Nell’era cloud il mainframe diventa ibrido

Si chiama zEnterprise l’innovazione che suggella i 99 anni di Ibm: il primo sistema ibrido della storia. Costato 1,5 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, unirà le risorse tecnologiche aziendali in un milieu virtuale.

L’anno prossimo Ibm farà cent’anni. Non tutti passati a creare informatica, ma buona parte sì. E si presenterà all’appuntamento come un’azienda sempre in grado di innovarsi e innovare a dispetto dell’età, come testimonia l’annuncio di oggi, che può essere ritenuto il coronamento di un lungo viaggio nel mondo della tecnologia per il business. Non lo diciamo noi, ma è la sintesi del pensiero dell’ad di Ibm Italia, Nicola Ciniero, che ha avuto il privilegio, insieme al vp delle iniziative strategiche, Gianfranco Previtera, di presentare per primo al mondo ai propri clienti il nuovo sistema rilasciato da Ibm: lo zEnterprise. La presentazione è avvenuta a Milano, con qualche ora di anticipo rispetto a quella newyorchese.

Non si tratta di un nuovo sistema, ma “del” sistema: un mainframe capace di avocare tecnologie e funzioni con cui nel corso degli anni ha via via avuto a che fare, da Linux a Unix, dal blade alla virtualizzazione adeguata ai tempi (Ibm la introdusse negli anni 70 con il system 370), al software di gestione, e di far condividere risorse in un ambiente virtualizzato.

Lo zEnterprise è definito da Ibm il primo sistema ibrido della storia. È frutto di un investimento di 1,5 miliardi di dollari in tre anni e del lavoro di 5mila tecnici in 18 laboratori di tutto il mondo.

Perché arriva adesso? Perché adesso c’è il cloud verrebbe da dire semplicemente, ma non sbagliando.

Marianne Mostachetti, vp dei prodotti System z, che vive nei laboratori di Poughkeespie (Arlington, New York, per intenderci) aggiunge qualche considerazione: «le aziende oggi sono fatte da tanti sistemi. L’idea che uno solo andasse bene per tutte le operazioni ha avvinto tutti nel corso degli anni, ma nessuno è mai riuscito a farlo, stante la grande complessità». Sinora.

Ora arriva il “sistema dei sistemi“, lo zEnterprise, appunto, capace di farsi carico, insieme, di gestione (applicazioni), stack (rete) e piattaforme (hardware).
Ovviamente, visto che arriva sull’onda della strategia “smart”, lo fa con una grande attitudine all’incremento delle prestazioni e al risparmio: oltre il 60% di rendimento in più sotto Linux e il 40% con zOs, 35% di costi di possesso in meno e il 60% di capacità in più, spiega Mostachetti.

È così, per la responsabile americana, che si allinea il cloud al business. Pronubo, anche, un firmware di gestione, lo zEnterprise Unified Resource Manager (Urm), che controlla  hypervisor, consumo energetico, performance, server virtuali, network, operazioni.

L’architettura zEnterprise associa un nuovo mainframe (lo z196) alla nuova tecnologia zEnterprise BladeCenter Extension e, appunto, all’Urm, per poter gestire i carichi di lavoro eseguiti tra System z, Power e System x.

Gli utenti possono integrare la gestione delle risorse zEnterprise come se fossero un unico sistema ed estendere le tipiche caratteristiche del mainframe (su tutte affidabilità e sicurezza) ai carichi di lavoro eseguiti su server blade Power7 e System x.

Un sistema atteso direttamente dal mercato enterprise, secondo Ibm, ma anche dai partner che vi operano. Come Sap. L’ad della filiale italiana della casa tedesca, Agostino Santoni, ha speso belle parole per lo zEnterprise: «noi vogliamo creare e dare software alle imprese e per farlo sempre meglio abbiamo bisogno di nuove architetture abilitanti. Questa lo è ed è fondamentale, perché ci aumenta le performance e ci abbassa il Tco. E ci supporta nel cloud, nell’on demand».

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