N° 116 MARZO 2003

Il campanello di allarme suona: la Grande distribuzione, infatti, sta realmente “infastidendo” i classici punti vendita Ict. Per capire quali strategie adottare, vi sveliamo su quali meccanismi “economici” si basano le politiche di acquisto di questa entità

I pc non sono mele, i Cd Rom vanno a ruba ma, comunque, non è come vendere
pane o latte e le campagne promozionali sono sicuramente fonti attrattive, ma
il consumatore è sempre più sgamato e permaloso. Su questi tre assunti
di base ci si può scherzare, ma una cosa è certa: da quando i prodotti
informatici stanno trovando terreno fertile presso gli ipermercati (vedi articolo
a pag. 43), chi gestisce le campagne di vendite e i relativi acquisti deve fare
i conti con un cliente che mette in atto una propensione all&acquisto particolare.
Riassume questa tendenza l’It buyer del Gruppo Pam Spa, Daniele Scaggiante: «Il
food ha alla base la logica del pull del prodotto. L’Ict, sostanzialmente,
vive su un effetto push»
.

Traduciamo: i prodotti alimentari entrano nel
carrello della spesa attraverso un’azione “volontaria” dell’acquirente
che si avvicina allo scaffale e prende gli elementi desiderati. L’It deve
essere, invece, spinta con maggior enfasi nelle braccia dell’acquirente.

Ma non è solo questione di vendita, bensì di acquisto e di gestione
di questa merce altamente tecnologica che per lo più entra nei magazzini
degli ipermercati attraverso il servizio dei distributori. «I vendor – commenta
a proposito Scaggiante – non hanno la struttura adatta per seguirci direttamente.
Negli anni scorsi qualcuno ha tentato questa strada, ricordo, per esempio, Epson,
ma poi è tornata indietro»
. La Gdo, infatti, non è un cliente
facile per i vendor. E a volte si possono instaurare delle tensioni difficili
da superare. Anche in questo caso il distributore, che effettivamente potrebbe
andarci di mezzo, è anche l’unica struttura in grado di mediare.
Di certo agisce ottimamente sulle consegne (per lo più decentrate), sul
magazzino e sui "rischi" (vedi articolo a proposito).

Intanto, dall’estero arrivano una serie di suggerimenti per attuare una
politica di vendita sempre più information technology-oriented. E tra queste
gli ipermercati stanno ben cavalcando l’esperienza che sottolinea come il
non food possa arrivare a rappresentare anche il 50% dell’offerta generale
dell’Iper. Perché, anche stando a una recente ricerca elaborata dall’Indicod,
il food non mostra più segni di crescita e il non food pare essere una delle poche strade praticabili per crescere. Quindi è necessario attuare una serie distrategie per cavalcare questo business. I consigli arrivano
da Indicod, associazione nazionale che raggruppa 27mila aziende del settore dei
beni di consumo. E, l’assunto di base da cui parte Marco Cuppini, direttore
progetto beni durevoli di questa realtà, è che bisogna colmare «il
ritardo nell’adeguamento del non food alle logiche della Gdo, ritardo che
determina un aumento dei costi del sistema del valore Industria di marca-Grande
distribuzione, a vantaggio di chi ha realizzato soluzioni integrate e che rischia
di creare difficoltà alle imprese industriali che ritardano ad adeguarsi
al nuovo contesto commerciale»
. A ciò si aggiunge, poi, la risoluzione
di due aree di intervento, una di natura culturale e l’altra più
operativa.

Cuppini le spiega dicendo che: «I produttori devono riconoscere che l’ipermercato
non può acquisire una sensibilità di prodotto pari a quella del
canale specializzato, né una differenziazione di politica commerciale spinta
sino al punto da ricreare in una grande superficie despecializzata un ambiente
e un’assistenza alla vendita paragonabile a quella delle superfici specializzate.
Tali obiettivi, semmai, sono raggiungibili in modo estremamente selettivo solo
in un processo di trading up verso una multispecializzazione che non può
che riguardare pochissimi reparti e comparti merceologici di poche insegne leader
di mercato»
. Ma anche la Gdo ha da tenere sott’occhio un tema da non
sottovalutare «riconoscendo che le necessità di assistenza e le modalità
di servizio richieste dalla distribuzione despecializzata devono trovare risposta
in politiche di prodotto e di vendita progettate specificatamente per il canale.
In questo senso, la capacità di personalizzare il rapporto commerciale
è una dote essenziale per impostare relazioni reciprocamente soddisfacenti»
.
Quindi, si arriva ai temi caldi operativi che potrebbero essere riassunti nell’adozione
della codifica a barre (Codice Ean) lungo la filiera e nel miglioramento del flusso
di informazioni anche via Web. «Massima attenzione – continua Cuppini –
alla sincronizzazione dei processi di consegna e ricevimento delle merci, ma anche
di pianificazione dei fabbisogni e dei successivi processi d’ordine»
.

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