Nessun Paese può supportare una pressione fiscale come la nostra

Ad affermarlo è il Presidente di Rete Imprese Italia Ivan Malavasi, che sottolinea come la pressione fiscale calcolata dall’Istat nel 2009 sia stata del 43,1%, ma quella reale misurata da coloro che hanno pagato le imposte fosse del 52%: un carico insopportabile per qualsiasi nazione industriale.

La sofferenza delle imprese piccole e medie,
soprattutto di quelle che lavorano per il mercato interno, ha raggiunto soglie
di non sopportabilità. Sono a rischio l’occupazione e la tenuta del sistema
produttivo
”. Lo ha dichiarato il Presidente
di Rete Imprese Italia
(Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio e
Confesercenti), Ivan Malavasi, nel
corso di un’audizione presso la VI Commissione Finanze del Senato. E ha
aggiunto: “E’ evidente che con una
pressione fiscale che nel 2014 raggiungerà il 44,9% del Pil la competitività
del Paese è a rischio. Se poi gli enti locali dovessero recuperare i tagli ai
trasferimenti attraverso le addizionali Irpef le cose andrebbero di male in
peggio
”.

Malavasi
ha poi evidenziato come Insieme alla semplificazione dei tributi e dei relativi
adempimenti, “una fiscalità a misura di
piccole e medie imprese deve essere orientata a incentivare la fedeltà fiscale, la capitalizzazione e l’efficienza
dell’attività produttiva
”.

Per
raggiungere questo risultato andrebbe costruita una tassazione proporzionale per i redditi prodotti e lasciati in
azienda e una tassazione agevolata per
chi raggiunge performance di reddito migliori.

E’ troppo pesante – ha puntualizzato
Malavasi – la differenza tra la pressione
fiscale ufficiale calcolata dall’Istat e la pressione fiscale effettiva che
risulta dal rapporto delle entrate con il Pil depurato dall’ammontare
dell’economia sommersa. Nel 2009 la pressione fiscale misurata dall’Istat è
risultata del 43,1%, ma la pressione fiscale effettiva, misurata su coloro che
pagano le imposte, è stata di circa il 52%. Nessun Paese avanzato e industriale
può sopportare un carico del genere senza soccombere
”.

Per questo – ha proseguito Malavasi – la riforma fiscale è in cima alla lista
delle nostre richieste insieme alla riduzione della spesa pubblica, alla riforma delle pensioni,
alla cessione del patrimonio pubblico, al varo delle liberalizzazioni
e delle semplificazioni.
Un obiettivo vitale per l’economia. Dobbiamo ridurre, gradualmente ma
sensibilmente, il carico fiscale sul lavoro e sulle imprese. Solo per questa
via il Paese potrà battere la recessione e tornare a crescere
”.

Secondo
Malavasi, la riforma fiscale è una delle condizioni per il rilancio della
capacità competitiva delle imprese, “la
migliore cura per ridurre il cuneo fra la retribuzione netta e il costo del
lavoro. Il potere d’acquisto ai lavoratori e alle famiglie va restituito, non
depresso con ulteriori aumenti dell’Iva
”.

Malavasi
ha concluso il suo intervento parlando delle modalità di riscossione dei debiti con il fisco. “Ovviamente, devono essere pagati – ha
detto -. Ma è altrettanto evidente che il
sistema, così come strutturato, mette a disposizione di Equitalia e
Serit-Sicilia, molti strumenti per acquisire i
patrimoni visibili dei contribuenti, a fronte di poche o inesistenti cautele
per evitare la chiusura dell’impresa. Per questo motivo è
fondamentale trovare un punto di equilibrio tra l’interesse dell’Erario
e quello delle imprese a far fronte all’impegno finanziario
” .

La
soluzione suggerita da Malavasi è di impegnarsi a lavorare con Equitalia
soprattutto in due direzioni: da una parte arginare il ritmo di incremento del
debito nel tempo e dall’altra introdurre il principio della sostenibilità della
rata.

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