, architettura ottimizzata a priori, ora predisposta anche per ambienti Sap. Ce la illustra il direttore tecnico di NetApp, Dario Regazzoni.

Le applicazioni a silos paiono essere il più grande ostacolo a quella produttività aziendale che il mercato richiederebbe. L’autoisolamento delle informazioni è difatti il freno a una flessibilità operativa che viene  unicamente da una condivisione dei dati, da più parti riconosciuta essere come la vera svolta che le aziende necessitano.

Come si supera la barriera? In vari modi. Uno è disporre di un’architettura hardware che funga da unità atomica per il cloud.
Come Flexpod, soluzione che ora NetApp ha varato per servire sistemi Sap.

Si tratta di un’architettura a tre livelli che costituisce il mattone su cui poggiare il costrutto informativo: storage di NetApp, fabric di Unified Communication Cisco, virtualizzazione di VmWare.

«L’idea è avere una diversa granularità dei componenti del datacenter – ci dice Dario Regazzoni, direttore tecnico di NetApp -. Un sistema prebuild, di cui si sa tutto a priori su come si comporta e dove può arrivare. Declinabile in modo elastico eprimo del concetto di dimensione minima. Piuttosto è un’architettura che ha nei geni la capacità di plasmarsi, adattarsi».

In ambito Sap Flexpod prelude allo spostamento delle aziende verso una fruizione dell’infrastruttura in ottica cloud: «significa portare negli ambienti Sap i vantaggi di un’infrastruttura virtualizzata».

Fisicamente Flexpod è portato alle aziende dai partner congiunti delle tre società. In che modo?
«In quello classico – dice Regazzoni – affiancandosi in modo trasparente all’infrastruttura. Senza test e sviluppo, sfruttando la precostituzione dell’architettura, approntando veloci backup e restore. L’idea è avere in tempi brevi provisioning, de-provisioning e gestione del ciclo di vita, che sono la base dell’intero ambiente tradizionale».
E nell’ottica di servizio si tratta di automatizzare, rendere smart, come si dice adesso, il gateway.

In tutto questo gioca a favore la trasparenza di Flexpod verso i tool nativi: «la soluzione è application aware», dice Regazzoni.

In sintesi, una soluzione buona per l’Italia?
«Da noi la proposizione è ancora nuova. Si tratta di lavorare negli ambiti in cui si sente l’esigenza di snellire l’esistente». Per esempio? «Annullando la finestra di backup e riducendo l’Opex, sfruttando uno storage che riconosce le applicazioni».

In ambito cloud c’è un’altra iniziativa di NetApp che merita approfondimento, quella con Cisco e Microsoft per favorire la diffusione dei cloud privati. «C’è un’esigenza di mercato da coprire – dice Regazzoni -. È figlia dell’iniziativa Imagine virtual anything. Ma l’idea prevalente nostra è agnostica, ossia di non sposare un unico stack».

E in tutto questo che fine ha fatto il tema della deduplication? «È sempre presente, è alla base dell’offerta storage odierna. Nei progetti di datacenter virtualization la deduplica è l’elemento fondamentale».

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