Modelli 3D e diritti digitali verso lo scontro

Non sembra esserci modo di fermare l’avanzata della produzione di oggetti 3D anche brevettati. C’è chi ci prova. D’altronde nessuno ha mai fermato i cloni cinesi di prodotti.

Dal 9 all’11 Milano ospiterà Makers Italy, la fiera-laboratorio dedicata all’inventiva. Si tratta di un evento ben realizzato, di grande attualità e interesse, nato da iniziativa privata: in attesa che si realizzino mirabolanti imprese come la prima “Maker Faire” italiana, finora bloccata da ignoranza e protagonismo – tutti vogliono cavalcare l’hype –, Makers Italy è il primo evento d’una certa consistenza: a giudicare dal programma, sarà bello frequentarlo.
A questa categoria di persone, che chiamiamo artigiani digitali, ha aperto anche il ministro Passera, partecipando ad un evento romano di qualche tempo fa. La definizione di Maker è impegnativa come quella di startupper e dipende da motivazioni varie. In Italia è spesso confusa con una certa dose di cultura hacker e quindi open something (software o hardware); alcuni vedono i maker come artigiani imprenditori facilitati dal mondo digitale, molto spesso dalla stampa di oggetti.

Non è questo il luogo per discutere di definizioni. Di diritti, semmai.

La stampa in 3D ripropone un problema già a suo tempo noto in vari settori, per dirne una fin dal tempo delle fotocopie. Il problema centrale, il nodo di questi mercati, resta quello dei diritti digitali.
Sulla musica e sui contenuti video, e in modo diverso dalle notizie, il problema ha trovato una soluzione piuttosto semplice: un canone di fruizione a certe regole di tempo e costo, come si fa per l’home video, i film, in alcuni modi telefilm ed altri contenuti, videogiochi etc etc.
Analogamente si potrebbe stabilire che un modello 3D ha vari livelli di fruizione e vari canali di distribuzione, accessibili a determinate regole. Il controllo e l’irrogazione delle sanzioni verrebbero solo spostati, ma dopo aver raccolto in buona parte del mondo ricchi canoni per la maggior parte dei modelli.

Certo servirebbe un meccanismo di controllo.

La notizia è che il meccanismo esiste. La Invention Science Fund I ha ricevuto il brevetto per un Drm su modelli 3D. Il sistema si chiama Manufacturing Control System: un ente esterno gestirà la digital fingerprint associata ad alcuni oggetti; ogni richiesta di stampa verificherà la presenza della fingerprint e richiederà on-line l’autorizzazione prima di poter stampare.
Si vede bene che siamo lontani da qualcosa che posa riguardare i sistemi hobbistici, mentre potrebbe essere inserita nei sistemi di stampa a livello business.
Per la cronaca la ISF/I, specialista in brevetti, è un’idea di Nathan Myhrvold (ex Cto di Microsoft): fondata nel 2000 con capitali anche di Microsoft, Intel, Sony, Nokia, Apple, Google, SAP, Nvidia ed eBay, alla fine del 2011 era tra le prime cinque entità detentrici di brevetti negli States.
“Per i prossimi vent’anni i diritti 3D saranno l’uomo nero dell’industria mondiale”, dice EngiMax. Anche in Italia se ne parla già da un po’ di tempo. “Possiamo ipotizzare un vero e proprio diritto d’autore sulle opere digitali, quelle cioè che nascono direttamente in ambiente digitale e non sono associabili ad un supporto fisico“, dice Eugenio Prosperetti, avvocato esperto in diritto digitale ed autore del libro La circolazione dell’opera digitale (in uscita per Giappichelli nei prossimi giorni[http://www.giappichelli.it/home/978-88-348-3554-8,3483554.asp1]).

Si annunciano altre rivoluzioni. Il diritto classico è sempre più messo in difficoltà: non dalla tecnologia, bensì dalla rapidità della sua evoluzione. Peraltro, ancor oggi copie contraffatte di ogni tipo di oggetto sono reperibili ovunque nel mondo, anche senza stampanti 3D.

3 COMMENTI

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